di Marco Gay

Michele Salomone e l'addio forzato alle radiocronache: «Tanta amarezza, ma tornerò»
BARI - «Cuccovillo, Cuccovillo...tiro di Cuccovillo», «Spazza nel cuore della difesa...Giovanni Loseto». Sono solo due esempi delle concitate frasi che hanno da sempre caratterizzato le radiocronache del giornalista barese Michele Salomone (nella foto).

Parliamo di un’icona della Bari calcistica che però, dopo ben 43 anni di servizio, oggi non rappresenta più la “voce” dei biancorossi. Da questa stagione infatti non è più lui a raccontare le partite ai tifosi, a causa di una questione di diritti audiovisivi tra emittenti locali. Abbiamo incontrato Salomone per parlare del presente e del suo glorioso passato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Come sta vivendo questa “inedita” situazione professionale?

L'amarezza è tanta: era dal lontano 1976 che raccontavo con la mia voce il Bari. Sapevo di essere un privilegiato e mi aspettavo che un giorno tutto questo sarebbe finito. È accaduto quest’anno, quando RadioNorba, l’emittente per cui lavoro, ha perso i diritti per le partite, che sono andati in esclusiva a RadioBari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La sua attività di giornalista non si è però fermata.

Certamente, non mi sono ritirato in qualche eremo. Ci siamo inventati un nuovo programma dal nome "Voce al Bari", in cui esercitiamo i 18 minuti di radiocronaca che il diritto di informazione ci consente (9 per tempo, in 3 finestre temporali di 3 minuti ciascuna). Per il resto del match diamo spazio a ospiti e  interventi telefonici dei tifosi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E questo la soddisfa?

E' un'esperienza nuova e interessante, ma sarei un'ipocrita se dicessi che non mi dispiace di non fare più la radiocronaca intera. La mia speranza è, chiaramente, di ritornare al mio vecchio lavoro, magari con il Bari in serie A.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I tifosi come hanno preso il suo “addio” forzato?

La loro reazione è stata commovente: in migliaia mi hanno spedito messaggi di solidarietà. Mi sono emozionato, lo ammetto, perché io mi sono sempre sentito parte del tessuto della città. Dopo queste dimostrazioni d’amore per un attimo ho pensato che sarebbe stato bello chiudere così la carriera.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E invece per fortuna ha cambiato idea e ora si sta togliendo anche qualche sfizio, come il pezzo in dialetto barese…


Sì, durante Bari-Reggina ho improvvisato un minuto di cronaca in dialetto, cosa che non avrei mai potuto fare prima. Ero in studio con il comico Umberto Sardella ed era collegato anche l’attore Paolo Sassanelli e con loro mi sono lasciato andare, divertendomi con la mia "lingua madre". Quello spezzone è già diventato un cult sui social e non mi dispiacerebbe ripeterlo, magari in occasione di una bella vittoria del Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Parliamo del passato. Da dove nasce il Salomone radiocronista?

L'amore per il calcio, e in particolare per il Bari, nasce in famiglia: andavo allo Stadio della Vittoria con mio padre da quando avevo 7 anni. La passione per la radiocronache l'ho sempre avuta: i miei idoli erano i Sandro Ciotti ed Enrico Ameri, ma da bambino ero balbuziente e pensavo che il mio sogno di dare “voce” alle partite non si sarebbe mai realizzato. Poi ho scoperto casualmente che con il microfono davanti questo mio difetto spariva del tutto. E così cominciai a raccontare il pallone: la mia “prima” fu un Trapani-Bari del 21 marzo 1976.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qual è la radiocronaca che ricorda con più affetto?

Sicuramente Juventus-Bari dell'8 febbraio 1984 al Comunale di Torino (1-2 per i baresi), gara in cui i biancorossi allenati da Bolchi, militanti in serie C, batterono in trasferta i bianconeri, schierati con la fortissima formazione titolare. Fu indimenticabile il rientro serale all'aeroporto di Bari, tra fumogeni e cori dei tifosi, che furono invitati da me stesso ad accogliere trionfalmente i giocatori. Non nascondo che poi ebbi qualche problema con il questore.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Invece quella più “avventurosa”?

Ne rammento in particolare due, entrambe nei primi anni 80. Una volta a Lecce, dopo un derby vinto dal Bari, me la dovetti dare a gambe, minacciato da persone che impugnavano coltelli. Stessa situazione di San Benedetto del Tronto. Ero in compagnia di Saverio De Bellis, all'epoca giornalista di TeleNorba, quando cominciammo a essere inseguiti da un gruppo inferocito di tifosi della Sambenedettese. Ci salvammo solo grazie ad uno stratagemma: fingemmo di essere del luogo, suonammo a un campanello e ci rifugiammo in un portone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tra i tanti personaggi che ha conosciuto durante la sua carriera ce n’è qualcuno a cui si sente più legato?

L’allenatore Enrico Catuzzi, purtroppo scomparso prematuramente nel 2006. Tecnico preparato e persona squisita, con cui mi capitava di parlare fino alle 3 di notte, di pallone e non solo. Lui, assieme a Conte e Ventura è quello che ci ha fatto vedere il calcio più bello a Bari, tanti anni orsono.


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