di Gabriella Quercia

Alessia, prima trans pugliese riconosciuta donna: «Ciò che ho nei pantaloni è affar mio»
BARI – «Ora finalmente potrò finirla di dover dichiarare al mondo intero ciò che mi ritrovo nei pantaloni». A parlare è Alessia (nella foto), la prima ragazza transessuale pugliese ad aver ottenuto il cambio di nome e di genere sui propri documenti senza però essersi sottoposta all’intervento chirurgico di asportazione dei propri organi genitali maschili.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In Italia infatti vige la legge 164 del 1982, secondo la quale un transessuale se non viene operato deve necessariamente mantenere la propria anagrafica originale, anche se nel frattempo ha radicalmente modificato il proprio aspetto grazie ad esempio ad interventi su peli, voce e seno. Una norma che però è stata messa in discussione nel luglio 2015, quando una sentenza della corte di Cassazione ha stabilito che conta solo “l’autodeterminazione” di ogni singolo individuo per far sì che lo stesso venga riconosciuto donna o uomo dallo Stato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E così dall’anno scorso i transessuali italiani stanno tentando di avvalersi di questa decisione per fare in modo di vedersi attribuito il genere a cui sentono di appartenere. In Puglia il Tribunale di Bari dopo aver accolto nel dicembre scorso la richiesta del 27enne A. (donna diventata uomo), l’11 marzo scorso ha detto sì anche alla barese Alessia, “nata uomo” ma ora riconosciuta donna, pur non essendo stata operata. L’abbiamo intervistata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Alessia come sei arrivata a questo riconoscimento?

Dopo la sentenza della Corte di Cassazione ho compreso che ci sarebbe stata la possibilità di vedermi riconosciuto il diritto ad avere una carta d’identità, un codice fiscale e una tessera elettorale con il mio nome da donna pur avendo, parliamoci chiaro, ancora il pene. Ho quindi cercato un avvocato che volesse lottare per portare avanti questa battaglia e l’ho trovato in Flaviano Boccassini, che ha seguito il caso pro bono, non pretendendo nulla. Lui si è mosso subito, consegnando il plico al Tribunale con tutti i miei documenti in cui erano riportati le terapie, la relazione psichiatrica e gli interventi eseguiti in oltre vent’anni. E qualche giorno fa mi ha chiamata per darmi la bella notizia: avevamo vinto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Che cosa cambia dal punto di vista burocratico?

Ora potrò inserire il mio nuovo nome da donna su tutti i documenti, ad eccezione del mio certificato di battesimo (visto che la Chiesa non si è ancora espressa in merito). C’era la possibilità che accettassero il cambiamento con la semplice conversione al femminile del mio nome maschile: invece potrò mantenere Alessia, che è un nome totalmente nuovo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Credi che ora la tua vita possa migliorare?

Eccome. Ora anche i miei documenti finalmente rispecchieranno quella che io sono. Bisogna capire che avere una carta d’identità con il nome da uomo è una dichiarazione al mondo intero di ciò che mi ritrovo nei pantaloni: un dettaglio della mia intimità che viene spiattellato a chiunque e subito, quando invece è solo affar mio. Anche a un semplice posto di blocco è mortificante presentare la patente con la foto da donna e il nome da uomo e soprattutto è svilente il dover dare spiegazioni su di te a dei perfetti sconosciuti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci sono episodi spiacevoli che ti sono capitati in passato?

Innumerevoli, ormai ho perso il conto. Intanto la mia condizione di trans mi ha portato sempre ad avere difficoltà nell’affittare una casa, per non parlare dei colloqui di lavoro in cui sono stata sempre scartata, anche quando la mia figura professionale di assistente sociale era molto richiesta. Ma ricordo in particolare due episodi molto brutti. Una volta ero al nosocomio di Brindisi, dove mi trovavo per sottopormi a uno degli interventi di chirurgia estetica. La mia dottoressa voleva che stessi con le altre donne, in disaccordo col resto dei suoi colleghi. Alla fine lei ebbe la meglio. Quello che fecero però fu di mettermi sì nel reparto donne, ma in una stanza da sola, in totale isolamento. Il secondo episodio è legato alle ultime votazioni, quando il presidente ha urlato a gran voce il mio nome generando dappertutto sorrisini e sguardi morbosi e curiosi su di me. Il fantasma della mia identità maschile mi ha sempre perseguitata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Adesso che hai ottenuto il riconoscimento del tuo genere ti sottoporrai ugualmente all’intervento di demolizione del pene?

Sì, più in là sicuramente: non ha senso mantenere un organo di un’identità che non è mai stata tua. Ma il punto è un altro: senza dei documenti “coerenti” molti non ti danno la possibilità di lavorare e, a meno che tu non sia ricca, di metterti i soldi da parte per pagare l’intervento che costa circa 20mila euro. E questo allunga tantissimo i tempi, mentre nel frattempo passi buona parte della tua vita da emarginata e sotto il peso dei pregiudizi. Non è facile spiegare la sofferenza che deriva dai giudizi e dagli sguardi delle persone. Ora spero che grazie a questi cambiamenti io possa avere una vita normale e dignitosa: quella che ogni essere, uomo, donna o trans, si merita.


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