di Eva Signorile

Noicattaro, ultimo paese in Europa colpito dalla peste: la storia
NOICATTARO - È il 21 novembre del 1815, un commerciante 60enne sta tornando a casa, quando lungo la strada viene colto da brividi improvvisi. Inizia così l'inferno di Nojcattaro: la peste bubbonica, la "morte nera" che aveva flagellato il nostro continente a più riprese nella storia, aveva scelto proprio questo comune dell'hinterland barese, che all'epoca contava 5mila abitanti, per sferrare il suo ultimo attacco letale all'Europa occidentale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L'assessore alla cultura di Noicattaro, Vito Didonna e la guida turistica, Viria Rescina, ci accompagnano in un girone infernale che sembra precipitarci in un recente medioevo con un'esclusiva: grazie alla collaborazione dei monaci agostiniani della Madonna della Lama abbiamo l'opportunità di esplorare le catacombe in cui furono sepolte le prime 42 vittime della peste nojana del 1815-1816. (Vedi foto galleria)

A guardarlo oggi, con le luminarie della recente festa della Madonna del Carmine che ancora fiancheggiano via del Carmine e fanno il paio con le rotondità di alcuni palazzotti in stile barocco, è difficile credere che questo comune abbia attraversato l'inferno e sia riuscito ad uscirne quasi indenne, dopo aver rischiato di essere cancellato per sempre, raso al suolo dai cannoni puntati contro dall'esercito borbonico, pronto a intervenire qualora la "ragion di Stato" lo avesse richiesto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La peste fece il suo ingresso nell'ignaro paese sotto le spoglie di una tela portata dal commerciante Liborio Didonna. Il pover uomo commerciava nei Balcani e qui la peste mieteva ancora le sue vittime. Tornato a casa da un viaggio in Dalmazia, il male lo colpì e lo uccise nel giro di tre giorni. Stessa sorte toccò a sua moglie e a tutta la sua famiglia. Ma bisognerà attendere di arrivare alla nona vittima, tale Anna Maria Furio, prima di comprendere che di nuovo l'Europa occidentale si trovava di fronte al male tanto temuto. Inizialmente infatti la gravità dell'epidemia fu sottovalutata, i sintomi furono fraintesi e "il morbo" fu confuso con certe malattie endemiche allora tipiche di questa zona dagli inverni troppo umidi e ventosi. Ma forse, il terrore del ritorno della peste fu tale che alcuni esperti non vollero vederlo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Quando ormai non ci furono più dubbi sulla natura del male, le misure poste in campo dal re Ferdinando IV di Borbone per evitare che si diffondesse nel suo Stato furono imponenti: il "Re Lazzarone" arrivò a spendere fino a 12mila ducati d'oro, inviò un pool di medici scelti fra i migliori ma, soprattutto, si premurò di isolare il comune. Furono istituiti tre cordoni sanitari: uno intorno al paese, un altro che circondava anche la zona di Conversano, un altro ancora isolava la provincia e, per circolare da un comune all'altro della Puglia, bisognava munirsi di apposito certificato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Intorno a Noicattaro fu scavato un fossato, a sua volta circondato dai posti di blocco dell'esercito regio, al comando del tenente Diaz. Anche all'interno di Noja furono isolate delle zone: in particolare il quartiere Pagano, dove si era scoperto che il morbo si diffondeva in maniera più rapida, pagò un alto tributo al "flagello di Dio".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

È sotto l'attuale istituto agostiniano che si affaccia su Lama San Giorgio, che si trovano le catacombe dei primi appestati. Ogni cella ospitava un morto ed era chiusa da un sigillo in pietra. Era fatto divieto assoluto di aprire quel sigillo, pena la morte. Ben presto le cripte del monastero non furono più sufficienti, tanto che si decise di seppellire le vittime del morbo lontano dal paese, dove fu istituito un apposito luogo di sepoltura.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Quel posto esiste ancora oggi, in via Colletta, in una delle zone più recenti di Noicattaro. In epoca fascista, il cimitero era stato trasformato in un campo sportivo: solo negli anni 60 del secolo scorso sono stati piantati lì dei pini che oggi svettano maestosi a imperitura memoria delle povere vittime della peste di Noja. La lapide che segnava il luogo di sepoltura è oggi gelosamente custodita in una teca del Palazzo della Cultura, accanto alla chiesa del Carmine.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il Palazzo nel 1815 ospitava un monastero ma fu poi trasformato in ospedale per gli appestati e oggi conserva i pochi documenti scampati ai roghi purificatori ordinati dal re Ferdinando. Infatti temendo il contagio attraverso gli oggetti il sovrano comandò che venisse bruciato tutto ciò che era venuto a contatto con i malati. Vestiti, mobili, documenti, tutto finì nel fuoco, scavando una voragine nella storia che solo in epoche recenti si è cominciato a colmare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Abbiamo potuto recuperare questo pezzo di storia - ci racconta l'assessore Didonna - grazie soprattutto all'opera di alcuni monaci che, contravvenendo agli ordini, hanno salvato alcuni documenti dal rogo, nascondendoli prima sotto i loro abiti e poi nelle loro abitazioni e rischiando per questo la pena di morte».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E grazie a quei documenti ora sappiamo che a Noicattaro tra il novembre 1815 e il giugno 1816 morirono 800 persone. Le ultime vittime prima che la peste abbandonasse per sempre l’Italia e l’Europa occidentale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

 


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Eva Signorile
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  • ESSEGI - Oggi ho imparato qualcosa - brava, complimenti!


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