di Luca Carofiglio

Divise, medaglie ed elmetti: è l'antica collezione di Piero, ''uniformologo'' militare
BARI - Una delle prime divise mimetiche adottate dall'Esercito italiano, un cimiero della cavalleria "Savoia" e un elmo inglese modello "Pichelhaube" che vale migliaia di euro. Sono solo alcuni dei preziosi pezzi della collezione di abbigliamento da guerra conservata da Piero Violante, 68enne “uniformologo” barese, cioè appassionato di storia dell'equipaggiamento bellico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La sua sorpendente raccolta comprende centinaia di uniformi, armi, medaglie ed elmetti italiani e stranieri risalenti ai due conflitti mondiali. «Sin da piccolo ho avuto un grande interesse per le guerre e la storia in generale - racconta il collezionista - ma a scuola spesso non approfondivamo questi argomenti, soprattutto quando si parlava del Ventennio fascista. Così prima cominciai a procurarmi dei manuali dettagliati a riguardo, poi a partire dal 1969 inaugurai quello che oggi è diventato il mio "assortimento" di cimeli».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Mi accorsi infatti che toccare con mano gli oggetti che si studiano era tutta un'altra cosa - prosegue Piero -. Il mio primo "gioiello" lo trovai al Baloon, mercato delle pulci di Torino: un copricapo del 1916 pagato 1700 lire, cifra importante per l'epoca. Oggi vale 50 volte tanto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Già, perchè questi reperti hanno un valore sia storico che economico. Il prezzo varia in base al loro stato di conservazione, all'anno a cui risalgono e al numero di esemplari simili in circolazione. Le cifre crescono poi se è possibile sapere con precisione a quale soldato siano appartenuti e quanto più "graduato" sia stato il militare in questione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma dove si recuperano questi particolari indumenti? «Prima dell'avvento di internet era fondamentale iscriversi ad associazioni del settore - spiega l’ex primo capitano del corpo militare della Croce rossa -, oggi per fortuna ci sono diversi forum online dove ciascun collezionista può scambiare il vestiario raccolto. Occhio però alle truffe: in commercio ci sono diversi "falsi" che riproducono fedelmente gli abiti originali e sono difficili da riconoscere. A Bari oltre a me ci sono solo altri due uniformologi e spesso ci confrontiamo per evitare di cadere in tranelli del genere».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Gli esperti in materia devono anche essere pronti a "sporcarsi le mani", cioè a rovistare nei magazzini delle caserme, setacciare i luoghi di famose battaglie e contattare i discendenti di chi decenni fa fu mandato a combattere al fronte. «Tempo fa riuscii ad accedere in un deposito dell'esercito - racconta il 68enne -. Fermai un camion colmo di vecchi caschi: me ne feci lanciare uno dall'autista, entrando così in possesso di un elmo risalente al 1928».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Piero conserva gelosamente la collezione nei suoi spazi privati, ma in questi giorni parte della raccolta è esposta in una mostra all'interno di Palazzo Gioia, a Corato. L'abbiamo visitata. (Vedi foto galleria)

Il primo pezzo che osserviamo è un'uniforme da sergente maggiore della Grande guerra: il suo colletto rosso carminio è decorato con due stellette bianche e sulle spalle è appoggiato un portacaricatori in pelle. In una vetrina vicina spicca un cimiero impreziosito da fregi dorati e una vistosa croce in ferro, appartenuta a un membro del glorioso reggimento "Savoia cavalleria".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In un'altra teca risaltano piccoli accessori come portasigarette, bussole e un’agenda militare ufficiale dell’anno 1916. Ci sono anche due elmetti particolari. «Risalgono rispettivamente al 1915 e al 1916 - commenta Violante - e furono i primi colorati in grigio-verde mimetico in Italia». Notiamo poi un altro copricapo interessante: è un Adrian, modello scolorito dall'acqua ritrovato sul letto dell'Isonzo, il fiume goriziano tristemente famoso per le battaglie con gli austroungarici avvenute tra il 1815 e il 1917.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ammiriamo in un angolo anche una divisa italiana "innovativa": prodotta nel 1919, fu la prima a caratterizzarsi per la tinta mimetica. Fino ad allora infatti i colori adottati erano quelli dell'attuale Polizia di Stato. A poca distanza balzano all'occhio una maschera antigas inglese del 1917 e un casco dannunziano con tanto di occhiali paravento, affiancato da una protezione interna che serviva ad attutire i colpi subìti dalla testa degli aviatori durante il volo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Piero ci mostra poi con orgoglio il suo esemplare di "Pichelhaube". «È un caratteristico elmo a punta prussiano in ottone - illustra l'uniformologo -. Oggi vale migliaia di euro». Anche il suo fodero è prezioso: ne sono rimasti pochissimi pezzi in circolazione, visto che la tela con cui erano fabbricati era parecchio deperibile.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E infine quello che forse è il reperto dalla storia più interessante: l'uniforme del barese Antonio Grimaldi, spirato a 20 anni sul Carso. «Mi è stata donata dai suoi discendenti – conclude Piero - e vale duemila euro. Le stellette che vedete sul colletto nei modelli successivi furono spostate sui polsi: erano un pericoloso segno di riconoscimento per il nemico pronto a sparare. Forse proprio quello che fu fatale al povero Antonio».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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