di Mimma Guagnano

I camerini dei negozi. «Ci troviamo di tutto: bisognini, sangue e sperma»
BARI - «La scienza che studia i fenomeni della società umana è la sociologia o almeno così voglio farci credere. Ebbene, ci hanno mentito: sono i grandi magazzini. Lavorare come commesso in un centro commerciale vale molto di più di una laurea in scienze sociali». Parola del 43enne molfettese Angelo: commesso, un lavoro che probabilmente misura il grado di inciviltà di una popolazione meglio di qualunque altra indagine statistica.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Aprire le tende del camerino per andare a risistemare lo spogliatoio utilizzato dai  clienti, per un commesso è molte volte come scartare un pacco regalo, con una sorpresa che non è quasi mai gradita: ci si trova di tutto. E se in un altro articolo vi abbiamo parlato dei commessi “snob” dei negozi di lusso di Bari, questa volta ci mettiamo dalla loro parte e diamo loro la parola per raccontarci i retroscena del loro mestiere.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«I clienti ne combinano di tutti i colori – ci dice Enza, commessa in uno dei più conosciuti centri commerciali del barese –. Posso comprendere le donne che usano il camerino per allattare quando magari non riescono a trovare un  posto altrettanto discreto, ma dover pulire la pipì che le mamme fanno fare per terra o nelle bottigliette di plastica ai loro bambini è esasperante». «E vogliamo parlare della puzza di piedi o del tanfo acido di ascelle lasciato sui capi? -  aggiunge Pasqua, ex commessa in uno dei negozi del centro di Bari –.  Noi abbiamo sempre l’obbligo di disinfettare, ma solo l’idea di entrarci per noi commessi è rivoltante».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Angelo è impiegato invece in un grande negozio di Roma. Un’altra città d’Italia, ma con le stesse “abitudini” di Bari. «Mi è capitato più di una volta di scorgere signore mentre i loro bisognini all’interno dei camerini scambiandoli per toilette – afferma il giovane -. Per non parlare poi di quelle simpaticone che in pieno “ciclone mestruale” ci portano a conoscenza delle loro condizioni provando pantaloni bianchi aderenti». Quello delle mestruazioni è un tema ricorrente, come ci confermano anche le altre due ragazze. Raccontano di assorbenti sporchi lasciati sul pavimento e di capi sporcati perché provati senza usare le dovute cautele.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma quelle di sangue non sono le uniche macchie che i nostri amici trovano su abiti e tende dei camerini. Pare infatti che lo sperma sia non raro da dover “ripulire” visto che nel camerino si consumano atti sessuali più facilmente di quanto si possa pensare. «Ho incontrato anche “Romeo e Giulietta” dei tempi nostri – ironizza Angelo - che colti da passione improvvisa hanno deciso di accoppiarsi selvaggiamente nei camerini, lasciando a noi poveri disgraziati il frutto del loro amore, ovviamente su dei pantaloni».   

E se parlare di sesso nei camerini può sembrare anche divertente, non lo è quando si tratta di molestie, perché un commesso, specie se donna, è costretto ad aspettarsi cose molto “strane”. «Una volta - ricorda Pasqua - un cliente mi chiese di passargli di volta in volta i jeans che misurava, porgendoglieli all’esterno della tenda.  A un certo punto tardava ad uscire per cui nell’intento di controllare che andasse tutto bene mi sono avvicinata al camerino: e in quel momento lui è uscito completamente nudo e mi ha mostrato il suo membro. I maniaci e i furti sono all’ordine del giorno. Per questo a un certo punto non ce l’ho fatta più e anche se mi pagavano molto bene ho lasciato questo lavoro».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Quella dei furti è una prerogativa soprattutto dei grandi magazzini, dove il numero di clienti è maggiore ed è difficile tenere sempre tutti sotto controllo.  Nei camerini ad esempio vengono trovati a volte capi strappati nel tentativo di staccare loro l’antitaccheggio, oppure alcuni di questi completamente rotti a riprova del furto riuscito. «Troviamo sistemi antifurto tolti dai vestiti grazie probabilmente all’utilizzo di attrezzi specifici che nessuno per ora ha individuato – ci dice Enza –. A volte lasciano lì i loro abiti vecchi e sporchi (che noi dobbiamo raccogliere e buttare via) ed escono con indosso i vestiti scelti in negozio. Noi non possiamo fare molto specie se il personale non è numeroso e non ci sono telecamere. Abbiamo individuato alcuni personaggi ormai noti al nostro occhio vigile e riusciamo a tenerli sotto controllo. Quando ci accorgiamo o abbiamo il sospetto di qualche furto, usciamo con loro tenendo in mano un antitaccheggio, così l’allarme suona e la security può intervenire chiedendo loro di aprire la borsa».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La flagranza è l’unica situazione in cui  il personale può intervenire e bloccare il cliente in attesa della vigilanza. «Una volta una signora ha aperto una busta e ci ha infilato dentro una fila di abiti svuotando un intero stand - ricorda Pasqua -. Un’altra poi ha nascosto nella borsa una quantità enorme di maglie firmate, me ne sono accorta perché non aveva chiuso bene la cerniera. L’ho bloccata e le ho chiesto di aprirla, il suo imbarazzo è stato talmente grande che si è fatta la pipì addosso ed io ci sono stata malissimo. In questi casi avrei dovuto avvertire il titolare, ma di solito io mi commuovevo e le lasciavo andare. Quella signora ad esempio aveva l’età di mia madre».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Agli esordi della mia carriera – conclude Angelo - non avevo la minima idea di cosa mi aspettasse, ma pian piano è arrivata l’illuminazione. Tutto ciò grazie ad un arzillo vecchietto ultrasettantenne che un giorno ha deciso di acquistare da noi una maglietta gialla taglia small decorata con paillettes. La maglietta non era per la sua nipotina, bensì per sé e aveva deciso di indossarla subito dopo averla pagata. Quello del vecchietto è stato il più simpatico e innocuo fra i tanti episodi meno leggeri, che narrano ad esempio di turisti accampati per terra davanti ai camerini a far merenda con panini e birre o mamme assetate di saldi costringere le proprie figlie taglia XL ad infilare dei jeans taglia S facendole sdraiare per terra all’urlo di “spingi, spingi! Devi spingere!”, solo perché costavano 7,99 euro.  Ma noi, commessi e cassieri dobbiamo rimanere impassibili. Per professionalità e soprattutto per difesa».


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