di Enrica Rizzi

Cannabis per curare la sclerosi multipla: «E' illegale, ma si può fare»
BARI- Si chiama “Cannabis Social Club”, ed è un’associazione no profit fondata dai giovani Andrea Trisciuoglio e Lucia Spiri, a Racale, nel leccese. I due sono affetti da sclerosi multipla e vorrebbero coltivare marijuana a scopo terapeutico, convinti che questa cura alternativa possa aiutare coloro che sono affetti da gravi malattie. Un progetto, una provocazione. A loro si è unito anche il 30enne biologo Luigi Romano (di San Severo ma residente a Bari), che ha maturato un’esperienza in Olanda in un’azienda farmaceutica produttrice di medicinali a base di cannabinoidi. Abbiamo parlato con Luigi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Come sei venuto a contatto con i fondatori di Cannabis Social Club?

Semplicemente avevo sentito parlare di questa idea, ed essendomi sempre interessato all’uso terapeutico della cannabis, ho deciso di aiutare Andrea e Lucia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In che modo?

Come biologo ovviamente, controllando la semina creata in apposite serre con attrezzature specifiche, analizzando la piantagione, occupandomi della raccolta, dello stoccaggio e della valutazione del prodotto finito. Al momento però il progetto è agli albori, essendo l’associazione ancora alla ricerca di sponsor e finanziatori.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qual è il tuo punto di vista sulla questione?

In altri Paesi questo metodo terapeutico viene utilizzato da tempo e c’è un riscontro positivo. Basta farsi un giro su internet per leggere di pazienti soddisfatti da questa cura.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Che però in Italia è illegale…

Purtroppo sì. Vi racconto una cosa. Il giorno della presentazione del progetto, in una sala gremita di gente, tra la folla c’erano i carabinieri, a cui in separata sede abbiamo illustrato la situazione. Si sono dimostrati sensibili e hanno fatto capire di essere dalla nostra parte. D’altro canto hanno affermato di non poter garantire che non possa esserci un’operazione contro di noi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E quindi?

Abbiamo parlato con un avvocato, che ci ha consigliato di proseguire senza farci spaventare. Secondo lui proprio un processo che si concludesse con un giudizio positivo del giudice potrebbe rappresentare una svolta, dando origine a un precedente importante. E’ anche vero che un processo (sicuramente lunghissimo), potrebbe mettere a serio rischio tutto il progetto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Non c’è via di scampo…

Io però ho avuto un’idea che potrebbe tagliare la testa al toro. Potremmo creare una “cannabis non cannabis”. Visto che quello che si contesta alla marijuana è il suo principio psicotropo attivo, il THC (illegale), ho pensato che tramite selezioni e incroci tra specie diverse di cannabis, potrei riuscirei a produrre una “erba” senza THC. E questo risolverebbe la questione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E’ una speranza.

Sì, perché sarebbe il caso di sforzarsi di trovare una soluzione che vada bene a tutti. Perché è di malati che qui si sta parlando, non di fumatori incalliti.


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