di Francesco Savino

San Giorgio, tre km di costa tra cementificazione e romanticismo
BARI – Chiamarlo “quartiere” è esagerato, si tratta più di una “zona”, di un tratto di costa che si estende per 3 km tra Bari città e Torre a Mare. Parliamo di San Giorgio, la “marina” dei triggianesi, che dagli anni 70 in poi l’hanno fatta propria costruendoci ville e villette dove trascorrere i mesi estivi. Costruzioni a pochi metri dal mare, una attaccata all’altra, separate da strette stradine dove a mala pena ci passa un’auto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

San Giorgio ci appare così: una sinuosa via principale (Strada della Marina) con da un lato la costa sulla quale sorgono famose pescherie ed edifici abbandonati e dall’altro lato la zona “residenziale”, che si estende per circa un chilometro fino alla statale 16. Sulla via ci sono anche un ristorante, due chiesette, un lido e qualche piccolo esercizio commerciale (due panifici e un chiosco per le bibite). (Vedi ampia galleria fotografica)

L’insieme ha un “non so che” di romantico ma al tempo stesso di abbandonato, di poco curato. D’altronde sarebbe anche difficile intervenire con dei lavori di riqualificazione qui, visto il poco spazio a disposizione, ciò che la cementificazione di massa ha lasciato libero.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

San Giorgio parte da “Cala Pantano”. Qui le alghe seccano e marciscono sotto il sole liberando nell'aria il tipico “odore” che nelle giornate di bonaccia satura l'aria. Probabilmente, questo è lo stesso odore che nel 1087 ha accolto i marinai baresi di ritorno dalla Turchia con un bottino particolare: le reliquie di San Nicola di Myra. Ogni anno, il 7 maggio, durante le celebrazioni del Santo da questo porticciolo naturale salpa la barca con il quadro di San Nicola che viene  portato via mare fino al molo Sant’Antonio di Bari. Oggi in quest'area c'è una struttura balneare, una scuola di surf e un cospicuo numero di casette di anziani pescatori.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Superando cala Pantano e proseguendo la litoranea in direzione sud, si incontrano un ristorante e un panificio, ma anche una serie di scheletri di villette mai completate e un ex bar in stato di abbandono. Un lungo muro delimita la zona occupata dal Lido San Giorgio, stabilimento balneare frequentato da famiglie con bambini. Tecnicamente ci troviamo nel territorio del I Municipio del Comune di Bari, ma a dispetto del nome, sembra l'ultimo. Strade dissestate, guard rail arrugginiti, ruderi di edifici. Fino a poco prima della seconda guerra mondiale questo pezzo di terra rientrava nel territorio del comune di Triggiano. Una legge del 11 agosto del 1934 lo consegnò alla competenza territoriale del Comune di Bari, che da allora ne gestisce le sorti. 

Proseguiamo il nostro cammino lungo i curvoni che lambiscono il mare. Adagiate sulla scogliera si fanno notare le storiche e grandi pescherie. Il mare che sbatte sulle fondamenta di cemento sembra ribellarsi alla loro presenza e le pareti corrose dalla salsedine sono il segno di questo stridente contrasto. Secondo Rosa, una cliente barese che incontriamo in una di queste quattro pescherie, «qui c'è il pesce migliore di Bari, che in città non si trova».  


Nei pressi c’è anche una chiesa, San Benedetto Abate, dove si festeggia la Madonna della Stella. Da "Bellezza",  uno storico chioschetto per la vendita di bevande e gelati che ricorda vagamente i chiringuitos spagnoli, giungiamo nella caletta che prende il nome di “Porticello”, per via di un'insenatura naturale che fungeva in passato da porticciolo per le barchette dei pescatori che vi si fermavano temporaneamente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Benché non siano segnalati su carte geografiche, i nomi di queste spiagge si sono tramandati negli anni e sono ben fissati nelle mente dei bagnanti che frequentano assiduamente San Giorgio. Sugli scogli non è raro osservare d'estate i pescatori di “pelose”: armati di retino e bastone dotato di uncino con all'estremità una testa di polpo cercano di far uscire dalle tane questi granchi prelibati. A loro si aggiungono i pescatori di polpi che con la loro barca in legno colorato e la "lampara" illuminano il fondale. A completare questo "presepio", nei mesi estivi ci sono le luci dei venditori improvvisati di carne arrosto, con le fornaci sistemate ai bordi della strada. 

Dopo Porticello e qualche buca sull'asfalto si arriva alla "spiaggia di San Domenico" così chiamata per una cappella situata all'interno di una villa privata prospiciente la spiaggia e dedicata all'omonimo santo. Qui c’è anche un piccolo panificio. A pochi passi dalla chiesetta, sugli scogli, giace un rudere in cemento armato che ha le sembianze di una tavola rotonda con annesse sedie. Sarà forse un monumento in onore delle tavolate serali con fornacelle annesse che si consumano qui da tempo?

Il nostro percorso su strada della Marina termina a cala Scizzo che segna il confine simbolico tra San Giorgio e Torre a Mare. Poco prima, nei pressi del lido della Polizia, c’è una grande villa con muri bianchi e vetrate vista mare che secondo la leggenda pare abbia un tunnel sotterraneo che passa sotto la strada e termina direttamente su una piccola caletta sabbiosa. Non sappiamo se sia vero, ma sulla spiaggia si trova effettivamente una struttura in cemento armato e ferro arrugginito.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma com'era San Giorgio prima che la cementificazione ne cambiasse completamente l'aspetto? Affidiamo la risposta a Pasquale, un 80enne triggianese dalla memoria di ferro, che da sempre passa le sue estati qui, che afferma con nostalgia: «Non c'era sicuramente la sporcizia che c'è oggi. Il mare era limpido e nei dintorni c'erano solo "torri", case rurali, nei terreni coltivati con alberi di ulivo e fichi. Un paradiso».


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