di Domenico Andrea Schiuma

Piccoli esperantisti crescono: la
BARLETTA - Malbona, kokido, glata, ovvero “cattivo”, “pulcino” e “schietto”. Quelle appena citate non sono parole prese dal giapponese o dallo slavo, ma dal vocabolario di Esperanto, la lingua franca internazionale creata nel 1887 mescolando vocaboli derivati per la maggior parte da latino, italiano, francese, russo, tedesco e inglese. L’intento del suo inventore, il medico polacco Ludwik Lejzer Zamenhof, era quello di favorire la comunicazione tra persone appartenenti a culture diverse attraverso l’uso di parole e regole semplici e veloci.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’ambizione di Zamenhof fu però rapidamente soppiantata dalla veloce egemonia prima del Francese e poi dell'Inglese, da decenni utilizzati tra persone di differente lingua madre. Tuttavia ancora oggi resistono piccoli gruppi e federazioni che andando controcorrente cercano di favorire la diffusione della “lingua di tutti”. Uno di questi si trova a Barletta: si chiama "Gruppo esperantista defio” e aderisce alla Federazione italiana esperanto (che ha sede a Milano e conta circa duemila iscritti).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Siamo attratti dall’idea di utilizzare una lingua che di fatto non appartenendo a nessuno mette tutti sullo stesso piano», ci dice il presidente del “club” barlettano, il 31enne Edoardo Nannotti, che assieme agli altri nove soci tempo fa ha organizzato un “Esperantago”, una sorta di raduno al quale hanno partecipato persone da tutta la Puglia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Attraverso il loro studio e loro attività questi giovani sperano così di poter riportare in auge un sogno che di fatto non si è mai realizzato, quello di diffondere una lingua “ponte” in grado di connettere i popoli eliminando le barriere linguistiche.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Ma la domanda sorge spontanea: a questa funzione non assolve già l’Inglese? Ci risponde un altro membro del gruppo, il 19enne Gianluca Civita. «L’Inglese ci è stato imposto – sottolinea -. Nella storia è sempre stato così: i paesi più forti, militarmente o economicamente fanno in modo di imporre il proprio idioma come quello internazionale. Il che non è giusto, anche perché il rischio è che l’Inglese possa a un certo punto soppiantare e distruggere gli idiomi delle realtà più piccole».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’Esperanto invece non viene visto come una lingua “straniera”, ma come un idoma neutrale e quindi rispettosa delle tante culture di tutto il mondo. «E poi è facile – sottolinea Gianluca -. In un mese si riesce ad apprendere il minimo indispensabile per tenere una conversazione».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Insomma questi ragazzi non mollano. «Sì anche perché nel nuovo millennio c’è stata una nuova ondata di interessamento nei confronti dell’Esperanto, dovuta soprattutto a internet e alla possibilità di viaggiare maggiormente con i voli low cost -  avverte Edoardo -. Le pagine facebook dedicate alla lingua si arricchiscono ogni giorno di nuovi fan e il corso di esperanto su smartphone sta avendo molto successo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Perché l’Esperanto estas nemortigebla, l’Esperanto non morirà mai.


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