di Marianna Colasanto - foto Valentina Rosati

Il palazzo dell'ex Set: lì dove le centraliniste telefoniche mettevano "in contatto" Bari
BARI – Un enorme e storico palazzo degli anni 30 che si erge all’incrocio tra due importanti strade del murattiano di Bari, giacendo pressochè disabitato da più di vent’anni. Parliamo dell’ex sede della “Set”: la “Società Esercizi Telefonici” che permetteva agli italiani di poter parlare tra di loro a distanza, in un’epoca in cui i cellulari non erano stati concepiti e i telefoni fissi erano ancora poco diffusi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Set che poi nel 1964 si fuse nella “Sip”, trasformandosi alla fine del secolo in Telecom. Ed è proprio con l’avvenuta privatizzazione del servizio di telecomunicazioni che questo edificio ad angolo tra via Dante e via Marchese di Montrone venne “abbandonato”. Tra il 1997 e il 2000 infatti i dipendenti furono dislocati nelle nuove sedi aperte in città e il fabbricato così da allora servì solo come contenitore per cavi e computer collegati all’antenna della radiotelefonia che sorge su di esso. (Vedi foto galleria)

Realizzato dall’architetto Saverio Dioguardi nel 1931 (e da lui ampliato nel 1956), lo stabile ospitò da subito le cosiddette “signorine del centralino”, figure care a molte opere cinematografiche. Tramite un telefono fisso si parlava con loro dettando il numero della persona con cui si voleva comunicare. La centralinista, infilando degli spinotti in alcuni fori, componeva il codice a mano, mettendo così in contatto i due interlocutori. 

«Fu quella la prima centrale da cui si guidava il traffico telefonico in tutta Bari – ricorda il 78enne Michele Santacroce, il cui padre Francesco fu tra i primi tecnici a prestare servizio nella Set -. Rammento che quando ero bambino lo andavo a trovare proprio in quello stabile: nella mia memoria è impresso il grande stanzone con una ventina di postazioni dove lavoravano le centraliniste».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Le romantiche impiegate sparirono dalla scena a partire dalla fine degli anni 50, quando pian piano subentrò la teleselezione attraverso la quale gli abbonati potevano comunicare direttamente tra di loro senza bisogno di un passaggio intermedio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Molti uffici del palazzo barese furono trasferiti nella più grande sede di via Garruba e alcuni locali, ormai svuotati, vennero affittati. Ma comunque il palazzo continuò a essere utilizzato, anche dopo la fusione tra la Set e la Società idroelettrica piemontese, che nel 1964 diede vita alla Sip (Società italiana per l’esercizio telefonico). Negli anni 60 si contavano all’incirca 300 dipendenti, più che altro tecnici addetti alle centrali numeriche.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il 75enne barese Franco Clemente venne assunto nel 1963 come responsabile adibito alla manutenzione dei macchinari e ci spiega come era organizzata la sede telefonica.

«Nell’interrato - illustra – c’era la parte energetica, occupata dal gruppo elettrogeno che caricava le batterie oltre agli accumulatori, che supplivano quando mancava la corrente. Al primo e secondo piano si trovava invece la centrale automatica per le telefonate urbane: grandi apparecchiature che tramite rumorosi relais e selettori mettevano in contatto gli utenti che effettuavano chiamate con il telefono con il disco combinatore. Il terzo livello infine ospitava la “Cim” la commutazione per la telefonia interurbana che passava ancora tramite le signorine del centralino. Infine, al terzo e quarto piano c’erano i dipendenti dell’azienda statale A.S.S.T. che gestivano il traffico interurbano».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Fu solo, come detto, con l’avvento della Telecom e della successiva privatizzazione delle telecomunicazioni italiane che l’edificio fu di fatto abbandonato, venendo utilizzato solo dai tecnici che si occupano della manutenzione e recentemente da alcuni pochi impiegati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Anche perché nel nuovo millennio le centrali numeriche vennero meno – sottolinea il 71enne ex dipendente Armando Armenise – e lasciarono il posto ai computer, che possono contenere un’intera centrale in un piccolo armadio».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Oggi il palazzo “ex Set” appare malandato. Le facciate di color ocra sono annerite da strati di smog e ricoperte da vecchi manifesti. Gli ingressi posti al piano terra sono poi serrati da saracinesche che sembrano non si alzino da parecchio tempo. Fanno il paio con l’ex Cellar, una delle discoteche cittadine più in voga negli anni 90, anch’essa chiusa da tempo. 

Solo un ingresso, situato in via Marchese Di Montrone, presenta uno stile più moderno, con una porta bianca in ferro e un citofono che riporta la scritta “Telecom”. Da qui accedono, tramite un lettore di badge, i dipendenti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dal punto di vista architettonico l’edificio presenta comunque degli elementi interessanti. Come detto fu disegnato dal grande Saverio Dioguardi, che si adattò all’architettura razionalista tipica dello “stile littorio” di epoca fascista.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Volgendo lo sguardo verso l’alto si succedono, su entrambe le facciate, tre ordini di finestre incassate, separate dal piano terra mediante una striscia in marmo bianca che si snoda lungo tutto l’edificio. Tale separazione si sviluppa anche in verticale e in modo alternato tra le finestre, attraverso paraste binate in pietra bianca inglobate nel prospetto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Si tratta di un tipico elemento architettonico degli anni 30 – spiega il 34enne Simone De Bartolo, esperto di architettura fascista -. Il progetto originario però prevedeva arcate e decori in stile ottocentesco, ma fu poi realizzato secondo lo stile littorio».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La particolarità  dell’edificio è rappresentata però dai sei bassorilievi che contengono la scritta “Set –Società servizi Telefonici”: si tratta di semisfere circondate da dodici piccoli triangoli che danno l’idea dei raggi solari. Uno sprazzo di “luce” su un decadente palazzo che ha fatto la storia della città.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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  • Francesco - Grazie per aver esaudito la mia curiosità sul palazzo dei telefoni! Questo sito è una splendida realtà, continuate così! Buon lavoro
  • Fiorella - Quanta nostalgia! Per un fermento che non c'è più in quel palazzo, per il rapporto umano al quale non possiamo proprio rinunciare e per un palazzo di pregio che ha assunto l'aspetto di uno spettro abbandonato a se stesso. Grazie ancora una volta per queste notizie approfondite e inedite, nella speranza che risveglino l"attenzione su tanti angoli dimenticati della nostra città
  • Stefano - Ricordo molto bene quel palazzo anche perchè ci lavorava la mamma di una mia amica di famiglia. Bel ricordo del passato. Rimane il fatto dello stato di abbandono che questo tipo di struttura come altre patiscono perchè facenti capo a società ex capitale pubblico o ministeri vari (vedi palazzo ex aeronautica in corso Sonnino) dove, chi li ha gestiti in passato e/o nel presente non ha pagato e non paga di tasca propria la loro realizzazione ed il loro mantenimento. Anche qui dove risiedo attualmente da 40 anni, Monza, ci sono strutture in pieno centro abbandonate e che, invece, potrebbero essere riprese ed utilizzate anche per scopi abitativi. Nel caso specifico, tra la'latro nessuno paga tasse o altro e quindi, scusate il termine, "chi se ne frega, tanto paga Pantalone ". Grazie a Voi comunque che date la possibilità a persone anche della mia età di ricordare i bei tempi del passato ma che, purtroppo, il presente ignora.


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