di Eva Signorile

Ecco l'uomo che esplorò il "leggendario" tunnel di Santo Spirito
BARI – Un’estate, di quelle che ti fanno crescere all’improvviso. C’è tutto il sapore dolceamaro dell’adolescenza, di quegli anni “verdi” in cui il confine tra l’infanzia e l’età adulta è una linea sfumata che può essere superata con un balzo, nel racconto di Mario Carrante, docente presso l’Istituto Nautico “Caracciolo” e libero professionista barese che 42 anni fa insieme con un gruppo di coetanei, si inoltrò nel tunnel che partiva dal lido “La Rotonda” a Santo Spirito, quartiere a nord di Bari, per finire chissà dove.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Mario è originario di Bari, ma trascorre nel borgo marinaro tutte le sue estati e frequenta la spiaggia di uno dei più antichi stabilimenti balneari del litorale barese. Mentre racconta, sembra quasi di assistere a un remake in salsa locale del film “stand by me”, pellicola di Rob Reiner, con l’intramontabile successo canoro di Ben E.King come colonna sonora e un giovanissimo River Phoenix tra i protagonisti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’estate è quella del 1968: Santo Spirito è ancora una “frazione” del capoluogo pugliese (diventerà quartiere dal 1970). L’Italia è scossa dalle contestazioni studentesche e, a un anno di distanza, l’uomo sarebbe arrivato sulla Luna, ma qui, nel borgo marinaro, tutto scorre più lentamente e un gruppo di ragazzini decide di combattere la noia di una lunga estate, esplorando quella galleria, di cui vedono l’ingresso proprio nel lido dove passano la bella stagione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Prima, “La Rotonda” non aveva la terrazza che c’è adesso, dove si sistemano i tavolini del bar – racconta Carrante – il lido era diviso in due aree ben distinte, una più grande e l’altra meno estesa: a separare le due zone c’era proprio questo canale, la cui apertura era ben visibile».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Adesso, l’acqua invade l’ingresso  del tunnel fin quasi a un metro e mezzo d’altezza. L’allora quattordicenne Mario, assieme ai suoi amici, decide di inoltrarsi in quel “tubo”, del quale non riescono a intravedere la fine: fantasticano su ciò che possono trovare al suo interno. Qualcuno parla di antiche imbarcazioni nascoste in quel ventre di cemento armato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


«Un’imbarcazione effettivamente la trovammo – prosegue il professore -  si trattava in realtà di un pattìno, proveniente dal vicino lido dell’Aeronautica. Lo trovammo a circa 20 – 30 metri di distanza dall’imboccatura della galleria».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’entusiasmo per quel ritrovamento e le operazioni di recupero occuparono i ragazzi.  Fu solo diversi giorni dopo che il gruppo, di sei-sette adolescenti armati di torce, decise di riprovare “l’impresa” e di spingersi fino, magari, al punto in cui la galleria aveva inizio. Scoprirono così che il tunnel si spingeva ben oltre la ferrovia del quartiere e seguiva in buona parte il tracciato della vecchia linea tramviaria che collegava Bitonto a Santo Spirito.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Temevamo solo di trovare topi, ma non li incrociammo. Sbucammo da un’apertura che si trovava nei pressi dell’attuale stazione ferroviaria. Ora l'apertura è cementata».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il professionista non sa pero' perché quel canale fosse stato costruito. Abbiamo quindi chiesto delucidazioni all’ingegner Leonardo Vurro, nato e cresciuto a Santo Spirito: «Quel tunnel era stato costruito per raccogliere le acque piovane, in modo da evitare che il "paese" si allagasse con le piogge più insistenti».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dunque, del vecchio canale che raccoglieva l’acqua piovana per portarla a mare, ormai non esiste che una “bocca” invasa dall’acqua, sotto la terrazza di un lido, ma se qualcuno dovesse tentare di ripetere l’esperienza di Mario Carrante e del suo gruppo di amici, forse troverebbe ancora, da qualche parte nella galleria, un cartello affisso con chiodi e martello, che porta incisi i nomi di quei ragazzini che vollero risalire il tunnel.


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