di Francesco Sblendorio

Le baresi che lavorano per i cinesi: «Turni faticosi, ma c'è rispetto»
BARI – All’inizio costituivano quasi un mondo a parte, impiegavano solo personale del proprio Paese e rifiutavano il contatto con il mondo occidentale. Stiamo parlando dei tanti commercianti cinesi, i cui negozi hanno ormai invaso le strade delle città italiane, Bari compresa. I cinesi si sa, vendono di tutto, dai vestiti ai cellulari ma nonostante la loro fitta attività fino a poco tempo fa “si facevano i fatti loro”, limitando al minimo il contatto con gli italiani. Ma ora le cose stanno cambiando.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I cinesi non solo continuano a espandersi, aumentando il numero di punti vendita sul territorio, ma hanno cominciato a “interagire” con il popolo barese. Se prima in quei  negozi c’erano solo persone con gli occhi a mandorla, ora è sempre più probabile trovarci, a lavorare come commessi, italiani, ragazze soprattutto. Di fatto i cinesi stanno dando lavoro ai baresi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma come sono i datori di lavoro cinesi? Lo abbiamo chiesto a cinque ragazze impiegate a tempo fisso in alcuni negozi “stranieri”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tutte ci hanno detto che quasi tutti gli esercizi commerciali sono a gestione familiare. In genere i proprietari adulti non parlano molto bene l’italiano e questo comporta alcuni problemi di comunicazione con le commesse italiane. La situazione si fa molto più semplice quando nel negozio lavorano anche i figli dei proprietari, che frequentano le nostre scuole e che quindi hanno un’ottima padronanza della lingua italiana.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Gli orari di lavoro sono molto variabili. Emanuela, 20 anni, commessa in un negozio di oggettistica e utensili per la casa, lavora 8 ore al giorno. Una in meno della 26enne Angie e della 27enne Manu. Mentre sono addirittura 11 le ore di lavoro quotidiano per la 18enne Terry e per la 23enne Francesca, impiegate in un negozio di abbigliamento e calzature di Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Turni che inizialmente non prevedevano per loro neanche una pausa pranzo e una giornata libera a settimana, ottenute poi qualche mese dopo la loro assunzione, avvenuta nello scorso mese di aprile. Ma nonostante questo, le due ragazze si dicono soddisfatte: «Abbiamo un lavoro e siamo pagate bene». Insomma, forse è meglio un cinese che ti fa lavorare 11 ore che un italiano che non ti dà occupazione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Dice Francesca: «I cinesi si stanno dimostrando più intelligenti degli italiani, che spesso non assumono ragazzi diplomati, preferendo quelli senza diploma: loro invece sono più disponibili nell’offrire un lavoro».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il rapporto tra datori di lavoro e lavoratrici è generalmente descritto da quest’ultime come molto buono, addirittura familiare.  «Un giorno siamo andati tutti insieme a mangiare in un ristorante cinese – racconta Terry – e loro ci hanno offerto il pranzo». «Capita a volte di rompere qualcosa – le fa eco la bitontina Emanuela – ma non vengo mai rimproverata per questo». Ma non è dappertutto così. «Prima lavoravo in un altro negozio cinese – racconta ancora Terry - il padrone era dispotico, comandava, invece dove lavoro adesso  questo non accade».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nessun particolare problema anche in caso di assenza dal lavoro. Piena disponibilità da parte dei commercianti cinesi, che d’altronde non lasciano molto spazio al tempo libero: i loro negozi sono aperti 7 giorni su 7 e al massimo chiudono la domenica. Angie, che da 6 anni lavora in un negozio di abbigliamento e calzature e ora ha un regolare contratto di 3 anni, conferma: «Abbiamo mezza giornata di riposo a settimana, ma non ci fanno mai problemi se chiediamo di poter usufruire di un giorno libero». Diversa organizzazione per Emanuela: «Il negozio è aperto tutti i giorni e io riposo la domenica. Se mi assento, recupero proprio nel giorno festivo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In genere le ragazze italiane fanno le commesse, ma non manca qualche ruolo di maggiore “responsabilità”. È sempre Emanuela a parlare: «A una mia amica che lavora in un altro negozio cinese sono affidati anche altri compiti, come quello di fare gli ordini della merce». 

Insomma, questi cinesi si danno molto da fare, chiedono ai propri dipendenti un grosso impegno, ma sono rispettati. Il perché? Sembra proprio che a loro non manchi una qualità che molti italiani hanno ormai perso da tempo: il rispetto del lavoro altrui.


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  • Paolo - Ciao. Non lavoro purtroppo in nessun negozio cinese, ma ne conosco molti per via della mia passione per la cina! Effettivamente noto da quando avevo 15 anni che il comportamento dei cinesi è da ammirare, anche come normale cliente, se entro in un negozio italiano raramente rispondono ad un buongiorno, i cinesi in molti, non solo rispondono ma lo fanno anche con sorriso... infatti un antico detto cinese dice che non puoi aprire una attività se non sai sorridere alla gente!!! per quanto riguarda il lavoro poi, purtroppo noi italiani siamo troppo paranoici e ci affidiamo a scartoffie di poco conto credendo che se uno ha il diploma sia cristo sceso in terra, ma non è così! molti italiani non capiscono che l'economia va avanti grazie al fatto di poter dare a molti la possibilità di fare pratica e di lavorare! io essendo vetrinista (con tanto di qualifica nel settore) non riesco a trovare neanche un briciolo di consenso a lavorare e tutti che mi chiedono almeno 3 anni di esperienza... e come faccio io a fare esperienza se nessuno me la fa fare?? I commercianti italiani si fingono tutti finti professionisti e poi non sanno neanche come tenere un negozio...quando anno figure professionali che sono costrette a vagare come mendicanti cercando elemosina! poi uno come me studia cinese da solo e decide di trasferirsi in cina, e lo stato allora piange la fuga dei cervelli! non è fuga dei cervelli... questa è sopravvivenza intelligente!
  • cynthia - io sto cercando un lavoro, e voglio lavorare in negozio cinesi


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