di Francesca Canonico

Da
BARI – Anche Bari ha le sue fiabe: magari non famose come Biancaneve e Cenerentola, ma comunque abbastanza diffuse e conosciute. Perlomeno tra coloro che sono stati bambini qualche decennio fa, visto che oramai, come afferma Daniele Giancane, docente di Letteratura dell'Infanzia presso l’Università di Bari, «tra le ultime generazioni si è perso il rito del racconto». Abbiamo parlato con il professore, che nel 2010 ha pubblicato la raccolta “Fiabe della terra di Bari”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qual è la fiaba barese più conosciuta?

Sicuramente quella di “Mezzoculo”. Racconta di una famiglia povera e numerosa a cui vien voglia di panzerotti. Per cucinarli chiede in prestito una padella al signor (o alla signora, dipende dalle versioni) Mezzoculo, che in cambio pretende di poter assaggiare qualche manicaretto. Ma la famiglia, troppo golosa, finisce tutti i panzerotti e così decide di imbrogliare il signore, presentandogli frittelle farcite di topi, scarafaggi ed escrementi. La cosa scatena le ire del protagonista che uccide tutti, tranne un figlio e il padre. Quest'ultimo però si vendica uccidendo Mezzoculo e tornato a casa, grazie all’aiuto di San Nicola, riesce a resuscitare tutta la sua famiglia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una storia un po’ “pulp"…

“Mezzoculo” sembra a prima vista una storia orrida e violenta, dove ci sono persone ammazzate. Ma non dobbiamo vederla in senso realistico: i bambini leggono queste storie in maniera diversa. Loro si sentono trascinati in un'altra dimensione, dove ogni cosa può accadere e nella quale i passaggi vengono percepiti senza esser legati al senso di violenza avvertito dagli adulti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma questo racconto ha una morale? Sembra quasi un modo per “distrarre” i bambini…

Sulla morale si discute tra gli studiosi, ma credo che in realtà non ci sia (del resto non è una favola). Ma sì, è una storia che avvince per colpi di scena per tensione. E la  violenza è comunque riscattata dal finale magico che conduce al lieto fine.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E’ possibile conoscere l’origine o l’autore di “Mezzoculo”?

No, perché l'origine di una fiaba non è individuabile visto che appartiene alla tradizione orale. Sono stati sempre gli anziani i depositari della cultura fiabesca, le nonne soprattutto, che le raccontavano la sera davanti ai bracieri accesi. Un rito che ormai è andato perso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Fiabe che erano raccontate in dialetto…

Sì. Infatti per noi ricercatori che cerchiamo poi di trascriverle e pubblicarle, si pone sempre il dubbio se lasciarle nella forma originale o se tradurle in italiano. Io però nei miei libri ho scelto sempre la seconda opzione: per fare in modo che queste storie possano tornare a essere lette dai bambini di oggi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


C’è una differenza di forma o contenuti tra le storie baresi e quelle del resto della Puglia?

Sostanzialmente no, perché tutte le fiabe sono figlie della civiltà contadina, legate alle stagioni e alla loro ciclicità. Anche se forse nel Salento c'è una maggiore propensione al magico (vedi la figura del folletto Monachicchio). E poi mentre quelle della Capitanata sono più legate alla terra, quelle baresi hanno spesso come protagonista il mare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il “Monachicchio” originario del Salento è però poi stato “esportato” in altre province.

Sì, è possibile trovarlo anche nei racconti di Spinazzola. Si tratta di un piccolo spiritello nero e dispettoso che porta un cappello. Si dice che si sieda sullo stomaco delle persone impedendo loro di respirare bene, sfidandole a togliergli il cappello: se ci riusciranno lui le farà diventare ricche. Chiaro: nessuno è mai riuscito nell'intento e per ripicca il Monachicchio attua una serie di dispetti, tra i quali annodare i capelli alle bambine e far cadere dal letto gli anziani.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Lei ha pubblicato un volume dal nome “Fiabe della terra di Bari”. Oltre a Mezzoculo quali altre andrebbero citate?

Sicuramente “La gatta che si voleva maritare”, famosa in tutta Puglia e raccontata soprattutto a Corato. Parla di una gatta che si voleva sposare e che non trovando l’alternative si coniuga con un topo. Ma alla fine l'istinto prevale e la gatta si mangia il sorcio. Un'altra è il “Sugo della prima moglie” diffusa a Mola di Bari e ritenuta una storia vera. Parla della seconda moglie di un uomo che non sa fare il sugo come la prima. Ma un giorno, proprio quello in cui si scorda la pentola sul fuoco, riesce a farlo in maniera spettacolare.  

Nel suo libro non si trova (perché già pubblicata) una storia che è contesa tra Bisceglie e Molfetta: “Affari di cuore”. Perché è così speciale?

Racconta di un ragazzo (di Bisceglie o Molfetta) che con il padre fa commerci con la Turchia. Si reca in questo Paese dove su una nave incontra una giovane prigioniera. Decide allora di liberarla, pagando il riscatto con i soldi che il padre gli aveva dato per comprare le stoffe e la porta nel suo paese. Ma a un certo punto per nostalgia la ragazza torna in Patria: il giovane però decide di andarla a cercare e la convince a ritornare con lui. I due così rimangono in Turchia e diventano ricchi grazie all’aiuto di un vecchietto che altri non è che il fantasma di un veneziano che il protagonista tempo prima era riuscito a far seppellire in terra sacra, salvandolo dall’oblio. Si tratta di una fiaba che parla di multiculturalismo, pietà e amore: insomma, di valori universali.


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