di Mina Barcone

''Treni della felicità'': quando i bambini del Sud furono spediti e salvati
BARI - Abbiamo parlato dei bambini che venivano “regalati” ai parenti da genitori che non riuscivano a mantenere famiglie troppo numerose. Oggi vi raccontiamo un’altra storia, molto simile. A illustrarla è Giovanni Rinaldi, scrittore di Cerignola, che nel 2009 ha pubblicato “I treni della felicità", un libro che parla dei tanti minori che, nell’immediato dopoguerra, furono spediti dal povero Sud Italia in Emilia Romagna, Marche e Toscana, per essere accolti da famiglie che li potessero vestire, curare e mandare a scuola.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In che anni ci troviamo?

Nel dopoguerra, dal 1945 al 1950. Furono dai 70 ai 100mila i bambini del Mezzogiorno che vennero affidati a famiglie del Nord, del reggiano, del modenese, del bolognese, a contadini che però se la passavano meglio rispetto alla povera gente del Sud Italia dilaniata dalla povertà e dai traumi della Seconda Guerra Mondiale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Come ha scoperto questa storia?

Tutto è iniziato quando il regista barese Alessandro Piva mi ha contattato per produrre un documentario sulla rivolta di San Severo che avvenne nel marzo del 1950. In quell'occasione furono arrestate circa 180 persone per un'insurrezione armata. Durante le ricerche un testimone (che negli anni 50 era un bambino), ci raccontò di come a molti suoi coetanei arrestarono i genitori durante quelle proteste. Così alcune donne del Partito Comunista decisero di dare una mano a questi fanciulli che furono messi su un grande treno diretto verso Ancona, dove diverse famiglie si offrirono di ospitarli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma parliamo dei soli bambini di San Severo?

No, continuando le ricerche, che sono durate 5 anni, ci siamo resi conto che furono migliaia i bambini che salirono su quelli che vennero definiti "I treni della felicità". Sono così andato alla ricerca di quelle storie, di quei "figli del Sud" vittime delle conseguenze belliche che non avendo più una casa dormivano nei pagliericci, negli angoli delle strade, in città che erano state fortemente danneggiate, come Cassino, Napoli o San Severo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Chi si occupò di organizzare i viaggi?

Si trattò di una vera e propria rete di solidarietà sostenuta dall'Udi (Unione donne italiane) e dal Partito comunista. E il Governo mise a disposizione i treni. Si formarono dei comitati nei comuni più disastrati, che stilavano liste nelle quali i genitori potevano inserire i nomi dei propri figli così da poter assicurare loro un posto su quei convogli. L’Emilia Romagna, le Marche e la Toscana furono le regioni più “accoglienti” perché lì era più  forte la presenza del partito comunista.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


I bambini venivano affidati a famiglie benestanti o che non avevano figli?

No, le famiglie ospitanti non erano famiglie ricche, parliamo comunque del dopoguerra e la povertà in Italia dilagava ovunque. Però dove si potevano sfamare due piccoli, se ne sfamavano anche quattro, così la famiglia d'origine poteva provvedere ai bambini più piccoli e riprendersi dai disastri della guerra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma poi i piccoli tornarono a casa vero?

La stragrande maggioranza sì, fece ritorno a casa. In tanti però continuarono ad avere rapporti con le famiglie ospitanti, attraverso lettere e dopo anni tornarono nei posti dove erano stati accolti. Dopo aver pubblicato il libro sono state diverse le persone che mi hanno contattato per essere aiutate: volevano ritrovare le famiglie che li avevano curati e di cui avevano perso i contatti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Quante testimonianze è riuscito a raccogliere?

Negli anni di ricerca sono riuscito a entrare in contatto con quindici di quei bambini, le cui storie sono raccontate minuziosamente non solo nel libro ma anche nel documentario “Pasta Nera” realizzato da Alessandro Piva nel 2011. C’è chi racconta di aver mangiato, al Nord, per la prima volta nella sua vita la carne. Chi era terrorizzato da quel viaggio, che poteva durare anche 36 ore e temeva di diventare "cibo per comunisti". Chi non voleva separarsi dalla propria sorellina o fratellino e così si finiva per essere presi entrambi dalla stessa famiglia. Insomma uno spaccato dell’Italia del dopoguerra che quasi stavamo per perdere, ma che grazie alle testimonianze di chi quei giorni li ha vissuti, possiamo oggi continuare a raccontare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il documentario “Pasta Nera” realizzato da Alessandro Piva nel 2011, che raccoglie le testimonianze dei bambini che viaggiarono nei “treni della felicità”:



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Mina Barcone
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  • Alfredo Giannantonio - E' un bellissimo articolo, e sia il libro di Giovanni Rinaldi ed il film di Alessandro Piva sono commoventi. Grazie a Mina Barcone!


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