di Debora Limoni

«Aiuta i bimbi»: quando a fermarci per strada non sono gli attivisti, ma i "dialogatori"
BARI -  “Salve mister, conosce Save the Children vero? Salviamo i bambini”. “Vengo in pace, non mordo, sono dell’Unhcr, ci conosce?”. Quante volte vi sarà capitato di essere fermati da un ragazzo entusiasta e saltellante, armato di pettorina di vari colori e badge identificativo al collo, pronto a convincervi a sottoscrivere una donazione verso una qualsiasi onlus? Spesso, perché è questo il metodo più usato da questo tipo di organizzazioni no profit per ricevere nuove donazioni annue e aiutare così bambini o Paesi poveri.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tutto legale e probabilmente tutto giusto, però è bene sapere che quei giovani nonostante l’apparenza non sono attivisti, ma normalissimi lavoratori pagati a provvigione. E in gergo vengono chiamati “dialogatori”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Noi ci siamo intrufolati nell’esercito dei dialogatori per due settimane e questo è il nostro racconto.  

Il nostro viaggio parte da un annuncio online per un lavoro non ben specificato che non richiede alcun tipo di esperienza o credenziali, ma che invita gli interessati a presentarsi presso un’azienda di marketing ubicata a Bari per sottoporsi a un colloquio. E’ ciò che facciamo e dopo una chiacchierata sui motivi per cui cerchiamo lavoro, siamo presi ed entriamo a far parte del gruppo, formato perlopiù da giovani tra i 18 e i 30 anni, studenti o disoccupati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Veniamo così istruiti sulle tecniche di vendita e persuasione attraverso corsi di formazione. Le lezioni sono tenute da “veterani” del mestiere che ci illustrano vere e proprie strategie dell’affabulazione, che si basano su sorriso, sguardo fisso, tenacia, entusiasmo, controllo della situazione. Tutto serve per ottenere la tanto sperata donazione tramite rid bancario o carta di credito.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I neo assunti sono spronati a migliorare assertività e concentrazione, ritenute fondamentali, attraverso esercitazioni a coppie, nelle quali l’aspirante dialogatore tenta di convincere un passante “difficile” (interpretato da un collega più esperto), che muove continue critiche e restio a donare. Il tutto è incorniciato da un fervente spirito di gruppo condito da motti come “Ogni no è un passo verso il prossimo si” e simboli, gesti e urla atti a dare la carica e motivare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Dopo un’osservazione di un collega sul “campo”, nella quale si sente parlare per la prima volta di bambini, cibo e vaccini, inizia la fase di memorizzazione di un discorso pre impostato, uguale per tutti ma con toni di voce differenti utili a suscitare commozione o felicità a seconda che si parli di piccoli affamati o salvati. E a quel punto si è pronti per partire.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci viene chiarito dal principio a quanto ammonterà il nostro guadagno (più la donazione è alta più la provvigione è buona), ci si accorda sugli orari lavorativi (mediamente non si deve scendere sotto i tre giorni a settimana, dalle 9 sino alle 20) e si scende in strada.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per quanto ci riguarda le ore trascorse andando avanti e dietro su via Sparano, al freddo o sotto la pioggia, salutando e urlando per attirare l’attenzione, ripetendo sempre lo stesso discorso, si rivelano stancanti e poco produttive: nessuna donazione e un raffreddore. I nostri colleghi invece, sicuramente più motivati di noi, spesso riescono nell’impresa di convincere qualcuno a pagare i 15-20 o 30 euro mensili per Save the children o Unhcr (queste sono nel nostro caso le organizzazioni che abbiamo cercato di aiutare).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Insomma ci sono ragazzi più abili di noi a vendere. Perché di questo si tratta: di vendita. Punto e basta. Di diritti umani o progetti umanitari durante queste esperienze non se ne parla mai. Si recita una parte che serve a fare in modo che il “signor x” faccia la donazione, il che permetterà a noi e all’azienda per cui lavoriamo di guadagnare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anche se c’è chi afferma che su ogni euro raccolto 78 centesimi andranno a sostenere progetti umanitari, ciò che ci viene sempre ripetuto è “non vendiamo un progetto, vendiamo noi stessi”. E questo è meglio che il potenziale donatore non lo venga a sapere.


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  • Sebastiano - Un articolo davvero interessante e che ben descrive la situazione. Ho lavorato come dialogatore per pochi giorni e, il poco tempo passato con loro, mi ha fatto capire bene la situazione.i dialogatori sono utili alle associazioni umanitarie, perché sicuramente una persona che si guadagna da vivere cercando di ottenere più donazioni possibili impiegherà molte più ore ed energie alla causa rispetto a un volontario, ma allo stesso tempo diventa vero e proprio sciacallaggio, perche l'obbiettivo del dialogatore non è sensibilizzare le persone su un argomento così delicato, ma avere più contratti possibili, essendo pagato a provvigioni.questo è ciò che penso e che mi ha portato a non intraprendere la strada del dialogatore. La mia coscienza me l ha impedito.
  • Andrea - Sono un volontario in una grossa associazione nazionale ed operiamo in Bari, io come i miei compagni operiamo appunto senza percepire alcun emolumento e lo facciamo perchè crediamo in quello che facciamo, per costruire un mondo migliore. Conosciamo bene la nostra associazione dai capi agli ultimi e sappiamo chi è pagato per lavorare e chi no come noi. Sappiamo quindi è i soldi sono necessari perchè è giusto pagare il lavoro di coloro che fanno in modo che la struttura rimanga in piedi, non stiamo parlando di aziende ma di persone che operano negli interessi collettivi. Il 5per1000 non è sufficiente e sopratutto non si può fare affidamento in quanto con i chiari di luna del governo è già capitato che le regole venissero cambiate in corso d'opera pertanto è un bene che ci siano i dialogatori e che guadagnino da ciò. A ben vedere quanti settori lavorativi ci sono contrari all'etica che usano le medesime tecniche di vendita? Si aborrino critiche sterili.


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