di Alessandra Anaclerio

''Socrate occupato'': la vita di 50 immigrati che sperano in una delibera
BARI - Tra corridoi in cui regna il buio e bagni che non conoscono acqua, a Bari l'occupazione dell’ex succursale del liceo classico Socrate, in via Fanelli, continua.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qui gli immigrati adesso si sentono al sicuro e il timore di esser vittime di uno sgombero improvviso è in forte diminuzione. «Il Comune ha approvato una delibera per il recupero di questa struttura», racconta Angelo, del Collettivo Antirazzista di Bari, che ha partecipato attivamente all'occupazione avvenuta la notte del 16 dicembre del 2009.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Allora 150 persone, tra italiani e immigrati, entrarono con forza nella vecchia sede della scuola, dando inizio all'ennesima occupazione che vede come oggetto un immobile abbandonato di proprietà del Comune di Bari. Ciò che all'inizio sembrava essere solo una soluzione provvisoria per dar casa ad alcuni senzatetto, oggi si è trasformata in una situazione permanente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Adesso qui si contano intorno ai 50 immigrati, tra uomini e donne provenienti dall’Eritrea, dall’Etiopia e dal Sudan: vivono nelle 30 aule della vecchia scuola, ognuna fornita di una bombola del gas utilizzata per cucinare. I più fortunati sono riusciti a recuperare dagli scarti del vicinato dei televisori, che utilizzano sfruttando l'elettricità prodotta da generatori di corrente alimentati a benzina.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Ognuno di noi si arrangia come può - afferma Addish, 55enne eritreo che vive nello stabile da quasi 3 anni-. Per l'elettricità abbiamo trovato il rimedio, mentre l'acqua la prendiamo dalle fontane comunali. Per la spesa ci aiutano dei ragazzi italiani, che ci consegnano settimanalmente pasta, olio, tonno e latte».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


«Fino a 10 anni fa un negozietto di profumi e oggetti per la casa e vivevo in affitto a 300 euro al mese- dichiara Techa, 30enne del Sudan- ma oggi non ho più nulla di stabile. Chi come me vive qui guadagna qualcosina facendo il cameriere, il lavapiatti o l'operaio, ma la nostra paga è davvero misera. Prima molti di noi non avevano neanche un posto in cui dormire, adesso ci aiutiamo a vicenda».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Giorno dopo giorno, per tre anni, la paura di dover tornare a vivere sotto un ponte o all'ingresso della Stazione Centrale di Bari è stato l'incubo ricorrente di tutti gli occupanti: ma ora la situazione sembra essere cambiata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Il Comune - racconta Angelo - ha dato mandato alle ripartizioni di studiare, in collaborazione con "Ingegneria senza frontiere", un progetto per il recupero di questa struttura. Gli occupanti per il momento hanno avuto qui la residenza. Noi - continua Angelo- vorremmo che siano gli immigrati stessi a provvedere alla ristrutturazione, lavorando in prima persona e lasciando alle imprese specializzate solo il recupero delle zone più rovinate, come la palestra. Prima qui organizzavamo feste e concerti per recuperare fondi, tanto che appoggiammo alle finestre dei materassi per creare un ambiente insonorizzato. Oggi ne facciamo molte di meno perchè cade tutto a pezzi».


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