di Raffaella Ceci

''Efféss, Asatt, A sc'mn't'': viaggio nel gergo made in Triggiano
TRIGGIANO – “Efféss, Asatt, A sc'mn't?”. Se è vero che ormai i paesi che fanno parte dell’hinterland barese stanno perdendo sempre più la propria identità culturale, diventando nei fatti quartieri aggiunti al capoluogo, è vero anche che ci sono alcuni tratti tipici, soprattutto linguistici, che nessuna “globalizzazione” potrà mai cancellare. In questo articolo parliamo di Triggiano, paese di 27mila abitanti che si trova a meno di 10 chilometri a sud-est di Bari (vedi foto galleria).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«A Triggiano non ci sono pub, cinema, parchi e per le uscite serali siamo sempre costretti a raggiungere Bari: alle 21 sembra esserci il “coprifuoco”, il paese diventa deserto», afferma il 35enne triggianese Giovanni Carbonara. «Appena entri in questo paese, trovi tante case ammassate, senz'aria, senza un po’ di terra per far crescere un albero o per piantare un fiore», è il giudizio del poeta triggianese Piero Quassia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Eppure se anche Triggiano sta sempre più diventando un quartiere dormitorio al “servizio” di Bari, è vero anche che il suo “gergo” continua a rimanere immutato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tra le espressioni tipiche regna “Efféss”, per indicare, come spiega Salvatore Capotorto collaboratore dell’associazione di promozione sociale “Metropolis” «stupore per un’azione compiuta da una persona, ma anche per rafforzare un proprio pensiero».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E quindi se chiedete a un triggianese per esempio “ti ho fatto male?”, non vi risponderà “sì”, ma partirà direttamente con un bell’“Efféss!”, per sottolineare il suo disappunto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Al contrario invece “Asatt” «indica che sei una persona “fatta bene” o che la cosa che stai facendo o dicendo è giusta», spiega Giovanni. E quindi se chiedete a un triggianese “ti è piaciuta la cena?”, vi risponderà senza alcun dubbio “Asatt”, per indicare che è stata di suo gradimento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Molto utilizzato anche “A sc'mn't?” (sei scemunito?), quando si vuole sottolineare un atteggiamento sbagliato da parte di qualcuno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Tipico poi è l’inserimento del verbo alla fine di una frase interrogativa, aumentando, attraverso il tono, il suo valore. Esemplare è la frase “Di Triggiano sei?” «derivante probabilmente - secondo il triggianese Vito Converso - dalle influenze siciliane dovute agli scambi commerciali».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sempre Vito ricorda che «tipiche nella cittadina sono le frasi ”Lass sta' a cud, nun v't che ten 'a sust?” e “A la leng lord fang a sord”, che significano rispettivamente “lascialo stare a quello, non vedi che è scocciato?” e “quando uno parla male, fai finta di non sentire”».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E ancora oggi si usano frasi dialettali per indicare luoghi tipici del territorio. «Rèt’ a û larjûn’; Rèt’ a mînz’ m’îgl’jon’; Rèt a û càpp’llœn’; Rèt a terr, espressioni che significano rispettivamente “dietro lo slargo”, “dietro mezzo miglione”, “dietro il cappellone”, “dietro la terra", dove la "terra" è il fulcro del centro storico di Triggiano», sottolinea Piero Quassia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Insomma il gergo e il dialetto triggianese resistono all’avanzata barese. Un po’ meno, come detto, l’identità culturale e l’economia. «Fino agli anni 60 - ricorda Piero – a Triggiano c’erano molti frantoi, una fabbrica di confetti  e una di biscotti. In quegli anni avevamo due prodotti tipici: il castagnaccio e  il sanguinaccio. Per quest’ultimo, vicino la Chiesa di Santa Lucia, c’era una vecchietta che si metteva per strada con un pentolone di sangue cotto fumante. Faceva un cartoccio con la gialla carta da forno, inseriva il sanguinaccio e lo distribuiva agli acquirenti. Negli anni queste tradizioni sono venute meno. Ora il paese è pieno zeppo di supermercati».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Piero Quassia ci lascia con i suoi versi, nostalgici ma non privi di speranza: «Triggiano mia, quando verrà il giorno, in cui dimostrerai, di essere capace, di fare di questo paese nostro un bel giardino?».

Non resta che rispondergli: Efféss...Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

 
Nel video Piero Quassia ricorda le zone del paese in dialetto triggianese:


 


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