di Stefania Buono

La mitica Pro Inter, fucina di campioni: «Ma oggi i ragazzi non fanno più sacrifici»
BARI – Non c’è solo il Bari. Nel capoluogo pugliese sono tante le squadre dilettantistiche, soprattutto a livello giovanile, che da decenni calcano i campi di periferia della città. Ma una più delle altre ha sempre rappresentato una sorta di mito per i ragazzi che sognano di giocare a pallone: è la Pro Inter.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Si tratta della squadra giovanile più longeva del capoluogo pugliese, visto che esiste dal 1957. Ed è la società che scoperto il più grande talento calcistico mai apparso in terra di Bari, ovvero Antonio Cassano. Nella sede della Pro Inter, a Poggiofranco, sono ancora conservate la tessere di Fantantonio (vedi foto galleria)

Presidente (dal 1975) e vero e proprio “padre” della Pro Inter è il 71enne Antonio Rana, detto "Tonino". A lui è intitolato il campo in erba dove gioca e si allena la squadra, situato a Carbonara. Grazie a lui tanti ragazzini sono stati tolti dalla strada e alcuni sono riusciti anche a sfondare nel calcio che conta. Ma ora lui stesso ammette: «I giovani non vogliono più fare sacrifici». Lo abbiamo intervistato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Presidente, si è tolto parecchie soddisfazioni nel corso degli ultimi trent’anni…

Beh direi di sì. Prima tra tutte la vittoria nella stagione 97/98 del campionato italiano nella categoria Allievi, cosa che non è riuscita a fare nessun’altra squadra in Puglia. Ma non solo: abbiamo disputato altre due finali e vinto una ventina di titoli regionali tra Allievi e Giovanissimi. Ma ciò che mi riempie maggiormente di gioia è il fatto di aver lanciato talenti che poi sono arrivati nel calcio che conta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Ci faccia qualche nome di qualcuno che ce l’ha fatta.

Il primo che ho scoperto è stato Giovanni Caffaro, davvero una “mia creatura” perché l’ho anche allenato: lui ha giocato nel Bari di Catuzzi in serie B. Dopo di lui ricordo Massimo Nuovo, che cedetti alla Juventus. Poi uno degli artefici della vittoria dello scudetto Allievi, Roberto De Giosa, è ancora oggi un calciatore professionista: gioca infatti in Lega Pro con il Foggia. Più recentemente invece non posso non ricordare Francesco Grandolfo e Luigi Rana. Entrambi hanno esordito in Serie A e Grandolfo ha addirittura messo a segno una tripletta il 22 maggio del 2011. In più vi racconto una piccola curiosità: siamo stati vicinissimi nel tesserare Simone Zaza, ma non se ne fece più nulla perché lui viveva a Metaponto e venire giocare a Bari significava dover fare il pendolare per tre o quattro volte alla settimana.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma il vostro maggior successo è stato Antonio Cassano. Ci parli un po’ di lui, com’era ai tempi della Pro Inter?

Antonio è stato un nostro tesserato per ben sette anni prima di essere ceduto al Bari e in quel periodo me ne ha combinate di tutti i colori, era veramente difficile farlo rigare dritto, tant’è che sono stato costretto più volte a cacciarlo dagli allenamenti. Tra le altre cose mi ha sfasciato una macchina. Insomma il suo temperamento era già evidente fin da bambino. Ma io gli volevo bene e aveva un talento naturale che non poteva passare inosservato. Così gli feci fare molti provini in squadre importanti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
  
Quindi non approdò direttamente al Bari.

No, furono in molti ad interessarsi al giovane Cassano. Prima di tutti l’Inter, con cui eravamo gemellati. Giocò diversi tornei aggregato agli esordienti e ai giovanissimi quando il presidente era Ernesto Pellegrini. Il responsabile del settore giovanile della squadra nerazzurra del tempo, il campione del mondo Giampiero Marini, lo adorava e si divertiva persino a giocare con lui ogni tanto. Però non è mai stato tesserato perché non era residente a Milano e le regole imponevano che i ragazzini che vivevano in una regione diversa potevano entrare in una squadra di calcio professionistica solo al compimento dei 14 anni. Antonio diventò quattordicenne nel luglio del 1996, quando l’Inter era già di proprietà di Massimo Moratti, che non capì chi aveva di fronte e se lo lasciò sfuggire. Tentammo allora di fargli firmare un contratto con il Parma, passò i provini ma Giovanna, la madre, non si dimostrò disposta a trasferirsi in Emilia col figlio. Solo allora portai lo portai al Bari, anche se Antonio non era convinto di questo trasferimento perché pensava che lì giocassero solo i “raccomandati”. Ma io sapevo che si sarebbe ritagliato un ruolo di rilievo. E così fu.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Come scovavate i piccoli talenti?

Bastavano i provini. Del resto avevamo l’imbarazzo della scelta: ogni anno si presentavano tantissimi ragazzi, a volte anche trecento, perché la Pro Inter era la classica squadra vincente e tutti ne volevano far parte, anche fanciulli che venivano da province diverse da quella barese. A volte riuscivamo a mettere su anche due o tre rose per una stessa categoria: insomma godevamo di grande salute. Per anni siamo stati una vera fucina di campioni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sta parlando al passato...

Si perché negli ultimi diciamo otto anni, qualcosa è cambiato. Non c’è più la stessa voglia di “fare” da parte dei ragazzi: sono molto più viziati, vogliono tutto e subito e non si rendono conto che è necessario impegnarsi per raggiungere risultati in ambito sportivo.  Ovviamente i numeri sono diminuiti: ad oggi contiamo solo 70 tesserati, tra cui molti che non sempre si presentano agli allenamenti. Ne abbiamo risentito fortemente: il nostro livello è sceso e siamo retrocessi dai campionati regionali a quelli provinciali visto che non siamo riusciti a formare una scuola calcio. Secondo me il problema principale è che ora i giovani sono convinti che solo nel momento in cui si arriva a giocare nel settore giovanile di una squadra professionistica vale la pena fare sacrifici, ma come ha dimostrato ampiamente la Pro Inter, a volte i più forti provengono proprio dalle squadre dilettantistiche.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Eppure nonostante la crisi non siete entrati nei progetti  della Fc Bari 1908 che da un anno e mezzo a questa parte riunisce diverse squadre giovanili sotto la “protezione” .

Sì perché non vogliamo essere vincolati a una singola società, ma fare in modo che i ragazzi possano aprirsi tutte le strade possibili. In più in questo modo speriamo anche di riuscire a vendere bene i nostri calciatori. Del resto oggi possiamo contare solo sulle nostre forze visto che neanche più il Comune ci aiuta. Ma continuiamo a farlo per il bene che vogliamo ai nostri piccoli atleti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Appunto, lei che rapporto ha con i suoi ragazzi?

Ho sempre cercato di mantenere con loro un legame che vada oltre il semplice presidente-calciatore. Mi sono sempre posto l’obiettivo di togliere i giovani dalla strada, anche se purtroppo non sempre i miei sforzi si si sono rivelati soddisfacenti. Poco tempo fa ad esempio era tesserato con noi un ragazzo che, diciamo così, stava frequentando brutte compagnie. Era davvero bravo e ho tentato di portarlo sulla retta via grazie al calcio, parlando anche con i suoi genitori per far sì che anche in famiglia avesse un appoggio. Ma il giovane dopo poco tempo ha lasciato la squadra. Per non parlare del fatto che quando Cassano fu operato al cuore nel 2011 lo andai a trovare in ospedale a Milano. Però lui non mi volle incontrare: pensava che fossi andato solo per farmi restituire dei soldi che mi doveva. Ma io er lì semplicemente per vedere il mio ragazzo, quello che oggi è uno dei più grandi talenti del calcio italiano e al quale, nonostante tutto, voglio ancora bene.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica di Gennaro Gargiulo)


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  • nick45 - Egregia Stefania Sarà presidente dal 1975, ma non padre della Pro Inter. Il vero fondatore e padre della Pro Inter è stato il signor Dentuto Pasquale, deceduto nell'agosto 2008. La società è stata fondata nel 1957 (e non nel 50, il sig. Rana avrebbe avuto 5 anni, mio coetaneo). Il sig. Dentuto dopo aver smesso di giocare nelle squadre di serie "D" per un infortunio sul lavoro, fondò la Pro Inter con molti ragazzi di Bari vecchia. Non li conosco tutti, alcuni di loro in età avanzata e ancora con mente lucida si ricordano del Dentuto. Questo perché ho postato alcune foto dove giocavo anch'io nella squadra in 3° categoria, e con me giocavano anche i figli e due nipoti di Pasquale e negli anni anche molti miei colleghi. Il sig Rana ha giocato anch'egli in squadra col ruolo di portiere, lasciò la squadra e rientrò a metà degli anni 70 quando il quartiere CEP ebbe il suo campo di calcio. Continuò a fare il portiere per poi con i suoi soldini entrò a far parte della dirigenza accattivandosi con maglie e completi dapprima i ragazzi e con cene la dirigenza. Forse non ho detto tutto. Al funerale di Dentuto, Rana ebbe un rimorso di coscienza, presentandosi a rendere gli onori , con una squadra allievi. Non ho raccontato il tutto non per presa di posizione, ma dare a Cesare quel che è di Cesare, ed io sono il genero di Pasquale. N Nulla da togliere ai suoi meriti che sono usciti dal suo campo.
  • Vito Petino - Confermo quanto dichiarato dal caro Nicola Moccia, genero di Pasquale Dentuto, e di mio aggiungo altro. Tornai a Bari ad agosto del 1963. Una sera mi ritrovai a un ballo estivo al Cral dell'Acquedotto di Ceglie ospite di mio cugino, che mi presentò a un suo parente, Vincenzo Monno. - Vito, giochi ancora a pallone. Mi chiese a un certo punto Enzo. - Due mesi fa sono tornato da Milano, dove ho giocato per un biennio. - Perché non vieni con me nella Pro Inter, giusto per divertirci un po' la domenica. Dopo la delusione milanese ero deciso a mollare il calcio giocato. Ma la passione per la sfera di cuoio ebbe il sopravvento. - Enzo, vengo soltanto a condizione che le trasferte non siano molto distanti, e non mi impegnino più del giovedì per gli allenamenti e la domenica per la partita. - Vito, le trasferte più distanti sono nel semicerchio da Monopoli, passando per Gravina e sino a Molfetta. E così entrai per 11 anni nella storia della Pro Inter Bari e la Pro Inter in un bell'arco della mia vita. Conobbi Pasquale Dentuto, giocatore-capitano-allenatore della squadra nonché factotum dell'allora presidente Lillino Milanesi, la sera del primo giovedì di settembre sullo spiazzo dell'Orazio Flacco, dove la squadra si allenava atleticamente, non avendo un proprio campo casalingo. La domenica successiva nell'amichevole ad Altamura fui sbattuto in campo col 10 sulle spalle, che non tolsi più in quegli 11 anni. L'avventura cominciò bene, vincendo per 3 a 2 contro una squadra di categoria superiore. Il giorno dopo su invito di Pasquale mi recai in via Amendola nell'ufficio del ragionier Milanesi per firmare il cartellino. Sono stati 11 anni movimentati, ma sempre nelle prime posizioni. Il primo anno secondo posto dietro l'Acquaviva per un punto, che passò in II categoria. Un campo proprio, come ho detto, la Pro Inter non lo aveva, e per due anni il nostro campo casalingo fu quello di Rutigliano, il terzo fummo dirottati a Valenzano. E avremmo vinto senz'altro il campionato, se non avessimo trovato la squadra più forte di quegli 11 anni, i Carabinieri Bari. E negli anni successivi, tornati a Rutigliano, tante vittorie in casa e fuori, dove subimmo anche tre assedi negli spogliatoi alla fine di gare vittoriose. Un altro anno lo abbiamo giocato al Campo degli Sport. Fra alti e bassi, si giunse nel 69 finalmente con un campo e un pubblico nostro, dopo il cambio di nome in San Paolo Bari, con promozione in II categoria. Tre anni dopo ho subito un grave infortunio al ginocchio destro nella partita contro il Molfetta. Da quel momento le mie presenze erano limitate dalle condizioni del ginocchio infortunato. Comunque riuscii a giocare molte partite. L'ultima al campo Bellavista di Bari il 24 dicembre del 73 contro la Modugnese, che sconfiggemmo per 17 a 2. E chiusi in bellezza. Alla fine di quel campionato il San Paolo passò in I categoria, e l'anno dopo, sotto il nome di San Paolo Bari, vi fu la fusione col Palese. Il nome Pro Inter Bari s'era perso nei meandri della Figc. Fu Antonio Rana che nei primissimi anni 80 lo ripescò, ridando alla squadra maggiori fortune, facendo risplendere nuovamente la sua stella, come ai tempi del Tonino portiere estroso della nostra Pro Inter Bari. Nel gruppo PRO INTER BARI vecchio e nuovo club, su FB, vi sono storie minime di tanti piccoli e grandi episodi del sodalizio. Comunque l'impronta lasciata da Pasquale Dentuto e Lillino Milanesi, sin dai primi anni 50, è indelebile e amata da tutti i calciatori che hanno indossato quella maglia a strisce. Quel che mi rende orgoglioso è che il mio numero 10, dopo quasi un trentennio, sia finito sulle spalle di un tal Antonio Cassano, una prima stella, nazionale e internazionale, nel calcio della sua epoca ❤⚽️❤...


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