di Salvatore Schirone

Suor Teresa Gimma, futura santa con delitto in Cattedrale
BARI - Suor Teresa Gimma (1880-1948) si accinge a diventare la seconda santa barese dopo Elia di san Clemente beatificata il 18 marzo 2006. Ma un omicidio avvenuto in Cattedrale quasi novant'anni fa potrebbe ostacolare o perlomeno ritardare la sua santificazione. Il fatto di sangue è documentato in alcuni libri di storia della diocesi di Bari.

Siamo all'inizio dell'estate 1925. Suor Teresa, unica erede del grande patrimonio della famiglia Gimma di Bari, dopo 22 anni vissuti nella quiete del monastero di San Giuseppe in via de Rossi, viene chiamata dall'arcivescovo Giulio Vaccaro per fondare un nuovo monastero, proprio nella casa paterna della sua ricca famiglia, in piazza Massari. Il canonico Giuseppe Capozzi viene nomitato padre spirituale e amministratore del neonato convento di Santa Teresa Nuova.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sono le 5.30 del 23 giugno quando, come tutte le mattine, Capozzi raggiunge il convento per la messa, per confessare le monache e per sistemare gli affari economici. Alle 8 è già di ritorno nella Cattedrale di Bari. Ma ad attenderlo ci sarà la morte.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Giovanna Lopez, una devota di 56 anni è testimone dell'atroce delitto. Vede il canonico entrare dalla sacrestia seguito da un uomo barbuto. Poi sente grida, rumori. Corre e vede l'uomo accoltellare ripetutamente il prete. Cerca di fermarlo ma viene ferita al polso. L'attentatore scappa lasciando il canonico a terra in un pozza di sangue. Arrivano i soccorsi, ma non c'è più niente da fare. La chiesa viene chiusa e sconsacrata. L'attentatore viene subito identificato, si tratta di Giuseppe Gimma, cugino di suor Teresa Gimma.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Il fatto turbò l'intera città, che contava allora già 170mila abitanti. Le voci sulle motivazioni dell'assassinio si rincorsero per giorni andando ad alimentare dicerie e calunnie. In realtà alla base dell'omicidio c'era una richiesta di danaro e soprattutto la non accettazione da parte di Giuseppe Gimma che la casa di suo zio fosse stata destinata a convento, tagliandolo fuori da qualsiasi beneficio economico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Gli atti del processo, raccolti dallo storico Franco Martino riportano la dichiarazione dell'imputato: «Incontratolo (il Capozzi), gli ho detto che era tempo di finirla con le persecuzioni cui andavo soggetto per opera sua della suor Teresa, ma il Capozzi, con fare sprezzante, mi ha respinto dicendo: "Non mi stare a rompere i coglioni" ... Io gli avevo rinfacciato la spartizione del testamento fatto dal defunto Giuseppe Gimma ... facendogli presente che io ero parente».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anche suor Teresa fu chiamata a deporre: «Mio padre espresse volontà che questa casa fosse divenuta convento, quindi è falsissimo che vi sia stata sottrazione del testamento ....Quanto calunniosamente afferma il Gimma Giuseppe io lo respingo adeguatamente perché sono delle nefandezze degne unicamente di lui che è un'anima perduta».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Giuseppe Gimma finì i suoi giorni in carcere. La sua confessione e la testimonianza di suor Teresa furono sufficienti a stabilire la condanna. Ma le circostanze e le vere motivazioni del delitto hanno lasciato una coltre di dubbio sui reali interessi che animarono alcune persone di chiesa che si mossero intorno alla futura santa.


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