di Katia Moro

Colori, balli, canti e preghiere di guarigione: viaggio nella chiesa nigeriana di Bari
BARI – Una sperduta stradina di campagna di Bari tra i quartieri Stanic e San Paolo, dove giacciono abbandonati solo rifiuti e cani randagi, nasconde una sorpresa insospettabile: uno scalcinato capannone che sprigiona accesi colori, schiamazzi di bambini e tanta musica, canti e balli a ritmo incessante. (Vedi video)

È la “Raw fire of God ministries”, retta e fondata dal pastore Joseph Alfred cinque anni fa: una comunità cristiana evangelica di origine americana che raccoglie circa un centinaio di nigeriani residenti a Bari e dintorni, che si recano qui, in una traversa di viale Europa, per pregare, suonare, cantare e soprattutto stare insieme ai propri conterranei. La comunità è molto compatta e si apre difficilmente al resto dei baresi, che infatti ignora la loro vita e le loro usanze.  

«Cinque anni fa ho deciso di istituire questa chiesa per togliere letteralmente dalla strada le ragazze nigeriane sino a allora quasi tutte sfruttate come prostitute, con i propri uomini che vivevano alle loro spalle – sostiene il “pastor” -. Questo gruppo ha dato loro uno scopo, una fede e li ha convinti a cambiare strada. Ora la maggior parte degli uomini si dedicano all’attività dell’elemosina con turni ben precisi e prestabiliti e le donne si dedicano ai figli e alle faccende domestiche. Vivono in povertà ma almeno in maniera più dignitosa».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La chiesa raccoglie soprattutto famiglie con bambini e giovani, tra cui una ventina di ospiti del Cara di Bari, che qui riescono almeno a svolgere attività ricreative come il canto, la musica e la danza, riunendosi il giovedì pomeriggio e la domenica mattina per la regolare funzione. Sono tutti rigorosamente nigeriani. «Il popolo africano è molto diviso al suo interno a causa di contrasti etnici e religiosi insanabili, per cui non accettano la presenza di persone di altri Paesi – ci spiega Annalinda Lupis, barese e moglie di un nigeriano della comunità -. È anche molto difficile che ci siano bianchi in questa chiesa: a parte me che ci sono arrivata tramite mio marito, ne possiamo contare un altro paio».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Andiamo a trovare la comunità domenica 18 ottobre (vedi foto galleria). Sono le 10 quando entriamo in chiesa per assistere alla messa. Il rito viene celebrato in lingua inglese. Il pastore proietta in un video alcuni versetti e li commenta al microfono: è su un palco e spesso si fa riprendere da una telecamera mentre canta e incita a gran voce i fedeli, con un ritmo incessante e un crescendo che prosegue per ore. I fedeli rispondono ripetendo a gran voce degli slogan, agitando in alto le mani, cadendo in stato di trance o ballando e cantando mentre il coro e gli strumentisti (un bassista e due percussionisti) non interrompono neanche per un attimo la loro incessante attività. La musica è africana, anche se cantata in inglese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Usciamo un attimo dal capannone e girando lì intorno scopriamo a pochi metri di distanza l’esistenza di un’altra chiesa evangelica nigeriana, anche questa nascosta in un capannone seminterrato in un terreno di campagna. Si tratta della “Welcome Christ Victory Church” che a quanto pare in passato costituiva un’unica comunità assieme alla “Raw Fire” ma, che per forti divergenze d’opinione e di vedute, si è poi separata dalla chiesa madre.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Proviamo a entrarci e scopriamo che in quel momento stanno celebrando la giornata delle “preghiere di guarigione”. Un pastore e una donna impongono le loro mani sul fedele e con un solo soffio ne provocano spesso svenimenti e stati di trance. Ma la nostra presenza non preannunciata non è gradita e dopo alcune domande indagatrici, veniamo allontanati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ritorniamo quindi alla “Raw”, dove le celebrazioni ormai si sono unite ai festeggiamenti organizzati per celebrare i cinque anni dalla nascita della comunità. La preparazione alla festa ha avuto inizio il pomeriggio del giorno prima e per tutta la notte le donne nigeriane hanno cucinato ininterrottamente in enormi pentoloni messi sul fuoco all’aperto come si usa nelle tribù africane. Hanno preparato grandi quantità di carne (pollo, tacchino, pecora) da mangiare con il riso fritto piccante o con il semolino, una zuppa fatta di pesce gatto e carne messi insieme, fagioli e cipolla in grande quantità. Questa mattina sono però arrivate puntuali per la celebrazione agghindate con i loro variopinti e festosi abiti tradizionali: un colore che stride con il grigiore del degrado di questa zona.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sono le 16 quando la festa finisce e i membri della comunità stanchi ma felici si incamminano verso la fermata dell’autobus: devono ritornare alle proprie difficili esistenze, che oggi per qualche ora sono state “colorate” da un po’ di gioia. (Vedi galleria fotografica)

Nel video (di Carlo Gelardi), la giornata passata con la comunità nigeriana di Bari:


 


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