di Massimiliano Fina

Taranto, il brutto "pesce sciorge": ma dal suo fegato si estrae un olio "miracoloso"
TARANTO - Ha un aspetto quasi mostruoso, una coda simile a quella di un roditore ed è scarsamente apprezzato in cucina. È l'identikit poco invitante del “pesce sciorge” (in italiano pesce topo), particolare animale che una volta catturato ed esposto nel mercato ittico di Taranto diventa però "l'attrazione" del giorno per chi si aggira tra i banconi colmi di cibo fresco. Il motivo? L'olio "miracoloso", che è possibile ottenere dal suo fegato, patrimonio della medicina popolare del capoluogo ionico. (Vedi foto galleria)

«Ha un odore nauseabondo ma possiede un eccezionale potere cicatrizzante», ci racconta Egidio, uno dei pescatori che è solito affascinare con questo aneddoto clienti, turisti e semplici curiosi che passano davanti al suo pescato in vendita nel borgo antico. È proprio tra le strette vie del centro storico che è più probabile trovare questo ambito unguento, di solito conservato gelosamente in piccole bottiglie dagli abitanti del posto. In effetti questa sostanza è ricca di acido gadoleico, conosciuto per la sua capacità di accelerare notevolmente la moltiplicazione cellulare e quindi di guarire le ferite.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il "pesce sciorge" è riconoscibile per sua la coda lunga e sottile che ricorda per l'appunto quella di un sorcio. Ha un corpo che tende ingrossarsi nella parte anteriore dando vita a una testa e due occhi di grandi dimensioni, mentre la peculiarità della bocca è il corto barbiglio che sorge sulla mandibola. È lungo al massimo 36 centimetri e la sua famiglia, quella dei Macrouridae, è presente con almeno sei specie nelle acque del mar Mediterraneo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il suo olio ha addirittura due "varianti". «Una è quella rossiccia - illustra Egidio - ed è usata per velocizzare la cura di escoriazioni e ferite in modo da farle "stagnare", cioè farle rimarginare attraverso l'interruzione della fuoriuscita di sangue. L'altra è il cosiddetto "olio bianco" di colore giallo pallido: viene assunto oralmente per alleviare bruciori di stomaco e contrastare ulcere ed emorroidi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Difficile capire quanto di scientifico ci sia in queste cure. Molto più semplice è cogliere l'aspetto folkloristico che ha rivestito questo liquido, almeno fino a qualche decennio fa. «Ricordo che a mia madre ne fu regalata una bottiglietta - racconta ancora il pescatore -. Un tempo era normale inserirla nella dote nuziale delle ragazze appena sposate per rendere meno "dolorosa" la loro prima esperienza sessuale che spesso si consumava durante la prima notte di nozze».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Procurarsi un po' d'olio non è come comprare un farmaco: non esiste un vero e proprio commercio, di solito è un omaggio che viene fatto a parenti e amici stretti. Chi ha contatti con le famiglie che popolano il borgo antico o con i pescatori del luogo ha maggiori possibilità di ottenerlo: agli altri non resta che cercare qualcuno che lo venda sottobanco. Il prezzo di un vasetto si aggira attorno ai cinque euro.  

Ma come viene prodotto? I pesci topo sono catturabili con le reti a strascico o con l'utilizzo di palamiti. Una volta pescati vengono privati del loro fegato che viene fatto bollire in modo da rilasciare l'olio. In alcuni casi questa operazione viene effettuata anche in altro modo, se si vuole ottenere la variante rossiccia: chiudendolo in un contenitore e facendolo scaldare nel vano motore delle imbarcazioni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Da piccolo lo preparavo assieme a mio padre - ci dice Angelo, figlio di un anziano pescatore-. Prima di bollirlo coprivamo il fegato con un panno per proteggerlo dagli insetti e lo lasciavamo a essiccare per ore sotto il sole: il liquido colava lentamente e in piccole quantità. Quando la sostanza finiva di gocciolare la filtravamo con un fazzoletto in modo da eliminare le impurità, un processo molto lungo vista la sua densità. Alla fine però riuscivamo a ottenere il prezioso olio, pronto per essere versato nelle bottigliette da portare a casa e conservare a fianco degli altri medicinali».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Storie di antiche usanze marinare. Storie di un puzzolente quanto miracoloso segreto custodito tra i vicoli di Taranto Vecchia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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  • Cosimo - Sono contento di questa informazione. Quando mio padre faceva il miticultore nel mar piccolo mi ha guarito con questo olio di pesce topo un grido forte FORZA TARANTO ciao.
  • Ettore - un bel pezzo di storia della nostra città che magari non tutti conoscevano. Bell'articolo scritto bene molto interessante ++++
  • lia - Ciao Massimiliano, dove posso trovare questo sig. Egidio? Dovrei portare i miei alunni in visa alla mostra permanente della mitilicultura, presso la torre dell'orologio e vorrei che aveessero la possibilità di parlare con un pescatore che desse loro informazioni sul pesce pescato a taranto. Questo del pesce topo mi piace. Puoi aiutarmi?
  • Tarand - come sarebbe "brutto"??? tutti lo sanno che u sciorge è bell!!!


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