di Francesco Savino

A Bari c'è chi pesca a bordo dei kayak: «Per vivere un intenso ed ecologico rapporto con il mare»
BARI - «Questa piccola imbarcazione permette di vivere un intenso e autentico rapporto con il mare, oltre a regalare forti emozioni durante la pesca». Sono le parole di Roberto, uno dei “membri” della piccola comunità di “kayakers” di Cala San Giorgio: una decina di baresi che hanno deciso di pescare in maniera del tutto originale ed ecologica a bordo di un kayak. (Vedi foto galleria)

Parliamo di un monoposto leggero con scafo affusolato che viene spinto con la sola forza delle braccia utilizzando una pagaia a due pale. Ne esistono di diversi tipi e materiali: in plastica rigida, gonfiabili, in vetroresina, in carbonio e vengono usati sia per praticare sport nautici che per turismo e svago. La loro caratteristica principale è l’assenza di un motore a combustibile, il che li rende completamente non inquinanti.

I kayak moderni sono l’evoluzione di quelli in legno realizzati per migliaia di anni dagli Inuit, una popolazione originaria delle regioni costiere artiche e subartiche dell'America settentrionale e della punta nord-orientale della Siberia. Inuit che si sono sempre serviti dei kayak per cacciare in mare, così come fanno oggi alcuni appassionati.

Anche a Bari come detto è nato un piccolo gruppo di pescatori “silenziosi”: si danno appuntamento nella scuola di sport nautici “Cat surf” di Cala San Giorgio, foce dell’omonima lama.

«Siamo circa una decina di appassionati, tutti passati dalla barca al kayak – ci spiega il 47enne Mimmo –. Io sono stato affascinato dalla filosofia che c’è dietro questo tipo di navigazione: permette di non spaventare la fauna, nel più completo rispetto della natura. In più ci sono bassissimi costi di manutenzione (oltre all’assenza di quelli relativi al carburante): anche se un natante del genere allestito per la pesca non è comunque economica, il suo prezzo può variare dai due ai seimila euro».

I kayak che vediamo ormeggiati sulla battigia sono rigidi e realizzati in polietilene: un materiale che li fa pesare intorno ai cinquanta chilogrammi. Lunghi dai quattro ai cinque metri e larghi un metro nella parte centrale, prevedono un unico sedile che consentee di pescare seduti a pochi centimetri dalla superficie dell’acqua.

La propulsione è affidata a una pagaia a due pale e a un sistema a pedali, molto simile a quello di un pedalò, che muove un’elica posta sotto lo scafo. Un manopola alla sinistra della seduta muove un timone posteriore, necessario per cambiare direzione. Tutto intorno alla seduta ci sono poi scatole, moschettoni, maniglie, ganci e fori nei quali sono alloggiate le canne da pesca, pronte a essere filate.

Noi restiamo affascinati da un kayak di colore giallo dotato di mille accessori, l’unico ad avere due stabilizzatori gonfiabili laterali a forma di banana, anch’essi di colore giallo. Oltre a questi notiamo la presenza di una cappotta per proteggersi dal sole, un motore elettrico per le emergenze, delle luci, razzi di segnalazione, due telecamere, un ecoscandaglio con sistema gps, una radio vhf  e persino una cisterna da campeggio con acqua dolce per rinfrescarsi durante le giornate estive.


«L’ho reso così ricco per avere a disposizione gli stessi comfort che si hanno su una barca - sottolinea il 57enne Piero, proprietario del kayak “special” -. Ma l’ho fatto anche per una questione di sicurezza: con il mare infatti bisogna sempre avere un rapporto di rispetto e conoscenza».

Per questioni normative i kayak non possono però spingersi oltre il miglio nautico dalla linea di costa, ovvero 1.852 metri. «Ci muoviamo entro questi limiti - conferma Piero -: una distanza comunque più che sufficiente per raggiungere alcune secche al largo di Bari, San Giorgio o Torre a Mare. Peschiamo a profondità che arrivano fino ai 35/40 metri, spostandoci lungo il litorale e percorrendo distanze anche di quindici, venti chilometri per pescata».

«Ci si sveglia molto presto, quando è ancora buio, per poter stare in acqua alle favorevoli prime luci dell’alba – interviene il 40enne Roberto -. È un momento magico perché si può godere dello spettacolo dell’aurora: vedere il sole sorgere dietro l’orizzonte, navigando liberi e silenziosi sul mare, è qualcosa di indescrivibile. E poi può capitare di ritrovarsi faccia a faccia con delfini, tartarughe e non raramente anche davanti a qualche squalo».

Ma il momento più bello resta quello della cattura. «Combattere contro pesci come dentici, ricciole e serra su un mezzo come questo porta l’adrenalina a mille – conclude Roberto -. Quando comincia la “battaglia” la canna si piega, la barca viene trascinata dal pesce che tira dall’altro lato della lenza, il cicalino della frizione del mulinello suona e il cuore comincia a battere. Su questo piccolo mezzo le sensazioni vengono amplificate: il kayak è un qualcosa che deve essere provato».

(Vedi galleria fotografica)


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