di Stefania Buono

L'arbitro barese Leone: «Noi sempre zitti davanti alla maleducazione dei calciatori»
BARI - In uno stadio sono quelli col fischietto, che assegnano falli e rigori, tirano fuori i famigerati cartellini gialli e rossi e assicurano il corretto svolgimento di una gara calcistica. Parliamo ovviamente degli arbitri, coloro che svolgono un mestiere piuttosto complesso, poiché spesso odiati e non aiutati da società, giocatori e tifosi. Eppure non capita mai che un direttore di gare calcistiche affiliato all’Aia (Associazione italiana arbitri) si lamenti della propria situazione, perché il regolamento della associazione arbitrale vieta espressamente di rilasciare dichiarazioni se non si è autorizzati dal proprio organo tecnico di competenza. Del resto noi in passato siamo riusciti a intervistare due arbitri, ma che chiaramente hanno voluto rimanere anonimi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per questo motivo, l’unico modo per saperne di più dei retroscena del calcio giocato è stato quello di intervistare un arbitro non federale, un fischietto cioè che può dirigere esclusivamente incontri amichevoli. Si tratta di un barese che ha comunque messo piede in stadi importanti quali San Siro e l’Olimpico di Roma. Si tratta del 49enne Antonio Leone (nella foto).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Innanzitutto, come mai non sei diventato un arbitro federale?
 
Non lo sono perché ho intrapreso questa attività troppo tardi, a 35 anni, quando cioè ho deciso di interrompere la mia carriera da calciatore. Posso quindi purtroppo dirigere solo amichevoli con squadre dilettantistiche e professionistiche di serie D, Lega Pro e anche del Bari Calcio. Ciò mi fa parecchia rabbia: non dovrebbe contare l’età se un arbitro sta bene fisicamente, vorrei solo che venisse data una chance anche a noi “dilettanti”, che per vari motivi abbiamo iniziato tardi ma che non manchiamo di preparazione e passione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
A che età bisognerebbe quindi cominciare per fare in modo di poter diventare un arbitro riconosciuto dall’Aia?
 
Per diventare affiliato alla Figc e all’Aia bisogna fare corsi e specializzazioni entro il compimento dei 30 anni. Inoltre solo chi comincia presto (dai 16 anni) può sperare, se è bravo, di fare carriera arrivando a calpestare campi di serie A. Chi inizia più tardi può solo aspirare a campionati minori, poiché non ci sarebbe il tempo materiale per passare dalle categorie inferiori alle competizioni più importanti: un direttore di gara professionista lo è fino a un massimo di 36 anni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Considerando che dirigi amichevoli, ti ritieni più agevolato rispetto ai tuoi colleghi professionisti?
 
Non direi. A differenza degli arbitri di serie A ad esempio io devo dirigere su campi a 11 senza l’ausilio di guardalinee o giudici di porta. E da solo contro tutti devo ad esempio essere in grado di segnalare un fuorigioco correttamente. Inoltre i calciatori non si risparmiano mica durante questi incontri: soprattutto chi gioca meno e vuole conquistare un posto da titolare in vista di una partita di campionato fa di tutto per mettersi in mostra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

 
A proposito di calciatori, com’è il rapporto in genere tra voi arbitri e loro?

Non è semplice. Io ovviamente devo garantire il corretto svolgimento della gara e quando c’è da fischiare o estrarre cartellini secondo il regolamento lo faccio. Ma dall’altra parte difficilmente vedo rispetto per le mie decisioni e soprattutto i ragazzi più giovani prendono esempio da gente come Cassano o Balotelli. E quindi rispondono con maleducazione ai richiami, mandano a quel paese un allenatore che li sostituisce o si mettono contro i tifosi se esprimono il loro disappunto. In più sono sempre all’ordine del giorno le simulazioni, con i giocatori che cercano di indurti a fischiare punizioni e rigori: insomma non sempre si dimostrano dei professionisti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Ti sembra giusto che chi è legato alla Federazione non possa dichiarare pubblicamente ciò che hai detto tu ora?
 
Ovviamente no. Anche qui vorrei che il regolamento cambiasse: anche un arbitro dovrebbe poter dire la sua come fanno spesso calciatori, allenatori e presidenti delle squadre di calcio. Veniamo sempre accusati senza poter mai rispondere: dobbiamo stare sempre zitti. Insomma anche gli arbitri dovrebbero avere diritto di parola. Noi siamo umani, possiamo sbagliare e se lo facciamo è sempre in buona fede, di certo non per penalizzare una o l’altra squadra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Ricevete pressioni anche da allenatori e dirigenti durante una gara?
 
Posso dire che gli allenatori e dirigenti delle squadre non danno gli stessi problemi dei calciatori. È vero, capita qualche sfogo, ma in generale noto rispetto e possibilità di dialogare. Insomma anche nei dirigenti di categorie minori, negli ultimi anni più che mai, c’è la volontà di dare il buon esempio e restare calmi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Nonostante tutto, ti consideri soddisfatto di questi tuoi 15 anni di carriera?
 
Assolutamente. Faccio un’attività che amo e che mi mantiene in forma, ho avuto modo di dirigere tornei amichevoli nei più importanti e grandi stadi d’Italia, come San Siro, l’Olimpico di Roma, il San Nicola e il prossimo 11 giugno sarò di scena anche al San Paolo di Napoli. Per non parlare dei campioni del passato che ho avuto il piacere di conoscere durante i tornei di beneficenza. Spero comunque in futuro di diventare un federale. Non arbitro perché non si può, ma almeno commissario di campo, vista anche la mia esperienza come calciatore.


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