di Ilaria Milella e Nicola Imperiale e Marco Giannino

Partorire
BARI – E’ una pratica nata da qualche anno a questa parte e che sta riscontrando anche un discreto successo, visto che permette alle partorienti di rilassarsi e sentire meno dolore e al neonato di venire al mondo in maniera meno traumatica. Parliamo del “parto in acqua”: la mamma viene immersa in vasche in vetroresina riempite di acqua mantenuta a una temperatura costante di 37 gradi ed è proprio lì dentro che partorisce, aiutata da ostetriche e medici. (Vedi foto galleria)

E’ possibile far nascere un bimbo in acqua un po’ in tutte le città italiane e la cosa era praticabile anche a Bari, nell’ospedale Di Venere. Nel settembre del 2012 presso il nosocomio di Carbonara fu infatti inaugurato in pompa magna il nuovo reparto di ostetricia, che comprendeva anche una stanza ad hoc per questo tipo di parto. Solo che dopo un breve utilizzo, la sala è stata di fatto abbandonata e ora non solo in quell’ospedale ma in tutta Bari non c’è la possibilità di dare alla luce un neonato in maniera “dolce”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per poter partorire diversamente, le mamme si devono spostare ad Acquaviva delle Fonti, dove nell’ospedale privato (anche se accreditato presso il Sistema Sanitario Nazionale) Francesco Miulli,  già dal 2000 è presente la fatidica vasca.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma cosa è avvenuto a Carbonara? Le ragioni del fallimento sono le più varie. Prima di tutto ci sono motivi “tecnici”. «La colpa del mancato utilizzo della vasca è dovuta all’assenza di filtri», ci spiega telefonicamente Stefano Casulli, ginecologo e dirigente medico del Di Venere. Pezzi che sono necessari, come conferma un'ostetrica del Di Venere: «Durante un parto vengono fuori dal corpo di una donna molti liquidi “indesiderabili” tra cui feci, urina e sangue e i filtri sono necessari a garantire l’igiene e la sterilità della vasca. Senza di questi diventa uno strumento inservibile».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Ma quei pezzi però potrebbero essere tranquillamente acquistati – ribatte però un altro medico che vuole rimanere anonimo -. Le ragioni per cui quella sala parto è inattiva sono altri: la sala è logisticamente troppo distante dalle altre  e diventa così impossibile per un’ostetrica o un medico gestire più donne, essendoci una costante mancanza di personale. Posso tra l’altro affermare che il Di Venere non ha più organizzato i corsi necessari per permettere al personale sanitario di utilizzare la vasca».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Insomma per svariati motivi il parto in acqua a Bari è rimasto solo sulla carta. Noi siamo anche andati a visitare la “sala fantasma” e ciò che abbiamo trovato è una stanza con una vasca azzurra rotonda con tanto di scalettina per entrarci. Sopra di essa c’è una corda arancione alla quale la donna può aggrapparsi per sopportare il dolore durante il parto. Sulla parete destra si trova una spalliera e sul lato sinistro della stanza un lettino. Tutta la stanza è molto colorata, con sedie gialle e pavimento celeste. Un peccato che non venga utilizzata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


A differenza del Di Venere, al Miulli di Acquaviva invece il parto in acqua è praticato da quindici anni. Il primo risale addirittura al 22 maggio del 2000. «La signora era un notaio di Matera al suo terzo figlio - ricorda l’ostetrica Immacolata Andrisani -. È stato un parto bellissimo e molto coinvolgente». Dall’inizio del 2015 nell’ospedale sono già stati svolti 35 parti in acqua.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anche in questo caso visitiamo la sala: tutto nella stanza ha tonalità che tendono al giallo (dalle tende ai mobili) e sul soffitto sono presenti luci al led che accese ricordano le stelle del cielo. La vasca è anch’essa gialla, completa di sportello per facilitare la paziente  nell’entrata in acqua. Il personale dell’ospedale ci mostra anche una foto della vasca vecchia, utilizzata fino al cambio di sede dell’ospedale, avvenuto nel 2006.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci chiediamo se per effettuare un parto del genere bisogna essere altamente specializzati, ma Immacolata assicura: «Noi frequentiamo corsi che riguardano il parto naturale in generale e che comprendono anche quello in acqua. La formazione è sempre la stessa, non ci sono molte differenze».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Cio che cambia sono i “protocolli di assistenza”: questo tipo di parto infatti non è adatto a tutte le mamme. «È l’ideale per le donne al secondo o terzo figlio, che non hanno neppure bisogno dell’episiotomia, cioè del taglietto per agevolare il passaggio del bambino, tipico invece del primo parto – sottolinea l’ostetrica -. Il feto poi deve essere di dimensioni “accettabili”: in acqua non si possono praticare parti di bambini molto “grossi”, né gemellari (perché è più difficile farli “uscire”) e chiaramente neppure quelli prematuri. La donna non deve avere problemi di epatite, pressione alta, febbre, membrane uterine rotte da oltre 24 ore e dall’analisi del liquido amniotico non deve risultare una sofferenza fetale. In poche parole la partoriente entra in acqua solo se tutto è perfettamente a posto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)
 


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