di Katia Moro

Bari, la strana convivenza: nella stessa via Casa Pound e una moschea. «Mai problemi»
BARI – Da una parte l’aquila romana, l’elmetto della prima guerra mondiale e le massime dei vati del fascismo, dall’altra abiti orientali, teste velate e piedi scalzi su tappeti damascati per inginocchiarsi e pregare. È questo il contrasto che si è venuto a creare in via Eritrea, nel quartiere Libertà di Bari, dove sullo stesso isolato di una stretta strada incuneata tra corso Italia e via Crisanzio, trovano la loro sede sia l’associazione di estrema destra Casa Pound che la Moschea-Al-Ummah. (Vedi foto galleria)

Decisamente una “strana coppia”, visto che Casa Pound è nota per essere legata a principi quali la difesa del nazionalismo e il contrasto feroce all’immigrazione, mentre al contrario i musulmani si battono per una maggiore integrazione all’interno del territorio italiano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Insomma si tratta di un’evidente dicotomia di ideali, che però come detto si trovano a convivere a pochi metri di distanza. Qualcuno ha visto nella scelta di Casa Pound di andare a “vivere” vicino alla moschea una provocazione: su via Eritrea campeggiano infatti scritte come “kill nazi” o antihooligans”, dipinte da chi non ha preso bene l’apertura di un avamposto di estrema destra proprio in quella via.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Eppure nonostante le polemiche sembra proprio che dietro questa scelta non ci siano motivi “bellicosi”, almeno a sentire i militanti di Casa Pound che siamo andati a trovare in via Eritrea n.29. Qui si trova infatti il circolo culturale “Kraken”, coloratissimo locale dove tra manifesti inneggianti alla cultura littoria, slogan quali “difendi il tuo sogno con rabbia e poesia” e disegni di tartarughe (che rimandano all’attaccamento alla propria casa), si riuniscono una trentina di ragazzi di Bari e dei paesi limitrofi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«In questa sede organizziamo incontri, assemblee e iniziative culturali – ci spiega il 39enne Giuseppe Alberga, responsabile territoriale dell’associazione -. Ci facciamo anche promotori di battaglie sociali, in particolare contro il degrado oramai imperante nella nostra città e soprattutto in quartieri difficili come questo: il Libertà».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Tra le loro iniziative c’è quella di tappezzare le strade con un manifesto su cui la scritta “Basta feccia” (a caratteri cubitali su sfondo rigorosamente nero) urla la ferma intenzione di opporsi a fenomeni quali “violenze, scippi, spaccio e furti” secondo i militanti sempre più dilaganti proprio a causa di una massiccia presenza di stranieri. Stando alle loro parole il nemico numero uno sarebbero proprio «gli immigrati clandestini e rom senza controllo e senza regole, che ci tolgono casa e lavoro e delinquono e deturpano il quartiere», come afferma Alberga.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Date queste dichiarazioni ci risulta allora ancora più strano il fatto che Casa Pound sia andata a convivere proprio accanto a uno dei simboli del “non italiano”: una moschea. Ma Giuseppe getta acqua sul fuoco.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«La moschea non rappresenta un problema per noi – sottolinea -  per quanto ci riguarda in quel luogo ci sono persone che rispettano le regole del Paese in cui sono venuti ad abitare e che con noi hanno sempre avuto rapporti cordiali. Tutti hanno diritto ad avere un posto dove pregare. Toglietevelo dalla testa: non siamo venuti qui a contrastare i musulmani di via Eritrea. Sono stati i centri sociali di estrema sinistra a diffondere volutamente l’ipotesi di una scelta provocatoria da parte nostra».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per avvalorare la propria tesi sono gli stessi militanti ad accompagnarci alla vicina moschea al civico n.7, presentandoci l’imam Abedin Mohammad Jainul. Il giovane bengalese ha solo 28 anni e parla a stento l’italiano ma ci invita cordialmente a visitare la sede.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci troviamo di fronte a due ambienti. In quello al piano terra su ampi tappeti orientali si raccolgono i fedeli scalzi in preghiera. Qui si trova anche l’attigua zona destinata alle abluzioni di rito. Il soppalco sovrastante invece ospita le lezioni di Corano per i più piccoli. Qui una decina di bimbi, che la mattina frequentano le scuole pubbliche del quartiere, studiano diligentemente il proprio testo sacro con l’imam.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«In questi locali ci riuniamo a pregare cinque volte al giorno – dichiara Abedin – siamo in tanti e di tutte le nazionalità: bengalesi, pakistani, nordafricani. Ma non abbiamo mai creato problemi e non ci sono stati mai scontri con nessuno».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Insomma sembra proprio che per una volta, in una buia e piccola strada di Bari, si sia riusciti a mettere in piedi una convivenza pacifica tra due mondi completamente opposti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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