di Barinedita

Maddalena, ricercatrice da Bitonto ad Harvard: «C'è chi premia il merito»
BITONTO – «La ricerca in Italia non è fatta solo di ''raccomandati'': nei centri di eccellenza vige un assoluto criterio meritocratico». Parola della 30enne Maddalena Delma Caiati (nella foto), ricercatrice scientifica, che nel giro di poco tempo si è ritrovata dai banchi di scuola di Bitonto, paese a ovest di Bari, a lavorare ad Harvard, una delle più prestigiose università americane.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Si tratta dell’ennesimo caso di “fuga di cervelli” dall’Italia, solo che Maddalena ha avuto la “fortuna” di riuscire ad essere prima apprezzata qui, da professori che hanno avuto il solo interesse, dice lei «di assumere gente in gamba». Ma qual è quindi il segreto? Come si fa a riuscire in un campo così difficile come quello della ricerca scientifica? Lo abbiamo chiesto a Maddalena.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qual è stato il primo fondamentale passo che ti ha portato al successo in ambito lavorativo?

Sicuramente l’essermi diplomata un anno prima rispetto al normale: ho infatti conseguito la maturità a soli 17 anni. Ero motivata da una curiosità bruciante che pian piano acquisì la forma di amore per la ricerca scientifica. Non avevo più voglia di aspettare, neanche un mese in più. Così decisi di studiare il programma del quinto anno di liceo da autodidatta mentre continuavo a frequentare normalmente il quarto. Chiaramente fu un periodo molto intenso ed impegnativo, ma al tempo stesso si rivelò una sfida entusiasmante, una di quelle esperienze che ti insegnano a credere nei sogni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E dopo il liceo?

Nel 2001 mi sono iscritta alla facoltà di Medicina e Chirurgia di Bari, dove è nata la mia passione per la neurologia e in particolare per la neurofisiologia. Dopo la laurea (conseguita nei sei anni accademici), motivata dall’amore per le neuroscienze, ho partecipato e vinto il concorso presso la Sissa (Scuola internazionale superiore di studi avanzati di grado post-universitario) di Trieste, dove ho conseguito il dottorato nel 2012, lavorando nel team guidato dal professor Enrico Cherubini.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Come sei riuscita ad entrare in una scuola così prestigiosa? Sei stata “aiutata” da qualcuno?

Ma no, ho fatto tutto da me. Le raccomandazioni in Italia esistono, ma rappresentano un cancro che affligge principalmente le Università. Nei centri di ricerca di eccellenza, come la Sissa di Trieste o la Normale di Pisa, è invece il criterio meritocratico a valere e viene applicato con assoluta serietà. Questi istituti di ricerca superiore hanno come sola priorità quella di mantenere alta la qualità della ricerca prodotta. Di conseguenza, al fine di restare competitivi sul piano internazionale, hanno interesse ad assumere solo gente in gamba.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


E poi il grande passo: Harvard…

Sì, terminato il dottorato a Trieste, grazie al mio percorso precedente e ai diversi premi conseguiti, tra cui l’Embo (European molecular biology organization), assegnato a 180 scienziati su 1700 partecipanti da tutto il mondo, sono riuscita a vincere una importante “postdoctoral fellowship”, una borsa di studio dedicata ai ricercatori internazionali. E ora lavoro nel laboratorio del professore Takao Hensch, ad Harvard, negli Stati Uniti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Da quanto tempo sei lì?

Da un anno e mezzo e dovrei rimanerci per altri 3-4 anni. Qui studio soprattutto i “periodi critici” dello sviluppo cerebrale, ovvero quelle fasi di “elevata plasticità” neuronale in cui l’individuo è maggiormente sensibile a nuovi stimoli e può di conseguenza apprendere più facilmente. La “perturbazione” dei cosiddetti periodi critici può rappresentare un fattore determinante nell’insorgenza di patologie neuropsichiatriche come l’autismo e la schizofrenia. Lo scopo del mio progetto di ricerca è quello di individuare i meccanismi coinvolti nell’alterazione dei periodi critici dello sviluppo cerebrale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma è proprio necessario andare all’estero a fare ricerca?

Mi piace associare la figura dello scienziato a quella di Ulisse: penso che “navigare” sia essenziale per chi faccia scienza. Ritengo sia fondamentale immergersi in realtà accademiche diverse da quella del proprio paese di origine, non solo per l’arricchimento tecnico-scientifico che ne deriva, ma soprattutto perchè il confronto con modi diversi di fare scienza consente di smussare e potenziare il proprio spirito critico, una qualità fondamentale per cercare di trovare risposte attendibili a qualsiasi “dilemma” scientifico. 

Quindi sei andata negli Stati Uniti solo per “arricchirti”? Non credi che l’Italia sia comunque un po’ indietro nel campo della ricerca rispetto ad altri Paesi?

Beh certo. Nonostante l’Italia offra in generale la possibilità di acquisire una formazione accademica eccelsa, manca la capacità di sfruttare in modo opportuno le proprie menti e soprattutto di attrarre nuovi cervelli dall’estero. Inoltre credo che non vi sia una politica di divulgazione scientifica adeguata, che consenta ai cittadini di capire il perché sia importante fare ricerca di base, quali siano le prospettive e quindi perché la si debba finanziare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qual è la più grande differenza tra il metodo di lavoro “americano” e quello italiano?

Negli Stati Uniti sacrificare spesso weekend e vacanze o lavorare fino a notte fonda è considerata la normalità. In Italia invece spesso si tende a considerare l’“hard work”, il lavoro intenso, un’anomalia. Credo che tra i due Paesi sia questa la differenza più marcata: la diversa etica lavorativa.


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  • BEPPE - L'Italia purtroppo è un posto solo per politici "truffaldini", il resto non interessa, peccato perchè con le nostre pecularietà, il nostro talento, la fantasia e chi più ne ha ne metta, sarebbe davvero: UN GRANDE PAESE!
  • Luigi - Congratulazioni a Maddalena
  • ana albu - spero e prego tanto maddalena che fai di tutto per bambini autistici
  • Victoria Safiulina - i dont know what is doing Caiaty in Harvard and in science. At least in two projects idea and work was stolen.This person is not able to do nothing by herself.


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