di Gabriella Mola

I Carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale: «Ecco come lottiamo contro i tombaroli»
BARI – È stata la più grande confisca di beni archeologici della storia della Puglia. Parliamo del ritrovamento di 782 reperti archeologici trafugati da vari siti pugliesi: un vero e proprio tesoro “custodito” da anni nella casa di un collezionista di Anversa, in Belgio.

Lo scorso 21 giugno all’interno del Castello Normanno-Svevo di Bari si è tenuta la mostra di questi oggetti appartenuti perlopiù alla civiltà dauna e risalenti a un periodo storico compreso tra il VII al IV secolo a.C. Si tratta di crateri, anfore, vasellame, bracciali in bronzo e pezzi in terracotta dalle forme più disparate, come eroti alati, sfingi, sirene, “acrobati”, animali e volti femminili. (Vedi foto galleria)

Il bottino, del valore di 11 milioni di euro, è stato sequestrato grazie all’opera dei Carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale, una sezione dell’Arma fondata nel 1969 e impegnata costantemente nella lotta contro i cosiddetti “tombaroli”, ovvero gli esperti di scavi illegali dediti al commercio clandestino di beni archeologici.

Ne abbiamo parlato con il 47enne colonnello Giovanni Di Bella, capo del Nucleo dei carabinieri operante sul territorio Puglia e Basilicata.

Partiamo dal sequestro di Anversa: in che modo siete riusciti a mettere le mani sulla collezione occulta?

Tutto è partito da un frammento di cinque centimetri conservato presso il museo di Trinitapoli. È parte di una stele risalente al VII secolo a.C. proveniente dall'antica città di Salapia: un monumento funerario che era stato dato ormai per scomparso. Ma nell’estate del 2017 Salvatore Patete, funzionario restauratore conservatore della Soprintendenza di Foggia, sfogliando la rivista di esposizioni archeologiche tenutesi nelle gallerie Rath di Ginevra e Mona-Bismarck di Parigi negli anni 1993 e 1994, scorse l'immagine di una stele raffigurante la testa del guerriero con elmo cornuto a cui mancava una parte. A quel punto si ricordò del pezzo, simulò una sovrapposizione con un fotomontaggio ed ebbe la conferma: la scultura in pietra, appartenente a un privato, era quella trafugata anni prima dal foggiano. Scattò quindi la segnalazione al nostro Nucleo e noi ci attivammo subito per indagare e recuperare l'importante reperto. Non sapevamo che le ricerche ci avrebbero condotto davanti a tesoro ben più esteso.

Ma non avevate il nome del collezionista: come siete risaliti a lui?

Vero, l'unico dato che avevamo era il nome fiammingo della raccolta, ma non quello del proprietario. Ma grazie all’aiuto di agenzie internazionali come Interpol e Eurojust e pensando che il signore fosse un amante dell’arte italiana, estendemmo le ricerche a tutti i convegni del Belpaese in cui avessero partecipato appassionati provenienti dalle Fiandre. Così saltò fuori un cognome che ricordava quello della collezione: apparteneva a un noto farmacista di Anversa che aveva preso parte a un incontro organizzato dall'Istituto Magna Grecia di Taranto. Pensammo potesse essere lui e non ci sbagliavamo. Nel giugno scorso, una volta entrati nella sua casa grazie a un mandato, ci siamo trovati davanti non solo alla stele, ma ad altre centinaia di preziosi reperti: un museo “casalingo” perfettamente organizzato in un garage. Naturalmente l’uomo è stato denunciato per esportazione illecita e il 6 settembre è iniziato il processo a suo carico.

In questo caso il blitz è stato reso possibile grazie a una segnalazione, ma normalmente come si svolgono le vostre indagini?


Monitoriamo tutto ciò che ha a che fare con l’archeologia e la cultura: quindi aste, mostre, antiquari, rigattieri, restauratori, mercanti d'arte, siti internet di vendita di immobili. Non potete immaginare quante volte ci imbattiamo in foto di interni di abitazioni in cui sono esposti in bella mostra oggetti trafugati. In quel caso ci è facile risalire ai proprietari e far partire l’indagine. Ma tra i nostri compiti c’è anche quello di controllare fisicamente il territorio. Recentemente abbiamo sorvolato con un elicottero una zona nel Nord barese la cui posizione non possiamo rivelare. Ebbene, grazie alla vista aerea ci siamo accorti di uno scavo clandestino in atto ad opera dei tombaroli. (Vedi video)

Ma chi sono i “tombaroli”?

Il tombarolo, chiamato così perchè specializzato nello scavo di cunicoli e discese negli ipogei e nelle tombe, non è altro che un manovale. Spesso si tratta di contadini che conoscono bene il territorio e che sanno quindi dove è possibile trovare reperti. A volte sono loro stessi a rinvenire pezzi che poi rivendono ai ricettatori, in altri casi agiscono seguendo un “mandato” da parte della criminalità che una volta individuata un’area di interesse richiede il servizio di persone che operano in zona.

Beni archeologici che poi vengono venduti ai collezionisti a caro prezzo…

Certo, basti considerare che il traffico di beni culturali rappresenta il terzo introito delle mafie dopo droga e armi.

In Puglia qual è la zona più colpita dal trafugamento di reperti?

Sicuramente il tarantino, ovvero la culla della Magna Grecia, e poi la Daunia. Quest’ultima regione è caratterizzata infatti da pianure e terreni alluvionali: insomma lì è più facile scavare rispetto ad altre zone. In più quell’area, in particolare nei dintorni di Canosa e Arpi, è ricca di tombe a camera realizzate per conservare non solo il corpo del defunto ma anche il suo corredo funerario, composto da statue antiche, anfore e gioielli. La civiltà dauna era infatti molto facoltosa, famosa per i suoi scambi con l’Oriente. Il foggiano è stata terribilmente depredato nel corso degli anni, a volte in maniera davvero eclatante. Ad Arpi hanno sradicato e portato via intere camere funerarie affrescate con le ruspe.

Che cosa si potrebbe fare per contrastare i continui furti?

Impiegare un numero maggiore di uomini che possa monitorare i siti archeologici. Perché noi siamo in pochi. La nostra sezione, che ha sede a Bari nel Castello Normanno-Svevo, conta solo 13 militari che si occupano di tutta la Puglia e la Basilicata. In più sarebbe opportuna una maggiore valorizzazione e custodia da parte dei Comuni coinvolti che potrebbero agire di concerto con le varie Soprintendenze aiutandoci così nel nostro lavoro. Ma del resto l'Italia è un museo a cielo aperto ed impossibile pensare di poterla controllare tutta. E questo, purtroppo, fa solo il gioco dei tombaroli.

(Vedi galleria fotografica)

Nel video lo scavo clandestino scoperto dai carabinieri sorvolando con l’elicottero una zona del Nord barese:



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