di Federica Calabrese - foto Valentina Rosati

Bari, Maria Santissima del Rosario: la chiesa sopravvissuta a incendi e cospirazioni
BARI – È uno dei complessi religiosi più imponenti di Bari e ha attraversato negli anni incendi, abbandoni e persino accuse di clamorose cospirazioni. Parliamo di Maria Santissima del Rosario: un edificio severo e classicheggiante, il cui esterno  si contrappone a un interno barocco e lussureggiante. (Vedi foto galleria)

Per visitarla ci basta raggiungere l’ottocentesca e verde piazza Garibaldi e porci all’angolo con via Crispi. Qui possiamo ammirare la nostra chiesa, che ingloba anche un ex monastero. È caratterizzata al primo livello da un lungo e insolito porticato segnato da alte arcate e impostato su lesene laterali e robusti pilastri. Archi che sono arricchiti da graziose lanterne pendenti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Al di sopra della cornice mediana si apre il secondo ordine, ripartito da quattro paraste o “finte colonnine” dagli eleganti capitelli ionici. Qua si trovano due file di tre finestre ciascuna, che conducono al vero elemento di pregio: il sontuoso timpano triangolare dentellato con all’interno un bassorilievo che rappresenta lo stemma domenicano. L’appartenenza all’ordine è altresì ribadita dall’epigrafe in marmo posta sull’arcata centrale della facciata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Superato un cancello nero si entra così nel portico, lì dove è affissa una targa che ricorda come negli anni 30 il convento divenne sede della Fuci, la Federazione universitaria cattolica italiana in cui mosse i primi passi da politico un giovane Aldo Moro.

L’ambiente è segnato dall’andamento continuo degli archetti interni e da due massicci leoni stilofori in calcare che sorreggono due basse colonnine scanalate con capitelli corinzi. Sopra sono poggiati due blocchetti cubici disegnati con volti di angeli e cornicette dentellate. La complessità della decorazione si infittisce nel fregio, dove foglie intrecciate conducono a uno stemma centrale azzurro acquerellato con la scritta Charitas.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A chiudere la trabeazione, al centro di un timpano spezzato, si erge la statua di San Francesco da Paola incappucciato. Perché è proprio a questo santo che fu originariamente dedicata la chiesa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Le sue origini risalgono al 1614, quando i Frati Minimi decisero di erigere un tempio con attiguo monastero grazie ai finanziamenti di due ricchi nobili locali: Francesco Manipolo e Pietro Miranda. Ma tra la fine del 700 e l’inizio dell’800 cominciarono i guai, perché i Minimi, dapprima allontanati da Bari per motivi politici, furono poi soppressi durante l’occupazione francese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dopo anni di stallo, nel maggio del 1820 Ferdinando IV concesse però il complesso all’ordine dei Domenicani, che nel 1840 cambiarono il nome della chiesa in Maria Santissima del Rosario. Ma proprio in questo periodo iniziarono a sorgere alcuni contrasti nell’ordine. I frati di piazza Garibaldi infatti, ottennero dalla Curia alcuni privilegi goduti fino ad allora solo da un’altra confraternita che aveva sede a San Domenico, generando così un’accesa rivalità tra i due sodalizi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Questa sfociò nel 1846 in un incendio fatto appiccare a Maria Santissima del Rosario proprio dai domenicani rivali, che ridusse quasi tutta la struttura in cenere.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La lenta ricostruzione, che cercò di riprodurne l’aspetto andato perduto, ripartì nel 1848, ma fu interrotta dalla mancanza di fondi nel 1852. La chiesa fu completata solo nel 1864, ma quell’anno una disposizione governativa intimò ai frati di lasciare il complesso, che così venne trasformato in caserma militare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Dopo tanta agonia la chiesa vide la sua consacrazione nell’ottobre del 1897 grazie all’operato del vescovo Antonio Lamberti e al ritorno dei Domenicani, ma le sventure non finirono qui.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel 1915 l’Italia era entrata in guerra contro gli imperi centrali e tutte le città della Penisola erano in stato di allerta. In una buia notte di giugno tre baresi videro un bagliore ad intermittenza provenire dal convento domenicano. La polizia, allertata, condusse immediatamente un sopralluogo nella struttura, rinvenendo mappe, appunti e un apparecchio per le segnalazioni a distanza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ben cinque frati furono accusati di cospirazione contro lo Stato italiano e trasportati nel carcere del Castello Normanno-Svevo dove trascorsero 50 giorni prima del processo. Che si tenne il 19 luglio dello stesso anno: l'accusa cadde però in contraddizione nel presentare le prove contro i religiosi, che furono così liberati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Da cento anni a questa parte però Maria Santissima del Rosario gode di “buona salute”, anche se nel frattempo i domenicani hanno lasciato definitivamente il complesso, che è stato affidato nel 1982 alla cura del clero diocesano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Raccontata la sua storia, non ci resta ora che varcare il massiccio portone in legno della chiesa. Posto il primo passo su un lucido marmo marroncino a contorni neri si apre davanti a noi un ricco scenario. L’edificio, a unica navata, è coperto da una volta a botte lunettata con fondo piano, ripartito a sua volta da grandi archi dorati su cui si alternano rosette laccate, sinuosi intrecci vegetali e motivi geometrici.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tre arcate a tutto sesto impostate su possenti colonne dorate con voluttuosi capitelli corinzi, corrono da un lato e dall’altro, creando altrettanti vani che custodiscono opere pittoriche concepite tutte tra l’800 e il 900.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci spostiamo ora verso l’altare maggiore. La mensa in marmo bianco, assieme all’apparato iconografico del catino absidale, rappresenta il vero pezzo di pregio dell’edificio. Sospeso su due grosse volute è corredato di un tabernacolo a tempietto sorretto da colonnine marroni e capitelli a fogliame. Ad arricchirlo ci pensano due grandi angeli dorati e un timpano curvilineo che presenta “l’ambiguo” simbolo dell’Occhio della Provvidenza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il catino absidale è concluso da un’opera di Umberto Colonna. Qui un San Domenico inginocchiato con lo sguardo rivolto a Maria è ritratto nel momento dell’illuminazione divina.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tutto ciò che ammiriamo è frutto della ricostruzione operata alla fine dell’800, ma ci sono due tesori “nascosti” soppravvissuti al rogo del 1846. Uno si trova in una stanza ubicata al secondo piano dell’ex monastero: un grande affresco dallo sfondo ceruleo su cui campeggia trionfante la Madonna del Rosario.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il secondo è il campanile, che raggiungiamo salendo sul terrazzo dell’edificio. È decorato con capitelli e monofore e termina con una copertura a forma di cono. Si tratta di un elemento prezioso: è infatti l’unico superstite dell’antica e maltrattata San Francesco da Paola.

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