di Annarita Correra

Palazzi liberty ingabbiati da binari e sottopassi: è l'elegante ma degradata via Tunisi
BARI – E’ una via brevissima, ma racchiude in pochi metri la storia di due tra i più bei palazzi in stile liberty della città, costretti però a convivere con il continuo via vai dei treni e con un sottopasso pedonale di recente costruzione buio e sporco.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E’ via Tunisi, misconosciuto lembo di Bari che taglia via Emanuele Mola, la strada che da via Capruzzi porta al rione Madonnella. Qui, prima di entrare nel passaggio sotterraneo che permette l’attraversamento dei binari della ferrovia, sulla destra e sulla sinistra si aprono due vicoli ciechi che prendono entrambi il nome della città africana che si affaccia sul Mediterraneo. (Vedi foto galleria)

E su questi due tratti di asfalto sorgono come detto due degli edifici più antichi di tutta Bari, dotati di quelle splendide e tipiche decorazioni dei palazzi del murattiano e del quartiere Umbertino. Solo che qui non siamo tra le vie eleganti del centro, non ci sono negozi e il mare è lontano: al contrario ci troviamo in un pezzo di terra stretto tra il trafficato estramurale e i binari della ferrovia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Quel che ne esce è un evidente costrasto tra l’armonia e l’eleganza da una parte e il rumore e il degrado dall’altra. Parliamo di degrado perché da quando nel 2013 si è deciso di eliminare (giustamente) il passaggio a livello che si trovava su via Emanuele Mola, la zona ha cominciato a convivere con il problema del sottopasso. L’opera, inaugurata appena due anni fa, sembra essere già diventata il rifugio ideale per chi necessita di espletare i propri bisognini o bucarsi lontano da occhi indiscreti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per entrare in questa “terra di mezzo” barese, basta imboccare come detto via Mola. Prima di arrivare in via Tunisi però si trova sulla destra l’ancora più breve via Beltrani, un vicolo cieco che porta a un cancello che dava accesso a quel palazzo rosso sgomberato nel 2012  dopo essere stato occupato per un anno da immigrati e italiani indigenti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Subito dopo sulla destra ecco il primo pezzo di via Tunisi: una strada chiusa sul quale si erge al civico n.1 il primo splendido palazzo, il cui ingresso è situato sotto una piccola loggia. Di tre piani e color rosa, fu costruito nel 1920, così come si legge in numeri romani sul cartiglio sorretto da due puttini in pietra e posto sopra una testa di donna circondata da margherite e festoni. A sostegno dei balconi ci sono poi mensole decorate con mascheroni che danno alla palazzina un tocco di monumentalità e raffinatezza. Tra le figure presenti spicca una testa di leone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Incontriamo la 60enne Anna che abita qui dal 1998 e che ci invita ad entrare nel suo appartamento situato al primo piano. Ci affacciamo al balcone dal quale si ha una vista completa dei binari della ferrovia. «Se qualcuno telefona e sta sfrecciando un treno non si sente nulla - si lamenta la signora -. E poi c’è la polvere che si alza al passaggio dei treni che sporca i balconi e i panni stesi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Salutiamo a questo punto la donna e torniamo su via Mola per dirigerci sulla sinistra, dove si trova il secondo tronco di via Tunisi: un'altra strada chiusa che presenta al civico n.7 un palazzo rosso di quattro piani progettato nel 1915-1916 dall’ingegnere Pasquale Lo Foco e recentemente restaurato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anche qui ci troviamo in presenza di un edificio particolare, con un portone d’ingresso su cui compare un suggestivo mascherone apotropaico che ritrae un demone. Al primo piano vi è un lungo balcone diviso in tre parti, sorretto da mensole decorate con motivi floreali, mentre le finestre dell’ultimo piano sono impreziosite da teste medusee e altre motivi tipici dell’arte liberty che rendono tutto molto armonioso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Peccato che questa struttura si affacci sul muro di cinta dei binari, sormontato da vetri che i writers hanno “colorato” con scritte e graffiti. Qui si trova anche l’accesso al sottopassaggio, affiancato da un’ascensore. «Prima ci lamentavamo di aspettare molto tempo al passaggio a livello  - ci dice la 40enne residente Aurora – ma il risultato della sua eliminazione è stato un sottopasso perennemente sporco, buio e che fa davvero paura se lo attraversi di sera».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Aurora ci spinge a dare un’occhiata alle condizioni igieniche sia dell’ascensore che delle scale che portano al sottopasso. L’odore non è dei migliori e la polvere ricopre interamente il pavimento. La donna ci riporta anche in via Beltrami per farci notare come tra le sterpaglie spuntino siringhe, escrementi e rifiuti vari. Un “bagno a cielo aperto” come lo definisce la stessa signora.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Non ci resta a questo punto che percorrere l’ormai “famoso” passaggio sotterraneo. Ci ritroviamo in un tunnel effettivamente un po’ buio, anche se a rallegrare l’ambiente ci pensa un musicista di strada straniero che con il suono della sua fisarmonica ci accompagna fino all’uscita. Siamo ora su via Dieta di Bari e alzando la testa vediamo davanti a noi i tre palazzi dai tenui colori pastello: fieri, ma ingabbiati da un insieme di tralicci, muri e binari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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