Tina, presidente dell'Altamura: «Nel calcio per diffondere valori. Peccato per Barletta»
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lunedì 2 gennaio 2017
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di Luca Carofiglio e Andrea Gigante
Quando è diventata presidente?
E’ iniziato tutto tra il luglio e l’agosto del 2015 quando mi è stato proposto dalla nuova società appena costituita di assumere la carica di presidente dell’Altamura. Conoscevo molto bene i soci: siamo tutti amici di vecchia data e portiamo avanti da tempo una onlus che si occupa della tutela dei diritti umani e civili dei disabili. Ho pensato che prendere in gestione il club potesse servire a portare avanti i nostri progetti condivisi, diffondendo la cultura attraverso lo sport. Penso infatti che se si vuole diffondere un messaggio il calcio possa essere più efficace di tanti convegni e incontri.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’ambiente come ha risposto alla sua nomina?
Nonostante la mia sia una famiglia di pallavolisti, i miei figli seguono il calcio proprio come molti ragazzi della loro età e per questo sono stati subito entusiasti della notizia. Per quanto riguarda i tifosi e i calciatori, da loro sono stata accolta con calore e passione. E a parte un episodio a Barletta, anche le tifoserie delle altre squadre sono state educate e accoglienti durante le trasferte.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Può spiegarci che cosa è avvenuto a Barletta?
Il 23 ottobre scorso eravamo lì per una trasferta. Mentre attraversavo il campo per raggiungere il mio posto in tribuna sono passata sotto la curva dei padroni di casa. Ebbene, sono stata travolta da cori che mi attribuivano il comune epiteto utilizzato per offendere una donna. Gli insulti sono andati avanti per tutto il corso della partita e sono aumentati dopo il triplice fischio quando la rabbia degli ultras avversari, scontenti del pareggio, era cresciuta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In che modo ha reagito?
Ho presentato una denuncia penale, non tanto per i cori ma per le parole dello staff e della sicurezza dello stadio: non hanno dato il giusto peso agli insulti sostenendo che si trattasse di una cosa normale. Ho deciso di rivolgermi alla Giustizia per dare un forte segnale di cambiamento: il calcio deve capire che questa non è e non può essere la “normalità”. È stato dato un cattivo esempio anche ai tanti bambini presenti. Peccato. La domenica successiva però i miei calciatori sono scesi in campo indossando magliette con su scritto “io sono Tina”: un modo per ricordare quello che non deve essere questo sport.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Come donna che cosa pensa di poter offrire al calcio?
Una donna può porsi in maniera più gentile rispetto agli uomini, sensibilizzando il mondo del pallone con i propri modi e comportamenti. Proprio alcuni giorni prima della triste trasferta di Barletta abbiamo posizionato nello stadio una panchina rossa: volevamo manifestare contro la violenza sulle donne. E’ uno dei tanti messaggi che vorrei continuare a dare nel corso della mia presidenza, portando avanti valori che permettano, anche in un ambiente maschile come quello del calcio, l’avvicinamento tra due mondi spesso lontani: quello degli uomini e quello delle donne.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Luca Carofiglio
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Scritto da
Andrea Gigante
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