di Katia Moro

Modugno, da vent'anni c'è un gruppo che accoglie e adotta i
MODUGNO – In Bielorussia ci sono ancora oggi bambini che pagano le conseguenze di un evento rimasto indelebile nella memoria collettiva: l’esplosione del 1986 del reattore numero 4 della centrale nucleare Lenin di Chernobyl, nell’Ucraina settentrionale. Sono passati tanti anni ma le conseguenze che la nuvola di materiale radioattivo fuoriuscita provocò, ricadendo su vaste aree intorno alla centrale, contaminandole pesantemente e rendendo necessaria l'evacuazione, si riflettono ancora oggi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il confine della Bielorussia era a soli 16 chilometri dalla centrale e furono in tanti a morire e ad ammalarsi. E a ereditare gravi problematiche fisiche (tumori e cardiopatie soprattutto) furono anche i figli di coloro che vennero colpiti dalla nube, che all’epoca magari erano solo bambini. Figli che spesso sono stati abbandonati perché i genitori non riuscivano a sostenere il peso mentale, ma anche economico che un disastro del genere aveva portato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Proprio per venire incontro a questo dramma umano, sono nate nel tempo associazioni (circa 240) che si sono prefissate l’obiettivo di ospitare temporaneamente le vittime più piccole dell’esplosione. Tra queste, l’associazione “Gruppo accoglienza bambini bielorussi” di Modugno, fondata nel 1997, che spesso è riuscita a tramutare l’accoglienza in vera e propria adozione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il Gruppo è nato con lo scopo di permettere di curare con metodi più avanzati i minori colpiti. Dal 1986 al 2005 nella popolazione che al momento dello scoppio aveva tra i zero e i 18 anni, sono stati registrati 4000 casi di tumore alla tiroide e gravi cardiopatie, problematiche che potevano essere affrontate meglio in caso di soggiorno in zone con aria salubre e cibo salutare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E così a Modugno si decise di aiutare i “reduci” di Chernobyl: 600 famiglie si riunirono per ospitare due volte all’anno i bambini bielorussi che non avevano superato la maggiore età. E questa avventura dura da vent’anni. Ogni anno l’associazione prevede la realizzazione di due progetti: uno estivo, della durata di 90 giorni da giugno ad agosto e uno invernale, durante le vacanze natalizie, dal 15 dicembre al 15 gennaio. Inoltre nei mesi di maggio e ottobre vengono organizzati viaggi per permettere alle famiglie ospitanti di recarsi in Bielorussia a far visita ai bambini nei luoghi in cui abitano quotidianamente per scoprire come vivono nel proprio ambiente, imparare a conoscerli meglio e aiutarli anche sul posto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


«L’Italia è stata uno dei primi Paesi a preoccuparsi delle gravi ripercussioni del disastro – ci spiega il fondatore e presidente del Gruppo, il 51enne Francesco Bia -. All’inizio però l’accoglienza dei minori sul nostro suolo non è stata semplice a causa della riluttanza del governo filo-sovietico. Poi la strada è stata spianata e io sono stato uno dei primi a ospitare una piccola bielorussa a Bari».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Quella bambina oggi ha 27 anni ed è diventata la figlia adottiva di Francesco. E il suo non è l’unico esempio nell’associazione. In genere si fa in modo che ogni famiglia ospiti sempre lo stesso bambino per poter creare un rapporto più stretto e un’intimità che altrimenti andrebbe dispersa. Questa continuità ha poi indotto molte famiglie a passare dall’accoglienza all’adozione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Nonostante la dimostrata, pur se minima, permanenza di elementi radioattivi – spiega il presidente - la problematica maggiore per i figli di coloro che erano presenti durante la catastrofe, è un’altra: i gravi problemi di salute mentale».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La deportazione forzata e quasi immediata di circa 300mila persone ha infatti prodotto stress, ansie e paure che sono sfociati in alcolismo e disoccupazione. Ecco perché tanti bambini sono stati abbandonati e ancora oggi vivono in situazioni di estrema indigenza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Noi non ci siamo mai fatti pubblicità né abbiamo mai chiesto sovvenzionamenti a nessuno  - conclude Francesco - ci basiamo unicamente sulla nostra forza e sulle donazioni. Ma abbiamo necessità di aumentare sempre più il numero di associati perché ci sono ancora 100mila bambini soli e in gravi condizioni che hanno bisogno di tanto aiuto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qui il sito dell'associazione.


© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita



Scritto da

Lascia un commento


Powered by Netboom
BARIREPORT s.a.s., Partita IVA 07355350724
Copyright BARIREPORT s.a.s. All rights reserved - Tutte le fotografie recanti il logo di Barinedita sono state commissionate da BARIREPORT s.a.s. che ne detiene i Diritti d'Autore e sono state prodotte nell'anno 2012 e seguenti (tranne che non vi sia uno specifico anno di scatto riportato)