di Federica Calabrese - foto Nicola Lasalandra

Valenzano, Ognissanti di Cuti: la chiesa a tre cupole sopravvissuta ad abbattimenti e degrado
VALENZANO – Con le sue rare tre cupole in asse rappresenta uno splendido quanto peculiare esempio di architettura romanica pugliese. È la chiesa di Ognissanti di Cuti, tempio dell’XI secolo nascosto tra gli ulivi e i terreni della campagna tra Capurso e Valenzano. Un edificio leggendario sopravvissuto ad abbattimenti e degrado, ma da due anni chiuso al pubblico a causa di cedimenti strutturali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per raggiungerlo è necessario imboccare la strada Capurso-Ceglie (detta anche di Ognissanti), via rurale situata tra la provinciale 80 e la statale 100. A metà del percorso si erge una recinzione in ferro che racchiude la nostra chiesa. (Vedi foto galleria)

Balzano subito all’occhio le tre cupole in asse, di cui in Puglia sono rimasti ancora intatti pochi esempi: tra questi San Benedetto a Conversano e San Francesco a Trani.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il prospetto, dalle pareti in bianca pietra calcarea, appare sobrio e senza decorazioni eccetto per i fascioni dentellati che costeggiano le sei finestre esterne. Frontalmente si possono ammirare i resti di un antico porticato a tre fornici, di cui rimane soltanto il corpo orientale, formato da robusti pilastri che sorreggono la copertura a botte e un piccolo rosone dal motivo a grani.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La facciata è caratterizzata da ben tre portali, che internamente corrispondono ad altrettante navate. Quello centrale, il più grande, è inquadrato da una doppia cornice all’esterno dentellata e all’interno composta da grosse sfere. Al di sopra della soglia d’accesso, a interrompere la mancanza di apparati decorativi della parete, vi è un piccolo rosone circolare, anch’esso rifinito da due cornici concentriche.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La parte posteriore è costituita da tre absidi, tipiche dell’epoca bizantina: quella centrale è di dimensioni maggiori rispetto alle due laterali ma tutte presentano una merlatura superiore a denti di sega.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Prima di accedere all’interno ripercorriamo la storia della chiesa, che fu eretta verso la metà dell’XI secolo assieme a un grande convento benedettino del quale oggi non rimane traccia. Da subito le vennero riconosciuti dei privilegi di autonomia che durarono a fasi alterne sino al luglio 1295, quando papa Bonifacio VIII donò l’edificio e le proprietà circostanti al capitolo di San Nicola. Ancora oggi Ognissanti appartiene alla Basilica e leggenda vuole che i due edifici sacri siano collegati da un lungo e segreto tunnel.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’importanza del complesso si affievolì però nel tempo, portando gradualmente alla scomparsa della comunità ecclesiastica che vi dimorava. E nel Settecento il monastero fu smantellato per permettere, con le sue pietre, la costruzione del santuario della Madonna del Pozzo a Capurso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Oggi quindi della struttura originaria rimane soltanto la chiesa, che fino a un parziale restauro avvenuto nel 1997 ha versato in stato di totale abbandono. Nel 2003 è stata però rimessa in sesto e riaperta, grazie all’opera assidua del custode 64enne Pasquale Scavo e della sua associazione “Custodi di Ognissanti di Cuti”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Tutto cominciò con una sorta di “illuminazione” – ci svela l’uomo –. Un giorno d’estate, mentre ero in giro in bici, notai che la struttura era stata aperta per un gruppo turisti. Volevo avvicinarmi ma tutt’intorno era un tappeto di erba alta, bottiglie rotte ed escrementi. Quando finalmente riuscii a varcare la soglia, sentii il dovere di fare qualcosa».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nessun ente locale si dimostrò interessato ad aiutarlo nell’impresa, così Scavo si recò direttamente a San Nicola incontrando l’allora padre Giovanni Matera. E il prete acconsentì a fare di lui il custode di Ognissanti, dandogli la possibilità di dedicarsi alla cura e alla pulizia del tempio. Tutto questo fino al 2019, anno in cui nuovi problemi strutturali hanno decretato la chiusura temporanea del luogo di culto. «È colpa di alcune crepe nelle colonne portanti – afferma Pasquale –. Ma a parte qualche rilievo eseguito da tecnici della Soprintendenza, nessuna operazione di ristrutturazione è stata ancora avviata».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Non ci resta ora che entrare, immergendoci in un ambiente spoglio e in penombra in cui ciascuna delle tre navate termina con un’abside. Pilastri cruciformi, su cui si impostano grandi archi, scandiscono poi l’interno in nove campate.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La copertura del soffitto è data dalle tre cupole simmetriche, che una volta marcavano anche le tre parti in cui era composta la chiesa: la zona vicina all’altare consacrata al Cristo, quella centrale dedicata agli evangelisti e l’area più vicina alla soglia di accesso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sono proprio le sculture con i simboli di Matteo, Marco e Luca, rispettivamente scimmia, leone e toro, ad emergere su tre dei quattro angoli alla base della cupola centrale. La zona del presbiterio è invece piuttosto scarna, anche se è qui che si trova oggi l’altare in pietra: è stato spostato nel 2012 quando si decise di arretrare la mensa, prima collocata al di sotto della cupola centrale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Il pavimento che doveva circondarlo sin dal Medioevo era formato da piccoli tasselli quadrangolari – dichiara Scavo –. Purtroppo non ne è praticamente rimasta traccia: l’unico resto giace in un angolino della navata destra dell’edificio».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nello stesso spazio si trovano, ormai fuori contesto, anche due blocchi scolpiti in pietra. Trafugati da un privato che li aveva usati per adornare la sua villa, furono fortunatamente recuperati da Pasquale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ed è ancora il nostro cicerone a indicarci un dettaglio in pittura rossa, ormai quasi sbiadito, sulla parete a destra del portale di accesso. «Qui c’era un disegno rinascimentale in sanguigna che illustrava il progetto della struttura cinquecentesca – afferma -. Ma purtroppo nemmeno questo è sopravvissuto all’incuria a cui questa magnifica chiesa è stata relegata per tanto tempo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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Federica Calabrese
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  • Pietro Pasciolla - Si segnala all'autrice tra gli esempi in provincia la Cappella di San Rocco a Turi. Per maggiori informazioni contatti mediante mail.


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