di Eloisa Diomede

È boom di separazioni e divorzi: «Bisognerebbe prima andare a convivere, per conoscersi»
BARI – Duecentomila separazioni e divorzi a fronte di duecentomila matrimoni. Il trend è ormai il solito da una decina d’anni a questa parte: se si esclude infatti il “particolare” e pandemico 2020, di fatto in Italia per ogni coppia che si sposa ogni giorno ce n’è un’altra che si lascia. Lo dicono i dati Istat, che attestano quindi un qualcosa che è ormai sotto gli occhi di tutti: l’unione coniugale è diventata tutto fuorchè un legame indissolubile.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La domanda è: come mai? Le ragioni sono molteplici, ma sembrano avere una radice comune: la mancanza di conoscenza tra marito e moglie, dovuta a frettolosi convolamenti a nozze in assenza di una “propedeutica” convivenza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ne abbiamo parlato con il 30enne avvocato civilista barese Daniela Caputo, specializzato nel Diritto della Famiglia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Perché ci si lascia così facilmente?

L’idea che mi sono fatta ascoltando la storia di tanti miei assistiti è che spesso ci si sposa senza conoscersi in maniera approfondita. E così, nel momento in cui si va a vivere insieme, subentrano tutti i problemi non emersi in precedenza. Perché i “giovani” hanno la tendenza a stare a casa dei genitori fino al giorno del matrimonio. Ma in questo modo viene meno la necessaria fase della convivenza, quella che permette alle coppie di vivere a stretto contatto quotidianamente, comprendendo pregi e difetti del partner prima di fare il “grande passo”. Di certo non basta andare in vacanza insieme per dire di sapere tutto l’uno dell’altro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In più passando direttamente dalla “casa della mamma” a quella “della moglie” gli uomini rischiano di non reggere l’impatto…

Assolutamente. Spesso la crisi coniugale è dovuta alla tendenza di portare all’interno del nuovo nucleo le vecchie abitudini della famiglia di origine. In particolare l’uomo non riesce a staccarsi dalla propensione di voler trasportare il proprio modello di donna, ossia la madre, sulla moglie. Molte volte mi è capitato che delle persone facessero addirittura intervenire la mamma nel loro procedimento di separazione, a conferma della diffusa incapacità di non essere in grado di tagliare il cordone ombelicale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma come mai si tende a non provare la convivenza prima del matrimonio?

Principalmente per la scarsa stabilità economica. Uomini e donne oggi si realizzano lentamente sul piano sociale e lavorativo e di conseguenza non riescono ad accumulare subito quelle risorse finanziarie necessarie per pagare un affitto e le bollette. E quando finalmente hanno i soldi per poterlo fare, a quel punto subentra la “fretta” di sposarsi e metter su famiglia, vista l’età “avanzata”. In Italia infatti si convola a nozze tardi, mediamente intorno ai 35 anni di età. C’è anche da dire che, soprattutto al Sud, ci sono ancora molti genitori che non vedono di buon occhio una convivenza prematrimoniale per i propri figli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Alcuni decenni fa però la convivenza non esisteva nemmeno come parola, eppure i matrimoni duravano…

E certo, perché prima la donna non aveva la forza economica e sociale per poter ambire a un divorzio. Per nulla indipendente era completamente assoggettata alla famiglia, senza avere la capacità finanziaria di sostenere né la procedura di separazione né se stessa. Oggi è tutto cambiato: ci sono signore che guadagnano più degli uomini. E poi divorziare non è più visto come un “peccato” di cui vergognarsi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Parlavamo prima dell’incapacità per le coppie di affrontare la quotidianità insieme: quali sono i “normali” problemi più difficili da superare?

La gestione dei figli prima di tutto. Due persone complici, che hanno nel tempo imparato a dialogare e a venirsi incontro, riusciranno sicuramente a trovare una linea comune da seguire con i loro bambini. Al contrario individui che non si conoscono molto bene rischiano di trovarsi a che fare con visioni dell’educazione e della formazione completamente differenti. E ciò crea grandi contrasti, spesso insanabili.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I nonni che ruolo posso avere nel tenere assieme una famiglia?

Oggi i bambini fanno così tante attività che i genitori non riescono a gestire tutte da soli e spesso fanno subentrare nella loro vita quotidiana i nonni, che così si trasformano in autisti, cuochi e accompagnatori. Gli “anziani” sono quindi un grande valore aggiunto, ma rappresentano un’arma a doppio taglio. Perché quando c’è una crisi coniugale sono i primi a sentirsi in diritto (visto il loro ruolo) di poter esprimere la loro opinione e intervenire, facendo danni. I coniugi vengono fomentati dai genitori i quali, anziché appianare le divergenze, spesso instaurano una sorta di lotta tra fazioni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In base alla sua esperienza le coppie in crisi fanno comunque di tutto per cercare di salvare il proprio matrimonio?

Direi di no. Magari c’è chi aspetta che i bambini crescano per lasciarsi definitivamente (seguendo l’idea, sbagliata, per cui i figli possano avvertire meno le conseguenze di un divorzio se più grandi), ma nella maggior parte dei casi la tendenza è quella di abbandonare subito la possibilità di recuperare il rapporto, cercando al contrario appagamento all’esterno. Del resto alla fine la “scusa” che conduce all’inevitabile fine di solito è proprio il tradimento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Al matrimonio quindi non è più dato il giusto valore…

Oggi non vale più il detto “finché morte non ci separi”, ma “finché il divorzio non ci separi”. Non ci si sposa più con il dogma del “per sempre”, ma con la realistica idea di un’unione che può anche terminare. E la separazione non è più considerata come un possibile fallimento, ma come una semplice soluzione nel caso in cui le cose dovessero andare male. Sono in pochi a capire che il matrimonio rimane e rimarrà un compromesso: una piantina che se non va coltivata con cura, muore.


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  • Mariella Lipartiti - E' vero, bisogna convivere per conoscersi davvero. Il carattere e le abitudini sconosciute del partner vengono fuori solo durante la convivenza. Sono tanti i coniugi che, volutamente, hanno nascosto, durante il fidanzamento, la loro vera natura. Peggio per chi ha la brutta sorpresa. E' vero il detto che il matrimonio è come il melone, può uscire rosso o bianco. Ma se esce bianco meglio scappare via, subito, senza illudersi che l'altro cambi, perchè l'altro non avrà motivo di cambiare. Ormai la fregatura l'ha data
  • Enzo - Mi dispiace ma non sono d’accordo. La convivenza non aiuta a un possibile successo nel matrimonio e sono le statistiche che lo confermano. Sono tantissime le coppie che si separano dopo anni di matrimonio. La convivenza non garantisce nulla. L’amore vero, quello incondizionato e totale non ha bisogno di “prove”. La cruda realtà è che la società contemporanea è una società priva di valori, una società totalmente allo sbando, dove prevale la cultura dell’individualismo e dell’egoismo, del successo personale. Se provi a difendere il matrimonio rischi di essere etichettato come “bigotto”. Diamo la “colpa” alla mancata convivenza per conoscersi ma non sappiamo neanche cos’è un matrimonio e cosa vuol dire amare. Di cosa parliamo? di un contratto di lavoro a tempo indeterminato con periodo di prova?


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