di Mariangela Dicillo

Bari, il ''circolo del tressette'': «Non vogliamo far morire la tradizione»
BARI – “Un tempo”, cioè fino a 20-30 anni fa, i più piccoli erano soliti intrattenersi in casa con genitori e soprattutto nonni per giocare con le carte napoletane. Si trattava quasi di un’iniziazione: a un certo punto il nonno ti “doveva” insegnare i giochi della tradizione, ovvero scopa, briscola e tressette. E il bambino doveva stare lì a imparare. Era questo soprattutto un modo per stare tutti insieme in famiglia, per unire generazioni molto distanti tra di loro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un tempo dicevamo, perchè l’avvento di pc, videogiochi e smartphone, hanno nel corso degli anni conquistato definitivamente l’immaginario e il tempo dei più piccoli. E’ difficile trovare ora un bambino di 10 anni che sappia cos’è un “buongioco”, un “carico” o una “primiera”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ai nonni baresi non resta quindi che riunirsi in alcune piazze baresi per giocare tra di loro: da piazza Garibaldi  a piazzetta dei Papi, al giardino "Chiara Lubich", accanto alla Chiesa Russa. Loro si autodefiniscono “l'ultima generazione appassionata di carte napoletane”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma c'è chi nel capoluogo pugliese sta cercando di preservare la memoria delle carte, in particolare del tressette, il gioco più difficile e forse più intelligente che si può fare con spade, coppe, denari e bastoni. Loro sono una ventina di sessantenni che si sono riuniti nel “C.t.b”, il Circolo del tressette di Bari (nella foto). Hanno anche un sito internet e un campionato ufficiale che dura un anno intero. E i loro figli qualche anno fa hanno formato una “lega giovanile”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Siamo un gruppo di “ex ragazzi” – ci dice Antonvito, il presidente in carica del circolo - e giochiamo a tressette da quando eravamo appena 15enni, dalla fine degli anni 60. Abbiamo tutti imparato attraverso un percorso di osservazione, cioè “stando dietro” in perfetto silenzio a quelli che sapevano giocare (il nonno, il padre, il fratello o i signori più esperti) e apprendendo le varie tecniche. E una volta imparato non abbiamo più smesso: continuiamo a sfidarci e a scambiarci le peggiori offese, ma ci rispettiamo sempre e ci vogliamo bene».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tutti hanno dei soprannomi, legati al modo di giocare, a episodi capitati durante le partite e alle caratteristiche fisiche di ognuno. Antonvito ad esempio è chiamato “Washington”, ma prima il suo nome d'arte era “cervello” per la sua grande bravura nel gioco. E poi c’è “pidocchio” (che si chiama così perché in classifica è sempre “in testa” agli altri), “pensiero”, “èscesamalinconicalasera” e “fascnott” (perché prima di decidere la mossa da fare ci mettono tanto tempo), “abissi” e “fossa delle marianne” (sempre ultimi in classifica), “elephantman” (che ha le movenze un po' goffe e mangia sempre tutto quello che c'è) o “cultura” (quello che ha lasciato i suoi amici perché era un uomo di cultura e non poteva perdere tempo a giocare a tressette).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


I giocatori si incontrano nelle proprie abitazioni per sfidarsi con  “bussi”, “ribussi” e “pizzichi”, hanno una classifica che viene costantemente aggiornata e come detto un loro sito internet: “fischione.net”, dal nome di una delle varianti del tressette. E poi, rifacendosi al mondo del calcio, hanno inventato anche uno “scudetto” che si conquista durante il campionato annuale e in cui si sfidano una serie A e una serie B. Di quest'ultima fanno parti coloro che in classifica sono in negativo. Il campione dell'anno, oltre che il trofeo rappresentato da una birra con un etichetta particolare creata appositamente per l'occasione, vince una somma di denaro simbolica ottenuta dalle quote di partecipazione al circolo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anche se il torneo più importante prende il nome di “trofeo Fatima”, in onore di un compagno di gioco morto in un incidente stradale che aveva appunto il soprannome di “Fatima”, perché non si capiva secondo quale mistero o miracolo divino vincesse sempre.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Come detto da qualche anno è stata creata anche un “lega giovanile” del circolo. A parlarcene è il trentenne Andrea, figlio di Pasquale, colui che ha ideato il circolo. «Anche noi – dice il giovane  – abbiamo cominciato a giocare da ragazzi, mentre frequentavamo la scuola e come i nostri padri vogliamo tramandare il tressette ai nostri figli per far in modo che non venga mai dimenticato. Abbiamo un nostro campionato e addirittura organizziamo un “conclave”, vale a dire un tavolo da gioco no stop per 28 ore, al cui termine eleggiamo “un papa”».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’idea è quella di aprire al mondo il circolo, «per confrontarsi con altre persone provenienti da altri tavoli e apprendere nuovi metodi e tecniche», continua Andrea.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Antonvito però aggiunge: «A molti dei ragazzi che hanno imparato a giocare a tressette manca la passione. Noi da giovani abbiamo resistito e lottato prima contro i dubbi delle madri e poi contro quelli delle mogli, che non accettavano che ci vedessimo, per un gioco, in ogni momento libero che avevamo. Però sì, sarebbe davvero bello poter continuare a diffondere questo bellissimo gioco e permettere che la tradizione possa non morire mai».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qui il sito internet del circolo del tressette.


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