di Salvatore Schirone e Marianna Colasanto - foto Antonio Caradonna

Bari, la ''contrada Padreterno'': un'antica zona di Carrassi che profuma di sacro
BARI – Sembra una delle tante edicole votive sparse nelle vie della città, ma a guardarla attentamente ha qualcosa di inusuale e unico: non è dedicata a qualche santo, ma a Dio "in persona". Parliamo del bassorilievo del “Padreterno”, simbolo di una zona del quartiere Carrassi di Bari che ha tanto da raccontare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qui infatti fino agli anni 70 finiva la città e ci si trovava in un’area rurale immersa nella campagna: una vera e propria contrada che prendeva il nome di “Padreterno”, in onore dell’antica edicola suddetta, unico ricordo rimasto di un’antica chiesa omonima.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La zona in questione è quella attualmente compresa tra viale Papa Giovanni XXIII, via Giulio Petroni, viale Kennedy/Einaudi e viale della Costituente. Siamo andati a visitarla. (Vedi video)

Il punto di partenza del nostro giro è l’angolo tra viale Papa Giovanni XXIII e corso Alcide de Gasperi. Alle nostro spalle si trova il nucleo storico del rione Carrassi, di fronte a noi si erge invece il muro perimetrale del carcere. Proprio in questo punto, fino al 1967, sorgeva il mitico Campo degli Sports, considerato uno dei più importanti e meglio attrezzati del Sud. Si estendeva fino a via Giulio Petroni, all’epoca via Vaccarella. Fu inaugurato l’8 dicembre del 1925 per ospitare tra l’altro le partite dei Galletti impegnati nel campionato di  “Divisione Nazionale”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E’ arrivato ora il momento di immergerci nella “contrada” entrando attraverso corso Alcide de Gasperi, la vecchia corso Sicilia, via che arriva fino a Carbonara dopo aver costeggiato numerose ville in stile liberty. Sulla nostra destra ecco il rosso ingresso dell’istituto penitenziario “Francesco Ricci”. La sua costruzione risale al 1914, ma incominciò a ospitare i detenuti solo dal 1926, quando il Castello Svevo fu dismesso dalla sua funzione di carcere.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Poco oltre, sulla sinistra, ecco uno dei simboli del quartiere: l’antico palazzo Zippitelli, sulla cui decorazione in ferro battuto dei portoni è ancora leggibile la data di costruzione: 1931.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’edificio si sviluppa su due torrioni laterali che danno alla struttura la parvenza di un piccolo castello, con le sue lesene e la facciata leggermente aggettante. «Vivo qui da trent’anni - ci racconta il 90enne Antonio Pavone, che incontriamo proprio mentre esce di casa –. Ho ereditato l’appartamento da mio zio, che durante la Guerra fu però cacciato dagli Alleati inglesi che gli espropriarono la casa».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il palazzo porta con sé due importantissimi segni della storia di Bari. Il primo ha a che fare proprio con il conflitto mondiale. Si tratta di un cerchio con la lettera “R” e una freccia con la dicitura “Podgora 41”: indica il vicino rifugio antiaereo all’epoca situato nella via omonima. Il secondo è una grande insegna in stampatello con su scritto: “Bari”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

È quello che oggi chiameremmo un cartello di località: in questo punto infatti iniziava la città. E chi da Carbonara giungeva all’altezza dell’edificio, sapeva di essere arrivato nel capoluogo pugliese. Prima si era invece in campagna, in contrada Padreterno per l’appunto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Superata sulla destra via Cagnazzi, dove si trova l’autorimessa comunale che da anni attende di diventare la biblioteca di quartiere, facciamo un salto in via Monte San Michele, per visitare un elegante e bianco villino in stile liberty coronato da due colonne con capitelli in stile corinzio. Il secondo piano è poi caratterizzato da cornicioni sui quali svettano volti e figure apotropaiche. Si tratta di una delle case nobili di campagna che un tempo caratterizzavano la zona.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Altra traversa di corso Alcide de Gasperi è via Maranelli, strada contrassegnata da un inedito vicolo dove ci passa a malapena una persona. E’ forse il passaggio più stretto della città nuova: uno strano interstizio colorato da murales lasciato tra due costruzioni attigue. Il budello sbuca su via Morea, strada che porta alla parrocchia di Santa Maria Maddalena, più conosciuta come chiesa di “Goldrake”, per via della sua forma che ricorda la rampa di lancio del famoso robot.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ritorniamo ora sull’alberata corso Alcide de Gasperi. Un particolarità: siamo in una zona che negli anni 90 ospitava numerose piccole discoteche, come lo Space e il Vibes anche conosciuta in passato con i nomi di Stravinsky, Rainbow e Mickey Mouse.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ed eccoci finalmente al civico 272, lì dove sorge la nostra edicola. È incastonata in alto su una parete di recinzione di un complesso residenziale che si estende per tutto il grande isolato sulla nostra destra. Nella nicchia protetta da un vetro si trova il bassorilievo del Padreterno, raffigurato con la barba lunga e bianca e dei paffuti angioletti intorno. Nella cultura cristiana non è facile trovare una raffigurazione di Dio: di solito sono Gesù, la Madonna e i santi a essere ritratti, non il Creatore in persona.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un’epigrafe porta la data di erezione: 1894. E’ l’anno in cui fu fondata anche l’omonima chiesetta che inglobava l’edicola, ora scomparsa. Una vecchia foto di inizio Novecento ce la mostra con un campanile a vela e questo grande altarino, quasi un tempietto, inserito in un muro di forma rettangolare. (Vedi foto galleria)

Non conosciamo chi si prenda oggi cura dell’altare, arricchita sempre da fiori freschi e ceri nuovi. Una signora del condominio attiguo ci dice che si tratta di un messo comunale. Di certo il sito è molto frequentato. «Ogni sera c’è un ragazzo di colore che si ferma davanti al bassorilievo a pregare e a intonare canti – ci dice la 56enne Anna, proprietaria del bar di fronte -. Non manca mai, che sia bello o cattivo tempo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’aura di fede che avvolge questa edicola ci accompagna fino alla fine del nostro viaggio. Superata sulla destra una graziosa piazzetta con delle panchine gialle, prima di arrivare in viale Einaudi troviamo altri due siti religiosi, uno di fronte all’altro.  

Sulla sinistra si erge il grande complesso del Seminario diocesano, lì dove dal 1953 si formano i futuri sacerdoti. Ospita al suo interno la parrocchia del Buon Pastore. Sulla destra vi è invece l’austero Istituto Sacro Costato, che un tempo fu la storica Villa Ombrosa. Oggi qui vivono delle suore e la struttura accoglie un asilo nido e una scuola per l’infanzia. Ammiriamo la facciata superiore, bianca e gialla, che presenta una curiosa finestra circolare e il balcone con al centro una maschera apotropaica che raffigura un leone che protegge i bambini e le suore da presenze maligne.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo così arrivati alla fine del nostro viaggio in una zona di Bari ormai dominata da nuovi palazzi, ma che al suo interno nasconde simboli che mantengono ancora oggi un forte valore storico e soprattutto, profumano di sacro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)

Nel video (di Gianni de Bartolo) la nostra visita alla “contrada Padreterno”:


 


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  • Maria Borgi - Grazie per i vostri articoli, non solo sempre precisi nelle ricostruzioni ma anche ricchi di vicende ed anneddoti che ci fanno conoscere , o riscoprire ed ammirare con occhi nuovi ,ia nostra terra
  • Francesco Bonacolsi - All'inizio degli anni '60 la ricorrenza del 2 novembre era molto sentita dai baresi, tanto che in prossimità di quella data si provvedeva alla costruzione e installazione di un sovrappasso in legno, che doveva superare la sede carrabile, in corrispondenza dell'incrocio tra Via Crispi e Via Brigata Bari al fine di permettere alla moltitudine dei cittadini di potersi recare a piedi al Cimitero in sicurezza e senza incorrere nei pericoli del traffico degli automezzi che in quegli anni iniziava a diventare intenso e pericoloso. Non riesco a trovare nessuna documentazione, nemmeno fotografica, di quelle costruzioni sopraelevate temporanee in legno: potete svolgere anche voi qualche ricerca? Grazie e complimenti vivissimi per la pubblicazione.
  • Francesco Quarto - di fronte all'edicola (sarebbe interessante scoprire l'autore del rilevo in pietra che mi pare di raffinata fattura), anzi più precisamente all'edificio del seminario vi è una villa che ospita le suore del sacro costato, e che è stato raffigurato nell'album fotografico. Dovete sapere che qualche anno fa furono fatti lavori di ampliamento di una facciato della ex villa e in quella occasione fu eliminata una curiosa e intrigantissima figura: il busto di una giovane donna con una acconciatura fin de siecle (dicannovesimo/ventesimo) che reggeva una lampada. una figura di una leggerezza e leggiadria che mi incantavano ogni volta che passavo di lì e che faceva da pendant con i due minacciosi leoni che ornano - tuttora - la corta scalinata di accesso. Credo che sia una perdita irreversibile di un decoro e di un gusto dell'architettura ora del tutto scomparso nelle brutte strutture urbanistiche cittadine. saluti francesco quarto ps: una sera effettuai uno scatto della fanciulla ma vuoi la scarsa luci vuoi la mia imperizia come fotografo il risultato fu deludente, ma ancora non mi perdono di aver così perduta almeno una testimonianza dell'antico stato di quella villa.


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