di Alessia Schiavone

Quando le pietre ''vivono'' e assumono le più svariate forme: è l'arte del
BARI - Un orso polare, una geisha, il cappello di Napoleone, una catena montuosa innevata. Se si guardano le pietre è possibile riconoscere in loro innumerevoli forme, risultato della millenaria azione di vento, pioggia e agenti atmosferici. In Giappone questo “vedere” un qualcos’altro nei comuni massi è considerata un vera e propria arte che prende il nome di suiseki (letteralmente acqua e pietra). In Estremo Oriente si è soliti mettersi alla ricerca delle pietre più caratteristiche e suggestive per poi incastonarle in una base di legno e trasformarle così in un originale soprammobile. (Vedi foto galleria)

Del resto quest’arte si basa sul concetto secondo cui osservare un elemento naturale, impreziosirlo modificandolo il meno possibile e collocarlo in casa, permette all'uomo non solo di entrare in contatto con la natura, ma anche di stare meglio nel corpo e nello spirito. I giapponesi venerano quasi come divinità le pietre, perché li considerano frammenti di natura dotati di un'anima e di vita e quindi capaci di trasmettere energia positiva.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I suiseki però, proprio come i bonsai, hanno superato i confini asiatici e negli ultimi anni hanno fatto il giro del mondo, arrivando anche in Italia: precisamente nel 1991, quando alcuni appassionati liguri hanno fondato il primo club del Belpaese. Anche a Bari ci sono amanti di questo genere di arte, tra questi il 76enne Vito Di Venere, che è fondatore tra l’altro dell'Aias (Associazione italiana amatori suiseki).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Chiunque può riconoscere un suiseki – afferma Vito -. Basta avere un minimo di sensibilità e soprattutto la pazienza di percorrere chilometri e chilometri alla sola ricerca di un ammasso roccioso dal profilo strano». La forma e i colori del ciottolo devono infatti disegnare negli occhi di chi guarda un elemento presente in natura, che può essere un paesaggio, un oggetto, un animale o addirittura un volto di persona.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per dare vita a un suiseki tradizionalmente si scelgono rocce scure e dure come ad esempio quelle laviche, fondamentale però è che non si tratti di pietre scolpite dall'uomo, ma che siano state levigate soltanto dall’azione della natura.  I massi si reperiscono solitamente sulle sponde di un fiume, vicino al mare, sulla sabbia, dove è più facile che siano state soggette all'erosione. In Puglia il luogo in cui è possibile trovare le pietre più antiche è il Gargano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Una volta raccolta, il compito che spetta al suisekista è quello di ripulire la pietra e costruire una base su cui esporla. «Innanzitutto si strofina con una spazzola di ferro- spiega il geologo barese Marco Petruzzelli, appassionato di suiseki-, in questo modo si eliminano i licheni e i residui di terra o di calcite spesso presenti sulla superficie. Altro trucco è quello di tenerla per alcuni giorni a mollo in acqua e sapone fin quando non sarà venuta fuori la parte "dura"».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A quel punto il masso sarà pronto per essere fissato su una base di legno pregiato (detta daiza), sui cui viene creato artigianalmente un incavo della giusta misura per ospitare la pietra, che potrà così reggersi in piedi. Per le rocce raffiguranti paesaggi, anziché la base di legno è possibile utilizzare vassoi poco profondi pieni di acqua o sabbia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Le pietre sono spesso protagoniste di concorsi e gare internazionali. A determinarne il valore concorrono cinque elementi: forma, qualità, colore, tessitura (la superficie) ed età. Ma importantissimo rimane il modo in cui si è rintracciata una pietra “preziosa”, la cui scoperta per gli appassionati non ha prezzo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ascoltate il racconto di Vito. «Durante un'escursione sul Pollino nei pressi di un sentiero che correva lungo il fiume -  dice l’uomo -, mi capitò di imbattermi in una pietra conficcata nel terreno. Una volta scavato, mi resi subito conto di aver trovato un tesoro: era lunga 40 centimetri e raffigurava una geisha. Era uguale a una bambola giapponese, con un semicerchio a forma di chignon sul capo e un kimono che le avvolgeva il corpo sinuoso. Posseggo 400 suiseki, ma quella rimane la mia pietra preferita». 

(Vedi galleria fotografica)


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