di Luca Carofiglio

Triggiano, tra rifiuti e abbandono visita agli ipogei dello storico palazzo Trulli
TRIGGIANO - È trascurato da decenni, pur sorgendo a due passi dalla Chiesa Madre e inglobando l'inconfondibile edicola delle Madonne della Croce e di Costantinopoli, rispettivamente attuale ed ex patrona del paese. Parliamo dell'ottocentesco palazzo Trulli, simbolo del centro storico di Triggiano: l'edificio versa in stato di abbandono e i suoi storici ipogei giacciono in un mare di rifiuti. (Vedi foto galleria)

I suoi sotterranei sono parte integrante di quello che lo storico Vincenzo Roppo nei primi anni del 900 definì "un vasto e fitto reticolato di ingrottati antichi": un intreccio di cavità e cunicoli sfruttati sin dalla preistoria per difendersi da intemperie e invasori. Uno dei tunnel portava al "castello", palazzo fortificato feudale che sorgeva in zona largo Mercato, un altro al vicino duomo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per osservare lo stabile raggiungiamo il centralissimo largo della Croce, cuore del piccolo comune alle porte di Bari. Il palazzo, in stile decor neoclassico, si sviluppa su due livelli, il primo intonacato di bianco e il secondo di un giallo canarino sbiadito. Lunghe lesene dividono la facciata principale in sette sezioni, contraddistinte da finestre con persiane verdi. I balconi sono protetti da ringhiere in ferro e quello centrale è sormontato da un fregio, con due leoni alati ritratti ai lati di una fontana.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma è sulla sinistra che compare il particolare più caratteristico: l'imponente edicola votiva delle mad’nnedd, che si erge fino all'altezza del tetto. L'elemento religioso, a rischio crollo, è parte integrante dell'immobile dalla metà dell'800, quando venne smontato dalla porta principale del paese e riposizionato nella sua attuale collocazione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per scrutare i sotterranei ci rivolgiamo a Ferdinando, triggianese che gestisce una ciclofficina proprio nel cortile del palazzo. Il signore indica una malmessa porticina in ferro sulla sinistra dello spiazzo: è da lì che comincerà la nostra esplorazione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’uomo svita il bullone che tiene in piedi la grata e ci permette di scendere lungo una scalinata ricavata nella roccia. La rampa conduce in un ambiente umido situato a cinque metri sotto il livello stradale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Subito dinanzi a noi si presenta una piccola discarica: distinguiamo un pneumatico, detriti di pietra, una sedia, un secchio di vernice e assi di legno. «Credo che tutta questa immondizia sia stata ammassata dieci anni fa, durante i lavori di ristrutturazione dei palazzi vicini - spiega Ferdinando -. L'avranno gettata attraverso alcuni accessi oggi murati». E in effetti, non lontano da quel che resta di un grosso lavello di ceramica, notiamo proprio uno di quei varchi ostruiti.

Sulla destra è posizionato un vascone: si tratta di una cisterna naturale, un tempo usata per la lavorazione dell'olio. Qui nell'800 era infatti attivo uno dei sei frantoi ipogeici di Triggiano. E anche nella vasca, manco a dirlo, la sporcizia regna sovrana, con un topo morto che galleggia nell'acqua putrida.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un'apertura del muro tra i mattoni in tufo porta al secondo ambiente, anch'esso sfruttato anticamente per la produzione dell'"oro giallo". «Una quarantina d'anni fa per gioco scendevo spesso in questi posti - evidenzia il 58enne Pasquale, che vive nei paraggi -. Ricordo che qui c'era una grossa macina rotonda in pietra».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Camminiamo su un tappeto di detriti, avvistando un muro bianco e rossiccio che sembra essere stato realizzato in epoca recente. «Serve a sbarrare il percorso che passa sotto le case della vicina via Ponte - continua Pasquale -. Probabilmente è stato innalzato per creare delle cantine private». E proprio su via Ponte sbucava una rampa piazzata vicino a quella parete, anch'essa murata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Giungiamo infine nella terza e ultima stanza visitabile, quella posto sotto l'edicola. Come al solito alcuni rifiuti ingombrano il pavimento, ma qui è la tenuta del soffitto a preoccupare: le travette in acciaio sono arrugginite e quelle in legno spuntano pericolosamente dal cemento consumato. Insomma c'è il rischio che la struttura religiosa possa sprofondare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

È giunto quindi il momento di tornare in superficie. Così come quando ci addentrammo in un altro ipogeo cittadino dimenticato, quello di San Lorenzo, abbiamo la consapevolezza che Triggiano stia buttando via la sua storia, sprecando altre occasioni per riacquistare l’identità perduta.

(Vedi galleria fotografica)


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