di Eva Signorile

Villaggio neolitico di Palese: esposti i reperti salvati prima dell'arrivo delle ruspe
BARI –  E mentre in questi giorni la città sta assistendo alla cancellazione del villaggio neolitico di Palese, paradossalmente una mostra rende omaggio all’antico sito, esponendo tre splendidi oggetti salvati prima dell’arrivo delle ruspe. L’esposizione è organizzata proprio da quella Soprintendenza che aveva definito una “sequenza di pietre” l’insediamento di via Vittorio Veneto: quell’istituzione che decidendo di non apporre un vincolo sul luogo, ha dato formalmente il via alla costruzione dei dieci nuovi villini che prenderanno il posto del villaggio “vecchio” di otto millenni. 

La rassegna, aperta dal 30 maggio scorso, ha luogo nella chiesa di San Francesco della Scarpa, a Bari Vecchia. Accoglie una serie di oggetti restaurati ed è stata organizzata dalla Soprintendenza all'Archeologia, Beni Culturali e Paesaggio della città Metropolitana di Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I reperti che provengono da Palese sono come detto tre: un’olla, una ciotola e una splendida statuina votiva dalle fattezze femminili. (Vedi foto galleria)

Partiamo dal primo, risalente alla metà del V millennio a.C:  è un vaso in ceramica di “Serra d’Alto”, così definito dal nome dell’omonima località, nel Materano, in cui per la prima volta fu rinvenuto questo tipo di lavorazione. È un tipo di materiale sottile, dipinto con figure geometriche: il manufatto beige presenta infatti una decorazione a motivi triangolari in colore più scuro. Appare quasi integro, salvo qualche frammento mancante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Il secondo è rappresentato da una ciotola in terracotta, dipinta con un motivo a festoni di colore rossastro. Anche questo reperto è databile intorno agli ultimi secoli del VI millennio a.C.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma l’oggetto che colpisce maggiormente il visitatore è la scultura in pietra grigia raffigurante in tutta probabilità una divinità femminile legata alla Madre Terra. È piccolina, alta non più di 4-5 centimetri e decisamente molto “prosperosa”: ha infatti un corpo conico su cui spiccano fianchi molto evidenti. Il volto è ovale, privo di tratti e in testa rivela un’acconciatura a crocchia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anch’essa è databile intorno al VI millennio a.C.. Faceva parte del corredo funerario di una donna di circa 30-35 anni il cui scheletro è stato ritrovato in posizione supina: evento assai raro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per gli ultimi due manufatti è stata indicata come data del reperimento il 2012, anche se la relazione del Mibact di quell’anno, relativa agli scavi condotti, non fa riferimento agli oggetti. Da quanto ne sappiamo infatti recipiente e statua sono stati trovati nel 2014: forse c’è stato un errore di trascrizione sulla didascalia delle teche.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In ogni caso, i reperti resteranno visibili al pubblico fino al 30 settembre e da quel giorno in poi anche l’ultima traccia dell’ormai ex villaggio neolitico rischierà di finire nel dimenticatoio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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