di Katia Moro

«Mamma e neonato non vanno mai allontanati: c'è il ''primo sguardo''»
BARI – Dal primo contatto che il neonato ha con la propria madre dipenderebbe tutta la sua futura salute psichica e relazionale. È quanto sostiene Gabriella Falcicchio, 38enne docente e ricercatrice in pedagogia generale e sociale presso l’Università degli Sudi di Bari, che da anni conduce studi sulla fase “perinatale” (quella che va dall’inizio del travaglio alle prime ore di vita del bambino), in una prospettiva che lei definisce «unica e rivoluzionaria in tutta Italia». Ha anche pubblicato con altre tre studiose un libro dal titolo “Il primo sguardo”. L’abbiamo incontrata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I suoi studi sarebbero quindi rivoluzionari?

Sì, perché sono in aperta controtendenza rispetto agli studi accademici imperanti che non riconoscono il nesso profondo tra nascita ed educazione e sono tutti basati sulla “iper-medicalizzazione” della nascita e delle prime fasi della vita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Perché è così importante il “primo sguardo” che si rivolgono madre e bambino al momento della nascita?

Nel primo sguardo, con il sorgere spontaneo dell’innamoramento tra madre e figlio, si radica il legame affettivo che sarà da prototipo per tutti i legami successivi, l’imprinting che determinerà la nostra esistenza. Nascere bene significa nascere nella pace e un bambino che nasce nella pace ha più probabilità di essere un dono per tutti, educato da subito all'amore e alla condivisione. Bisogna riflettere sulla cultura della nascita “non violenta” che determinerà la salute fisica e psichica di ognuno di noi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E invece noi nasciamo con violenza...

Noi viviamo nella “cultura della separazione precoce”: il neonato viene tolto subito alla mamma per essere visitato e sottoposto a pratiche che potrebbero essere posticipate. Il piccolo viene lavato, vestito e infilato in una culla, quando invece potrebbe tranquillamente restare attaccato alla propria madre. Così viene traumatizzato e questo stress si ripercuoterà poi per tutta la sua vita, anche perché questo “allontanamento” diventerà sempre più predominante: il seno verrà sostituito dal biberon, le braccia dal passeggino, la vicinanza rassicurante durante la notte da un carillon.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Quindi i neonati non dovrebbero essere visitati e controllati subito dopo il parto?

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità alla nascita i medici devono porsi tre domande: Il bambino è nato a termine? Sta respirando o piangendo? Ha un buon tono muscolare? Se la risposta è sì, il piccolo non ha bisogno della rianimazione e può non essere separato dalla madre per almeno cinque ore. Così si agisce ad esempio negli “Ospedali amici dei bambini”, strutture sanitarie che ricevono questo riconoscimento dall’Unicef perché seguono gli “standard per le buone pratiche per gli ospedali” . In Italia sono una ventina sparsi però solo nel Centro-Nord. Il bambino, a stretto contatto col corpo materno, mantiene facilmente la temperatura corporea nei limiti fisiologici in maniera più efficiente di una culla termica. In più il primo contatto prolungato con la madre lo espone alle numerose colonie di batteri materne e lo immunizza da infezioni respiratorie, cutanee, gastroenteriche.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Ma non si rischia così di viziare da subito il proprio bambino?

I bambini non si viziano amandoli. Se un piccolo piange perché vuole essere preso in braccio sta esprimendo un bisogno e accontentandolo gli creiamo un bagaglio di fiducia di base che lo renderà più forte e quindi più autonomo e sicuro di sé e non viziato. È sbagliato demonizzare la donna che risponde prontamente al pianto, che tiene a lungo i bambini in braccio e che allatta prolungatamente oltre il primo anno di vita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E non c’è il pericolo di formare una generazione di mammoni?

La generazione dei mammoni o bamboccioni è quella dei figli della cultura degli anni ’70, che in coincidenza con un forte ingresso della donna nel mondo del lavoro ha visto un distacco traumatico dai propri figli. Da qui ne è conseguita una iper-protezione soffocante dovuta all’ansia scatenata dalla separazione. Prima del dopoguerra, anche se in maniera inconsapevole, c’era invece la cultura dell’accudimento prossimale, cioè una vicinanza fisica spesso dovuta a una mancanza concreta di spazi: spesso si dormiva nello stesso letto e accadeva anche di assistere ai rapporti sessuali dei propri genitori e non si cresceva mica “disturbati”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Non dobbiamo demonizzare quindi neanche l’abitudine a dormire nel "lettone" con mamma e papà?

La cultura di massa dilagante supportata anche da dannosissimi programmi televisivi imposti dai media, come “La tata”, ha diffuso l’idea malsana che sia sbagliato se non patologico dormire con i genitori oltre una certa età. Ma è una questione di coerenza: se siamo vicini ai bambini durante il giorno perché mai dovremmo abbandonarli durante la notte? I bambini non distinguono tra giorno e notte e l’abbandono li rende insicuri, timorosi, chiusi. Quando il piccolo si sentirà più sicuro vorrà sperimentare da solo l’avventura del dormire nel suo letto, ma non esiste un’età giusta prestabilita ed uguale per tutti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Insomma, in senso metaforico, questo cordone ombelicale non andrebbe mai reciso…

La frase chiave emblema di questa cultura educativa dominante è proprio “tagliare il cordone ombelicale”. Spogliamo l’espressione del significato metaforico: il cordone ombelicale è il legame vitale per eccellenza che dà nutrimento e ossigeno e che unisce due entità. Secondo il ginecologo Frédérick Leboyer questo legame non deve essere interrotto e infatti lui propone, al momento del parto, il ritardo del taglio del cordone. Questo avviene con tutta calma, quando ormai il funicolo si esaurisce non portando più sangue e sostanze nutritive al bambino. Il primo beneficio è che non è il pianto il primo atto del venire al mondo: il piccolo respira regolarmente senza piangere perché non subisce un trauma. Insomma la nascita e quindi la nostra vita futura non deve essere caratterizzata da tagli e separazioni traumatiche, ma dal contatto fisico e quindi, dall’amore.  
 


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  • Nicolangelo - Teorismi ch'io ho sempre patrocinato ad onta del maternale rigorismo forsennato


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