di Annarita Correra - foto Antonio Caradonna

Bunker, balene preistoriche, partite di pallone e mare: le mille storie del Canalone
BARI -  Una grande lama artificiale che attraversa la città per 1,5 km per poi andare a “sfociare” nel mare del rione San Girolamo. Parliamo del Canalone di Bari, un “canyon” realizzato alla fine degli anni 20 del secolo scorso, che nel corso del tempo ha assunto un carattere epico, dovuto alle mille storie che questa “strada verde” è stata in grado di raccontare. Canalone è infatti sinonimo di bunker della Seconda Guerra mondiale, di balene preistoriche, di partite di calcio, di spiaggia e di mare. Ma andiamo con ordine.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il lungo fossato fu creato durante il Fascismo per convogliare le acque piovane ed evitare così i disastri avvenuti a causa delle devastanti alluvioni che avevano colpito Bari tra il 1905 e il 1926. All’epoca si pensò di deviare più a nord l’ultimo tratto di Lama Lamasinata, che “sfociava” nella zona di San Francesco (dove oggi è presente l’omonimo lido), caratterizzata all’epoca per il terreno paludoso. Il Canalone fu scavato a partire dall’attuale viale Europa, per arrivare fino al mare, in un’area oggi compresa tra le spiagge private Adria e Trampolino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ed è proprio da viale Europa che inizia il nostro viaggio alla “riscoperta” del canale (vedi foto galleria). Dalla grande arteria del San Paolo parte infatti una strada che costeggia la lama per tutto il suo percorso. Prende il nome di via Scionti e si caratterizza per essere attraversata da tre binari di altrettante diverse tratte ferroviarie. Ogni binario è preceduto da un piccolo passaggio a livello che si chiude praticamente ogni dieci minuti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A quest’altezza il fossato è però una discarica a cielo aperto: con mobili e altri rifiuti inghiottiti da sterpaglie e vegetazione incolta. Tra le erbacce però notiamo una costruzione in cemento armato di forma circolare. Si tratta di una delle tante “casematte” presenti all’interno del canyon. Risalgono alla Seconda Guerra Mondiale ed erano utilizzate dai soldati per proteggere l’artiglieria. 

Superato l’incrocio con via Napoli, altra arteria che attraversa il Canalone, via Scionti diventa via Casavola. Diviene però percorribile anche il lato opposto del fossato, imboccando strada arginale torrente Lamasinata. Decidiamo quindi di intraprendere quest’ultimo sentiero per avere una diversa visuale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In questo tratto il Canalone è più “curato”: l’erba si fa più bassa e viene solcata da un sentiero probabilmente scavato dal passaggio di motocross. Usufruendo di  una scaletta che costeggia un altro “bunker”, decidiciamo di scendere nella lama per entrare lì dove dagli anni 60 fino ai primi anni 90 tanti giovanissimi baresi si sono riuniti per giocare a interminabili partite di calcio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Tra gli anni 60 e 70 - ci spiega il 75enne signor Giovanni - lo storico allenatore barese Francesco Capocasale fece costruire qui due veri e propri campi da calcio, con tanto di porte in ferro. Ogni domenica mattina noi ragazzini ci incontravamo e con 500 lire potevamo giocare fino all’ora di pranzo». «Si organizzavano grandi tornei a cui partecipavano ragazzi di tutti i quartieri – incalza Antonio, un signore sulla sessantina -. Però se pioveva il campo diventava un pantano».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Racconti di tempi in cui bastava uno spazio libero e all’aria aperta per poter giocare a pallone, prima che campi in erba sintetica e scuole calcio prendessero il sopravvento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma siamo ora arrivati al ponte di via Respighi. E’ da queste parti che il 27 luglio del 1968 fu scoperto lo scheletro di una balenoptera, un animale preistorico che viveva 1,7 milioni di anni fa nel Mar Mediterraneo ed oggi conservato nel museo del Campus.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Superato quest’ultimo cavalcavia, colorato da alcuni writers, davanti a noi si apre il tratto del canale che porta fino al ponte di via Van Westerhout, praticamente alle porte dell’abitato di San Girolamo e del mare. E in prossimità del quartiere il manto verde lascia spazio alla sabbia, perché la foce del Canalone è in realtà una spiaggia libera, la più grande di Bari assieme a Pane e Pomodoro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La ammiriamo dall’alto usufruendo della generosità di una signora che ci fa salire sul terrazzo della propria casa che affaccia sull’arenile. Da qui è possibile anche avere una visione d’insieme della lama attraversata dai suoi innumerevoli ponti. Una volta scesi non ci resta che “buttarci” in spiaggia, proprio mentre alcuni ragazzini improvvisano una partita di calcetto all’ombra dei palazzi di San Girolamo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qui incontriamo il 64enne Andrea, colui che da sempre cura l’ordine e la pulizia del “lido”.  «Negli anni 50 in questo posto non c’era niente, venivano i contadini e i pastori con gli animali e i carri – ci racconta -. Poi con il tempo in molti incominciarono a farsi il bagno, anche se non c’era una sabbia particolarmente pulita. Tutto cambiò negli anni 70, quando iniziai ad occuparmene io, misi in piedi il chiosco dei gelati ancora presente e mi preoccupai di pulirla, dalla mattina fino alla sera, d’inverno e d’estate. Così come faccio ancora  oggi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci guardiamo intorno e in effetti il Canalone è pulitissimo. Del resto i “ragazzi del signor Andrea” girano tutta la giornata con il retino in mano per raccogliere qualsiasi cosa cada sulla sabbia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Al bancone del chiosco predetto troviamo Alberto, genero di Andrea, che ci rivela un particolare. «Fino a quattro anni fa  - afferma – qui avevamo poi una vera e propria “attrazione”: c’era una piscinetta di acqua calda in cui le persone anziane e i bambini rimanevano a mollo per ore ed ore». All’epoca infatti la centrale dell’Enel di via Bruno Buozzi (ora chiusa) riversava proprio in questa spiaggia l’acqua servita per raffreddare il vapore dei propri macchinari. Il risultato era la creazione di una piccola “oasi” molto ambita dai frequentatori del Canalone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E con questo ultimo aneddoto, davanti al mare, terminiamo il nostro viaggio all’interno di un “canyon” artificiale, nato per raccogliere la pioggia, ma diventato con il tempo una pagina importante di quella che è la storia di Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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