di Salvatore Schirone e Marco Montrone - foto Antonio Caradonna

Bari nasconde un luogo sublime e leggendario: il Monastero di San Nicolò dei Greci
BARI – Una fuga di archi a tutto sesto che, diramandosi da capitelli e alte colonne, vanno  a toccare l’azzurro del cielo, mentre lo sguardo del visitatore si pone estasiato verso l’infinito. Questa è la sensazione che abbiamo provato quando abbiamo ammirato per la prima volta uno dei luoghi più affascinanti, leggendari e nascosti di Bari Vecchia: il Monastero di San Nicolò dei Greci.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo al numero 7 di strada dei Bianchi Dottula. Qui, di fronte all’omonimo Palazzo barocco (con annessa chiesa di San Martino) e accanto al noto panificio Santa Rita, si trova un anonimo portone grigio quasi sempre aperto. Nulla lascerebbe immaginare che dietro questo ingresso si celi un angolo sopravvissuto della “Bari bizantina”, periodo storico che tra l’875 e il 1071 portò la città ad essere elevata a Catepanato, massima espressione politica dell’Impero Romano d’Oriente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Perché fu proprio durante quei secoli che a Bari vissero e operarono i Dottula. Questa ricca famiglia proveniente dalla Grecia diede vita nel IX secolo a un insediamento di monaci basiliani, edificando una chiesa e un monastero dedicati a San Nicola, duecento anni prima della costruzione della Basilica. Furono quindi loro i primi a promuovere il culto del Santo in città, finanziando poi nel 1087 la missione che avrebbe portato i 62 marinai a traslare le sacre ossa da Myra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Si comprende bene quindi l’importanza storica, artistica e religiosa del monastero suddetto, i cui resti sono ancora oggi visibili dietro quel portone, che abbiamo varcato in un pomeriggio di novembre. (Vedi foto galleria)

Siamo dentro il palazzo e ci ritroviamo in un androne coperto da una volta a crociera che conduce a un grande arco ogivale. Il passaggio permette l’ingresso in una “corte”, all’apparenza non diversa dalle tante che punteggiano il centro storico. Ma ci basta alzare lo sguardo per essere sopraffatti da una scenografia inattesa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Un antico loggiato si affaccia sul patio con sei arcate che appoggiano su snelle colonne coronate da capitelli decorati con motivi vegetali. Lo spettacolo è sublime, anche perché la struttura millenaria, in assenza di un tetto, si eleva verso il cielo creando delicati disegni geometrici su uno sfondo celeste.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Saliamo ora al livello superiore attraverso una lunga scala in pietra, il cui parapetto è impreziosito da eleganti dettagli come una semi colonnina dal capitello finemente scolpito. E arriviamo quindi sul ballatoio, dove tra lenzuoli stesi e odore di frittura, facciamo conoscenza con le “folkloristiche” signore che abitano questo condominio. Qui infatti sono presenti numerosi appartamenti, popolati da persone che trascorrono la loro vita in un tempio di cui probabilmente ignorano la storia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Perlustriamo l’area, ammirando sulla destra una recente immagine di San Nicola inserita in un tabernacolo seicentesco inciso a grani di rosario. Ma è salendo una scala più moderna che scoviamo una vera e propria chicca.

Quella che infatti appare come una semplice piastrella incastonata in una parete imbiancata, si rivela invece essere una scultura a bassorilievo databile intorno al IX secolo: la “Discesa di Cristo agli inferi”. Chiara infatti è la figura di Gesù che con il vessillo della croce scende nell’Ade a salvare Adamo ed Eva, i cui volti, molto anneriti, si intravedono appena. Sulla destra è raffigurato anche il re Davide, riconoscibile dalla corona, accanto al quale si trova la scritta Tollite portas principe iuranti ut introeat rex gloriae (“Aprite le porte, o principi, a colui che sta per giurare. Entri il Re della gloria”).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo giunti quasi alla fine della nostra visita, ma prima di andare via attraversiamo una porta in legno che ci permette l’ingresso su un terrazzino. E qui, tra la biancheria sbattuta dal vento, possiamo ammirare da vicino l’ultima parte del loggiato, retto da colonne con capitelli decorati con inusuali motivi geometrici triangolari aggettanti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E mentre il sole va volgendo al tramonto colorando gli archi di rosa, ci sembra quasi di sentire l’eco dei canti dei monaci greci, che in questo luogo leggendario pregavano più di mille anni fa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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  • Linda - Bellissimo Quando vederlo?
  • Emanuele Zambetta - Magari poter viaggiare nel tempo per vedere com'era - per esempio - la nostra Bari!
  • egidiobaresedi bari - Grazie per averci fatto conoscere questo pezo della storia della nostra città. Non vivo a bari da quasi 50 anni ms sono sempre molto legato alla nostra terra. nella mia prossima venuta vorrei poter visitare questa parte della città vecchia , è accessibile?


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