di Alessia Schiavone

Bari, un villaggio sperduto sorge su Lama Picone: «Siamo qui da sessant'anni»
BARI - Ai margini della città, in un pezzo di verde nei pressi dello Stadio San Nicola in zona Torre Tresca, sorge da quasi sessant'anni un piccolo villaggio che al di fuori di ogni piano regolatore ha deciso di piantar radici a pochi passi da Lama Picone, il letto ormai prosciugato di uno degli antichi nove fiumi di Bari. Il “rione” è abitato da una ventina di famiglie di allevatori, tutte di origine andriese, che alla fine degli anni 50 lasciarono il proprio paese natio per trasferirsi proprio in questo lembo di terra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’insolito quadretto che a tratti rievoca i contorni romantici dei navigli milanesi calati però in abiti più rustici e grossolani, è possibile scorgerlo dalla tangenziale, procedendo verso Sud, poco prima dell’uscita Poggiofranco. Per arrivare invece al villaggio è necessario imboccare strada Canestrelle, via situata tra la chiesa di Santa Fara e lo stadio San Nicola. A un certo punto la strada si biforca e una viuzza sulla sinistra, leggermente in discesa, conduce proprio sulle rive della lama che sembra essere stata scavata apposta per tenere nascosto al resto dei baresi questo brandello di città. (Vedi foto galleria)

Da un lato il “canalone” è sommerso dalla vegetazione e dai detriti e punteggiato da diverse casematte, costruzioni belliche dove i soldati proteggevano l'artiglieria, dall'altro un agglomerato di una decina di alte e basse palazzine colorate si susseguono una dietro l'altra. Facciamo solo qualche passo e il canto di un gallo ci avverte che abbiamo appena calpestato una parte di città che al rumore fastidioso del centro abitato ha preferito il suono della natura. «Io e la mia famiglia ci siamo trasferiti quando avevo solo cinque anni- racconta la 60enne Sara, una delle prime a stabilirsi in questa zona -. La città è smog, caos. Qui invece si sta bene e si vive tranquilli».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In effetti non sembra quasi di essere a Bari: campi coltivati che pullulano di ulivi e vigneti, rondini che ci sorvolano il capo e il cinguettio quasi martellante di cinciallegre e pettirossi. Un ambiente fiabesco sì, ma collocato in una posizione non del tutto regolare e forse un po' pericolosa. «Qui le case sono da tempo tutte condonate- spiega il 54enne Franco-. Per la lama? Non abbiamo mai avuto problemi. Solo 10 anni fa ci fu una terribile alluvione e si riempì fino a metà ma per fortuna non provocò nessun danno».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

 
Continuiamo a percorrere la via. Ai bordi della strada tra una casetta e l'altra gli alberi da frutto riempiono di aromi l'aria e colorano il verde insistente degli orti. Riusciamo a distinguere tra le foglie e i rami l'arancione dei mandarini, il viola delle olive mature e il giallo e il verde pallido dei grandi acini d'uva.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A un certo punto ci accorgiamo però che il rione si amplia e lascia il posto a una decina di villette più basse sempre dai colori pastello, che giocano a rincorrersi in uno spazio triangolare. Quasi tutte sono dotate di una piccola veranda arredata con tavolini e piante da giardino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ed è proprio qui che incontriamo la 58enne Nunzia che si ferma a raccontarci la storia di questo micro villaggio nato spontaneamente da una famiglia di allevatori più di 55 anni fa. «Mio nonno insieme con i quattro figli lasciarono Andria per trasferirsi a Bari- ci rivela la donna -. Acquistarono questo pezzo di terra per 600mila lire. Poi pian piano anche il resto dei parenti seguì il loro esempio. E ora ci sono ben 23 famiglie di origine andriese. Tra l'altro siamo tutti quanti parenti». «Non appena arrivarono qui, costruirono le stalle e ci misero il loro bestiame», aggiunge il 64enne Leonardo, marito di Nunzia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Oggi nonostante molti abbiano cambiato professione (alcuni sono diventati carabinieri e poliziotti) e non si incontrino più le mucche per strada, uno squarcio di quel mondo rurale sembra essere rimasto appiccicato su questo tratto di asfalto. Del resto qui ci sono solo piccole case e orticelli. Di attività commerciali neanche l’ombra, a parte una piccola officina alla fine della strada. Per andare a fare la spesa bisogna prendere per forza l’auto. «In realtà se non ci possiamo muovere ci sono sempre carretti e furgoncini ambulanti che vengono da noi - ribadisce la 51enne Nunzia, che tra l'altro mostra una somiglianza impressionante con l’omonima signora incontrata poco prima -. Ogni giorno un ragazzo di Carbonara porta pane e latte, due volte a settimana vengono i venditori di mozzarelle e tre volte il fruttivendolo. E poi abita qui anche mio cugino che fa il macellaio».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Lasciamo l’allegra “famiglia allargata” alla loro vita, mentre in lontananza notiamo un grande via vai di prostitute. Se alziamo invece lo sguardo ci sono le auto sulla tangenziale che sfrecciano veloci e dall’altra parte, sullo sfondo, il profilo dello stadio San Nicola. Stiamo tornando alla realtà, stiamo tornando in città.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica di Gennaro Gargiulo)


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  • Pietro - Complimenti Alessia, per tuo bel servizio, fotografico, e commentato, del villaggio "non tanto sperduto". Torna ogni tanto a trovarci, magari per denunciare la situazione igienica tutt'intorno, dalla pulizia della strada, ai rifiuti, cassonetti della differenziata che mancano, ecc. Grazie
  • Vincenzo - Molto interessante ed accattivante codesto suo articolo Signora Schiamone ma, stranamente, non trovo da nessuna parte il perché quella località ha il nome “Torre Tresca”… forse perché, chissà quando c’era una torre nella quale si consumò una tresca tra due amanti fedifraghi? Complimenti e grazie ove possa soddisfare la mia curiosità.


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