di Gabriella Quercia

Creare un videogioco? «Costa milioni di euro, proprio come un film»
ROMA - «Quando si crea un videogioco si investono cifre da capogiro. Parliamo di centinaia di milioni di euro. Non stupitevi, è come girare un vero e proprio film». Parola di Enrico Cempanari, 31 anni, docente di grafica 2d e 3d dell’unica Accademia italiana videogiochi (Aiv) situata a Roma, nel quartiere Nomentano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Non ci si deve stupire se i videogiochi costano così tanto - spiega il grafico 39enne Andrea Morini -. Si investe molto, ma perché si possono ottenere guadagni esorbitanti:  l’anno scorso infatti il mercato dei videogames ha superato quello della musica e del cinema». «"Grand Theft Auto" è uno dei giochi più famosi al mondo - continua Cempanari - ed è costato sui 250 milioni di dollari per un incasso che ha superato rapidamente il miliardo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Chiaramente dietro la lavorazione di un “game” ci sono tante persone e anni di lavoro. Il videogioco viene infatti curato nei minimi particolari, dalla caratterizzazione dei personaggi alla sceneggiatura, fino alle musiche e alla creazione di missioni sempre più difficili e complesse.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«"Call of Duty" (nella foto) è un videogioco “sparatutto” ambientato durante la Seconda guerra mondiale che ha richiesto un lavoro di circa due anni e l’impiego di 200 o 300 persone tra grafici, programmatori, artisti», sostiene Matteo Chironi, 34 anni, programmatore di videogiochi dell’Aiv .Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un discorso a parte meritano i giochi-app, quelli scaricabili sul proprio smartphone. "Candy Crush", "Fruit Ninja" e "Angry Birds" sono alcuni dei più famosi. L’iter per la loro creazione è più o meno lo stesso dei videogiochi da scaffale, naturalmente con un nutrito abbattimento dei costi e del personale. Si spende un massimo di 100mila euro e bastano 5-6 persone per creare un prodotto la cui lavorazione di solito non supera l’anno.  «Ma – spiega Chironi - la nascita dei giochi per mobile ha fatto crescere di molto il numero di software house, cioè di aziende specializzate nella produzione di videogiochi e programmi informatici. Questo ha dato un nuovo impulso al mondo dei videogames, che così riesce a sopravvivere e ad attirare appassionati e giocatori occasionali».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Ma come nascono i videogiochi? «Tutto comincia da un’idea che abbia una “meccanica” di gioco - spiega Cempanari - cioè che possa essere “giocata”. L’incaricato di questo compito è il game designer, colui che inventa la storia». «Il game designer è a capo di tutto - continua Chironi - lui pensa ai personaggi, alle sembianze che avranno e alla storia che vuole raccontare. Questa è la fase primordiale di un videogame».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Poi arriva l'art director, che decide l’ambientazione, le luci, i colori, quali abiti indosserà il personaggio principale e i suoi eventuali avversari, le armi a sua disposizione e quelle che dovrà conquistare durante la varie missioni di gioco. E’ chiaramente supportato da un team di disegnatori che danno vita al gioco prima di tutto su carta. «Una volta tratteggiati storia e personaggi - continua Morini - si passa all’aspetto più concreto. I grafici si mettono al computer e partendo dai disegni ricreano personaggi e ambienti in digitale».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Fatte queste “semplici” operazioni entra in gioco il programmatore, colui in grado di “far muovere” e dare vita al gioco. Sta a lui decidere quali mosse verranno eseguite con i tasti del joypad, cosa bisogna fare per raccogliere le vite o guadagnare soldi fittizi. «Spesso - afferma Chironi - si crede che il programmatore sia quello che disegna e dà l’aspetto artistico al videogioco. Invece no. Lui attraverso dei programmi informatici e degli algoritmi è quello che dice al computer cosa deve fare quando il giocatore preme un tasto sul pc o mentre sta alla consolle».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Se si vuol fare il programmatore – conclude Chironi - bisogna avere una mente analitica e buone competenze matematiche e di fisica. È necessario capire per esempio la giusta traiettoria di un proiettile, quali sono i movimenti di una bandiera sfiorata dal vento o anche che tipo di pieghe prendono i vestiti quando i personaggi si muovono. Il programmatore deve prevedere qualsiasi cosa, senza lasciare nulla al caso. Perché alla fine il segreto dei videogiochi è la simulazione della realtà: quello che vediamo deve sembrarci assolutamente vero. Come in un film».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qui il sito dell'Accademia italiana videogiochi.


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