di Luca Carofiglio - foto Antonio Caradonna

«Qui c'è stato Barry White»: viaggio a Grotta Regina, il locale dimenticato sul mare
BARI Per cinquant’anni ha rappresentato un punto di riferimento delle serate baresi, arrendendosi però definitivamente a due devastanti incendi che nel 2015 lo hanno di fatto polverizzato. Di Grotta Regina, elegante e storico ristorante/night/lido di Torre a Mare, non è rimasto così che lo scheletro affacciato sul blu dell’Adriatico. (Vedi foto galleria)

Un abbandono che riporta alla mente altri "templi" andati in malora, come le sale ricevimenti "La ruota" di via Amendola, "Il Gabbiano" di Mola, "La stella" di Giovinazzo. Senza dimenticare l'hotel Poseidon, gigante in disuso a due passi dalla costa di Palese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Peccato, era un vero e proprio gioiello. A Grotta Regina si sono anche esibiti Ornella Vanoni, Fred Bongusto e addirittura Barry White», evidenzia Lorenzo De Marco, l'ultimo gestore del ristorante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A lui chiediamo i motivi della misera fine di questo locale, che fu chiuso già nel 2012, tre anni prima del rogo. «Alcuni giornali scrissero che l'interruzione dell'attività fu dovuta al fatto che non avessimo pagato il canone demaniale - spiega Lorenzo -. In realtà provvedemmo alla spesa, ma successivamente le tasse furono aumentate con effetto retroattivo, mettendoci definitivamente in ginocchio».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il complesso passò così al Comune di Bari, attuale proprietario, che però non riuscì mai a riaprirlo («e a preservarlo», aggiunge Lorenzo), visto nella notte tra il 3 e il 4 settembre del 2015 un incendio colpì la struttura. «Al rogo più grosso ne seguì poi un altro il mese dopo – evidenzia De Marco – che diede il colpo di grazia a questa meraviglia sul mare».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La costruzione sorge in un’ansa a nord del centro storico di Torre a Mare, accanto al tratto di litorale conosciuto come "bunker" e all’area archeologica di Punta della Penna. Il suo nome deriva da una piccola caverna situata proprio sotto l’ex ristorante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il nostro viaggio alla scoperta dell’edificio “fantasma” parte dall'ingresso principale, un cancello bianco con sopra le iniziali dell'ex esercizio commerciale (G.R.), serrato però da un catenaccio blu. Per aggirarlo costeggiamo la recinzione che caratterizza il lato terra, arrivando così dalla parte opposta del rudere: qui un'entrata secondaria completamente aperta permette di passare dal retro del complesso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Ci ritroviamo quindi in un tunnel con vista sul mare: il percorso che i clienti effettuavano per accedere alla sala. Ma prima di arrivare negli spazi che un tempo accoglievano matrimoni e concerti, scegliamo di scendere i gradini di una scala malmessa che ci porta in una terrazza che si trova a pochi metri sopra il livello del mare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La visione del grande "balcone" quasi lambito dalle onde è tuttora affascinante. «Ricordo che da giovani lì si sorseggiavano degli ottini drink accompagnati da un panorama fantastico», ricorda nostalgico il 42enne Alessandro, un tempo habitué dell'attività.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A destra osserviamo il piccolo lido annesso al ristorante. Sdraio e ombrelloni sono stati avidamente rubati: rimane solo una schiera di cabine dalle graziose pareti, le cui decorazioni marine conservano ancora i loro vivaci colori. Per terra lo spettacolo è meno attraente, tra immondizia, escrementi e sanitari fatti a pezzi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Risaliamo la scalinata per addentrarci nel cuore dello stabile: la sala. Qui la veduta è spaventosa. Il grande vano è ormai senza vetrata, frantumatasi in mille pezzi durante gli incendi, mentre a terra calpestiamo un evidente strato di cenere e detriti. «Il pavimento era realizzato in parquet - sottolinea il 60enne Mimmo, altro ex cliente affezionato -. Lì ho partecipato a diverse serate di tango argentino».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo in un "inferno" di muri anneriti e tubi arruginiti che penzolano dall'alto: si fa fatica a pensare che un luogo tanto degradato abbia accolto cantanti così famosi. Ai lati del salone spiccano l'area della pizzeria, con il suo forno a legna e l'irriconoscibile hall. «Era costituita da raffinati mobili bianchi - rammenta Mimmo - e sul muro dietro la reception due grandi specchi fiancheggiavano una fontanella in pietra».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Entriamo infine nella cucina, distinguibile solamente grazie alle piastrelle delle pareti. Forni, bollitori e mestoli hanno lasciato il posto a una montagna di spazzatura, mentre su un tavolo rotondo "riposano" vecchie confezioni arancioni di champagne, residui dei fasti di un tempo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In un ripostiglio scoviamo addirittura un menu delle pizze. E così per un attimo immaginiamo di tornare indietro nel tempo e di ordinarne una, magari "cullati" dalla voce inimitabile di Barry White.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

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