di Alessia Schiavone

L'homebrewing, produrre la birra in casa: «Più genuina ed economica»
BARI- Hanno a che fare quotidianamente con pentole e fornelli, sperimentano ricette in garage e scantinati, trasformano amidi in zuccheri e il controllo della temperatura è il loro chiodo fisso. Non sono cuochi né tantomeno scienziati, ma "homebrewers" o, detto più all'italiana, "quelli che producono la birra in casa".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Si tratta di una pratica che si è diffusa in Italia soprattutto negli ultimi anni, considerando tra l'altro che è diventata legale solo nel 1995 e consiste letteralmente nel preparare il malto, trasformarlo in mosto, aggiungere il luppolo (la pianta che dà l’aroma) e lasciare fermentare la bevanda fino a quando non sarà pronta per essere imbottigliata. E il tutto nella propria casa e senza l'ausilio di macchinari super-tecnologici. (Vedi foto galleria)
 
Potrebbe sembrare un processo complesso, in realtà è accessibile e alla portata di tutti. Ci sono essenzialmente tre metodi per produrre la birra casalinga, che variano per difficoltà e risultato finale: il kit, l' E+G (estratto più grani) e l'all grain (tutto grani).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il primo metodo, il più semplice ma un buon punto di partenza per chi si approccia a questo mondo, è quello del "kit". «Si tratta di un set completo di tutto il materiale necessario, acquistabile per la cifra di 100 euro - spiega il 23enne barese Francesco che ha provato a fare la birra in casa assieme alla fidanzata Elizabeth-. Lo si acquista principalmente su internet e comprende accessori per la fermentazione, per l'imbottigliamento e un barattolo di estratto di malto già pronto per l'uso che va semplicemente cotto e diluito in acqua e poi messo a fermentare con l'aggiunta del lievito. Di solito si riescono ad ottenere circa 23 litri di bevanda».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il secondo metodo, l’E+G, molto simile al primo, consiste nel realizzare il mosto con l’estratto di malto a cui però bisogna aggiungere grani speciali che conferiscono al prodotto finale particolari caratteristiche (un certo colore o un determinato sapore), il luppolo e infine il solito lievito. In aggiunta al semplice kit, bisogna possedere qualche accessorio in più. Per esempio, occorre un numero maggiore di pentole proprio perché iniziano a esserci più passaggi da eseguire.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L'”all grain” invece è decisamente più complicato e dispendioso in termini di attrezzatura. Si tratta del metodo utilizzato dai birrifici professionali e che gli homebrewer riproducono in miniatura nelle proprie case. Si ha a che fare direttamente con le materie prime e ci si prende cura della birra in ogni sua fase (da quando è semplicemente acqua fino a quando diventa una bevanda alcolica). L'estratto delle prime due tecniche viene sostituito dal malto in grani che va macinato e trasformato in mosto attraverso la cottura. Poi viene filtrato, bollito insieme con il luppolo e infine fatto raffreddare di solito con delle serpentine. Solo a questo punto è possibile avviare la fase della fermentazione con l'aggiunta del lievito che trasforma gli zuccheri del mosto in alcol. Dopo alcuni giorni la birra sarà pronta per essere imbottigliata, anche se per assaggiarla bisognerà aspettare ancora 2-3 mesi: la nostra bevanda infatti ha bisogno di riposare al buio e di "maturare".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«L'all grain è molto impegnativo ma ti permette, con pochi euro in più, di produrre la tua birra personalizzata: è tutta un'altra cosa rispetto al solo utilizzo dei kit - sottolinea il 43enne homebrewer Giuseppe, di Palo del Colle - Io ho iniziato tre anni fa nella mia tavernetta. Sono partito da zero e ora sono arrivato a sperimentare anche le tecniche più complesse. Per esempio, mi occupo personalmente dei semi di orzo. Li faccio germogliare, essiccare, li tosto e infine li fiocco».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Qualsiasi sia però il metodo utilizzato occorre fissare in mente alcuni piccoli accorgimenti: precisione, pazienza e pulizia sono fondamentali per non correre il rischio di ritrovarsi nei propri bicchieri una bevanda dal retrogusto di muffa o dall'odore puzzolente. «La primissima volta fu un mezzo disastro - ammette il 25enne Alessio di Molfetta, che insieme con un gruppo di amici produce birra casalinga da circa 6 anni-. Non rispettammo passo per passo le istruzioni, volevamo vedere i risultati in fretta e furia e alla fine quello che andammo a stappare fu una totale schifezza. Per esempio, l'ambiente non rispettava le temperature previste per la fermentazione dei lieviti, tanto che abbiamo dovuto in seguito affittare una nuova stanza in cui la temperatura fosse sempre costante». A seconda del lievito utilizzato, occorre infatti una temperatura specifica che non deve subire variazioni. Distinguiamo per esempio la birra ad alta fermentazione (temperature comprese tra 16 e 23 gradi) e quella a bassa fermentazione (tra 4 e 10 gradi).  

Altra tappa obbligatoria è la sanitizzazione degli accessori con cui si entra in contatto. «Ho fatto la birra una sola volta ma il ricordo più traumatico di quella esperienza è stato proprio l'impegno necessario per la pulizia delle attrezzature - sottolinea il 23enne Gianfranco di Sannicandro -. Ho dovuto lavare a mano (una per una) sessanta bottiglie da 0,33 cl per i 25 litri di bevanda che avevo in fermentazione: ci ho impiegato tre pomeriggi di seguito per finire».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma perché farsi la birra in casa anziché comprarsi e bersi una “bionda” sul divano di casa o in un pub?  «Le birre commerciali vengono filtrate e pastorizzate per ragioni di controllo e sicurezza, tuttavia questi trattamenti impoveriscono la bevanda di tutte quelle proprietà organolettiche che la renderebbero un prodotto di qualità nettamente superiore – spiega il 35enne avellinese Salvatore -. Per questo una bevanda artigianale risulta più ricca di sapori, genuina e nutriente».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Salvatore, oltre a far parte di un'associazione ad hoc ("Southern Homebrewers"), ha addirittura aperto il canale youtube "Brewing friends" dove mostra e spiega le sue esperienze di birrificazione. Un ottimo tutorial per imparare, passo per passo, questa nuova arte e avvicinarsi sempre più al mondo della birra casalinga.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Ma oltre all'aspetto qualitativo c'è anche la questione economica. Per chi ama la birra di qualità e artigianale, è molto più conveniente, dal punto di vista economico, farsela in casa. A confermarcelo è ancora Alessio: «Con i primi due metodi, per ogni litro di birra si spende orientativamente sui 2 euro a fronte dei 5 euro che si spenderebbero per ogni bottiglia artigianale da 33cl». E con il metodo "all grain" il risparmio è ancora più evidente, visto che la materia prima costa di meno degli estratti già pronti (anche se bisogna fare un investimento iniziale sui vari attrezzi).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Se tanti sono i benefici e gli aspetti positivi dell'homebrewing, d'altra parte bisogna però fare i conti con alcuni inconvenienti che questa pratica comporta. Intanto ci si potrà ritrovare a dover combattere per il monopolio della cucina con mogli che minacciano il divorzio, ma soprattutto bisognerà essere disposti a dividere il proprio appartamento con un nuovo coinquilino alto e grosso che ha bisogno di cure e attenzioni: il mitico fermentatore.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

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