di Armando Ruggiero

Bari, la 16enne tennista Vittoria Paganetti a un passo dal Grande Slam: «Ma quanti sacrifici»
BARI – «Il tennis è uno sport duro, che ti costringe a lunghi momenti di solitudine e a doverti costruire tutto con le tue sole forze, ma nonostante i sacrifici rappresenta anche un grande privilegio e una splendida occasione d’incontro tra culture». Parole della 16enne Vittoria Paganetti (nella foto), la migliore tennista barese under 18. Una ragazza che, cresciuta all’interno dello storico Circolo Tennis del capoluogo pugliese, è ora a un passo dal disputare i prestigiosi tornei del Grande Slam Juniores: un traguardo raggiunto in passato solo da Nicoletta Virgintino, nel 1983.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Abbiamo così parlato con Vittoria, per farci raccontare non solo la sua storia ma anche il difficile mondo del tennis giovanile.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Com’è cominciata la tua avventura con il tennis?

Un po' per caso a dire la verità. A 5 anni seguivo mio fratello maggiore Giorgio ovunque, assistendo alle sue lezioni di tennis al Nylaja Club, un circolo di Bari. Dopo qualche tempo il suo maestro, Raffaele Gorgoglione, vedendomi sempre lì, mi chiese se volessi fare una prova. E scattò la scintilla: mi innamorai di questo sport, spinta anche da Gorgoglione che intravide subito delle qualità in me. È lui del resto che mi ha portata al Circolo Tennis, diventando anche il mio allenatore. Intorno ai 9-10 anni ho poi cominciato a vincere i primi tornei agonistici regionali e nazionali, iniziando a girare per l’Italia e poi nel mondo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Non sarà stato facile stare lontano da casa a quell’età…

All’inizio è stata dura: ero davvero piccola e tanto legata alla mia famiglia. I miei genitori però mi hanno sostenuta in maniera incondizionata. Anche se naturalmente non sempre avevano la possibilità di seguirmi, per ovvie esigenze economiche e lavorative, soprattutto quando andavo lontano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La tua famiglia ha dovuto aiutarti anche dal punto di vista economico.

Completamente. Non solo per ciò che riguarda la mia crescita tennistica, ma anche per i viaggi e gli alloggi. Nonostante l’importanza dei tornei juniores infatti, non c’è un montepremi in palio: vengono solo assegnati dei punti in base ai risultati. Per questo l’apporto della famiglia è indispensabile. Poi comunque con il tempo, diventando agonista e cominciando a collezionare buone prestazioni e una discreta classifica, la federazione ha iniziato a rimborsare in parte o totalmente le spese sostenute.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci spieghi com’è organizzato il mondo del tennis giovanile?

Si comincia da bambini con i tornei locali, poi i regionali e i nazionali che si disputano con i pari età di altre città e regioni. Una volta raggiunti gli 11-12 anni si parte con i tornei “Tennis Europe”, riservati agli agonisti di tutto il continente. Io a quell’età tra l’altro sono stata convocata per la prima volta in Nazionale, squadra di cui ormai faccio parte in pianta stabile. Infine l’ultimo gradino è l’Itf Junior (International tennis federation): un circuito mondiale dedicato agli under 18 a cui io ho avuto accesso a 14 anni. Qui in base ai risultati conseguiti si comincia a collezionare un punteggio che ti fa scalare la classifica. E se si arriva tra i primi 100 si possono disputare le qualificazioni per i campionati juniores più prestigiosi, quelli legati al Grande Slam come il Roland Garros o Wimbledon.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Tu ora che posizione occupi in classifica? Hai speranze di poter partecipare al Grande Slam?

Attualmente sono 130esima al mondo. Il Roland Garros sarà a fine maggio, quindi ho ancora un mese e mezzo pieno per assicurarmi un posto. Ci conto onestamente: sono a un passo dall'obiettivo e non voglio buttare al vento quest’occasione. E comunque se non ce la dovessi fare per la Francia, tenterei l’accesso a fine giugno per Wimbledon, la gara più importante di tutte. Competere in questi tornei è fondamentale, non solo per il punteggio ma per la possibilità che ti danno di farti conoscere da tutto il panorama tennistico mondiale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Oltre al talento qual è il segreto per poter arrivare in alto in uno sport altamente competitivo come il tennis?

La parola d’ordine è sacrificio, fatto di allenamenti, palestra e dieta. Io ho dovuto anche rinunciare alla quotidianità della scuola. Fino al secondo anno di liceo ho frequentato il Fermi riuscendo ad andare avanti con interrogazioni programmate e piani di studio specifici. Poi però ho optato per un istituto privato con indirizzo sportivo, qual è il Di Cagno Abbrescia, che frequento ancora oggi. Naturalmente in tutto il percorso si viene sempre seguiti e aiutati da professionisti. Attorno a me si è costruito un piccolo grande team che si compone dell’allenatore Gorgoglione e dei maestri Michele Mizzi e Vincenzo Carlone, che a turno mi seguono in trasferta. Senza dimenticare il fisioterapista, il nutrizionista, il mental coach e il preparatore atletico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il tutto per inseguire un sogno…

Sì, io mi ritengo una persona fortunata perché posso coltivare un sogno: quello di partecipare al Grande Slam e diventare una tennista professionista. Certo, come detto questo significa rinunciare a tante cose. Appena posso però faccio in modo di ricreare una mia piccola routine fatta di famiglia, compagni e calcio, la mia seconda grande passione sportiva. E poi c’è da dire che durante gli spostamenti, ormai quasi settimanali, incontro tantissimi ragazzi di diverse nazioni con cui ho stretto un bel rapporto. Frequentando gli stessi tornei siamo infatti diventati amici, pur essendo avversari. Le trasferte si trasformano così in una straordinaria occasione di aggregazione, ma anche di incontro tra culture tra loro diversissime.


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