di Vincenzo Drago

A piedi da Bari a Monte Sant'Angelo: «In marcia per la raccomandazione divina»
BARI - Ben 140 chilometri di cammino, sfidando stanchezza e intemperie, tutto in nome della fede. È il pellegrinaggio compiuto a fine aprile da Pierfrancesco Palmisano, 40enne ingegnere barese, che assieme a due amici di Giovinazzo ha raggiunto a piedi il santuario di San Michele Arcangelo a Monte Sant'Angelo, partendo dalla lontana basilica di San Nicola di Bari (vedi foto galleria).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«È il terzo anno di fila che copriamo questo percorso - racconta Palmisano - in segno di riconoscenza dopo una grazia ricevuta tempo fa da un componente della nostra spedizione. Da allora infatti abbiamo deciso di fare questo pellegrinaggio in onore dell'arcangelo che l'ha concessa, cioè san Michele». Il tragitto, effettuato tra il 25 e il 29 dello scorso mese, ha visto come tappe intermedie Molfetta, Barletta, Zapponeta e Manfredonia, raggiunte camminando sulla strada litoranea, costeggiando il mare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Come è facile immaginare, la difficoltà più grande in marce così impegnative è camminare per ore senza sfiancarsi. «Si tratta di sforzi duri da sopportare, anche per chi abitualmente fa sport - spiega l'ingegnere - persino per me che mi muovo quasi sempre in bici. Piaghe sotto i piedi e dolori alle articolazioni sono il prezzo da pagare se vuoi macinare 30 chilometri al giorno».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Altrettanto importante è la scelta di che cosa mettere nello zaino prima di mettersi in marcia. «Ognuno ha le sue esigenze - prosegue il devoto barese - io ad esempio ho portato un bastone che oltre a ridurre la fatica durante i trasferimenti all'occorrenza serve per allontanare i cani randagi più minacciosi. Con me avevo anche delle mollette da usare la sera, quando stendevo i vestiti lavati prima di cenare».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Già, il cibo, ma anche il dormire e il lavarsi. «Per due notti siamo stati ospitati senza aver dato nulla in cambio, proprio come avveniva secoli fa - sottolinea il pellegrino - e questo grazie alla generosità di un parroco di Zapponeta e dei frati della basilica della Madonna dei Martiri di Molfetta. Ovviamente al di fuori degli ambienti ecclesiastici è più difficile trovare un riparo gratuito, vista la comprensibile diffidenza di chi offre posti letto: di colpo, infatti, diventerebbero tutti pellegrini, pur di non pagare».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La preoccupazioni logistiche non devono però oscurare l'aspetto spirituale. «Il pellegrinaggio non è una sfida per escursionisti - chiarisce il fedele - ma un momento di sacrificio dove la religiosità evade dalla sfera privata e diventa una testimonianza visibile a tutti. Lo si fa per chiedere una grazia, assolvere un voto o riverire semplicemente chi ci protegge. Più raramente ci si incammina in segno di penitenza, cosa che un tempo si verificava molto spesso su indicazione dei sacerdoti».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma come si può spiegare tanta devozione agli scettici? «Quando voglio chiarire la mia idea di pellegrinaggio - conclude Palmisano - faccio un paragone con un concetto tutt'altro che sacro, quello della raccomandazione. In molti cercano di strappare una promessa a persone di potere per ottenere dei favori, ad esempio un posto di lavoro. Capita però che chi promette non mantenga la parola. Con il pellegrinaggio invece si chiedono benefici che si otterranno di sicuro grazie alla preghiera: chi vive nei cieli è molto più affidabile di chi c'è sulla Terra».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 


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