di Cassandra Capriati

Zerocalcare,
KOBANE CALLING.  Genere: Reportage a fumetti; Autore: Zerocalcare; Anno: 2016; Editore: Bao Publishing; Pagine: 261.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Michele Rech noto al pubblico con lo pseudonimo di “Zerocalcare” è un fumettista romano che ha esordito pubblicando brevi racconti a sfondo autobiografico sul proprio blog. Nel corso degli anni l’autore si è affermato proprio grazie ad album che raccontavano storie legate alla sua vita quotidiana.  Con il suo ultimo lavoro “Kobane calling”, Zerocalcare esce però dal solito schema e si cimenta per la prima volta con un reportage.   

L’opera è incentrata sui due viaggi compiuti dall’autore in Rojava, una regione autonoma non riconosciuta a maggioranza curda che confina con Iraq, Siria e Turchia, nella quale chi ci vive abbraccia una forma di vita democratica che prevede il rispetto per ogni identità religiosa, di genere, linguistica e culturale. In questo territorio devastato dalla guerra, la città di Kobane in particolare è diventata il simbolo della resistenza curda contro l’Isis.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In “Kobane Calling”, il fumettista racconta dettagliatamente ricordi e sensazioni di questa sua esperienza, spinto dalla sua vicinanza alla causa curda, fornendo una visione diversa rispetto a quella dipinta dai media italiani: quella cioè di un mondo che nonostante sia in guerra, cerca di mantenere valori e rispetto per il prossimo. In cui i combattenti della resistenza curda si fermano comunque a seppellire i loro nemici, in cui le donne lottano, comandano villaggi, diventano sindaci.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Il fumettista racconta tutto ciò con lo stupore tipico di chi si ritrova catapultato improvvisamente in un ambiente che non gli appartiene, diverso da casa, da Rebibbia. Luogo a cui il fumettista è particolarmente attaccato, tanto che proprio per avere un pezzo del proprio quartiere sempre con sé, sceglie questa volta come suo accompagnatore immaginario il “mammut di Rebibbia”, al posto del tradizionale armadillo che da sempre ricopre il ruolo di coscienza di Zerocalcare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

 
Oltre che dallo stupore tutto il viaggio è permeato da sentimenti di paura, da dubbi e anche dall’entusiasmo dell’autore per la causa di questo popolo e dell’impresa che sta compiendo. D’altronde come si fa a non aver paura quando sai che l’Isis è proprio lì a due passi da te? Quando ci sono ancora le gabbie utilizzate per ardere vive le persone a testimoniarlo?
 
Il racconto scorre in maniera rapida e avvincente, aiutato dalla collaudata divisione in mini storie di poche pagine, che pur mantenendo una continuità, aiutano a non perdersi. Come anche aiutano i riassunti storici: compaiono a volte nell’arco del racconto e fanno comprendere in maniera semplice e immediata una vicenda parecchio complessa. Interessante poi dal punto di vista narrativo l’idea di inserire nel bel mezzo della storia, pagine dallo sfondo nero nelle quali alcune delle persone incontrate durante il viaggio raccontano la loro storia come se fossero intervistati durante un servizio al telegiornale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Vincente è inoltre la scelta di continuare a inserire elementi tipici della cultura popolare in un contesto così diverso dal solito, per cui si passa da una battuta su Grey’s anatomy all’utilizzo di George pig (fratello della più famosa Peppa) nel ruolo del lettore che solleva obiezioni, riuscendo così a intervallare la drammaticità del racconto con piccoli momenti d’ironia che riescono a far passare in poche vignette dalla malinconia al sorriso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Il disegno conserva comunque lo stile quasi da cartone animato che ha sempre contraddistinto l’autore, con un tratto poco forzato e morbido. E in primo piano ci sono le persone, con paesaggi e luoghi che fanno solo da contorno ai volti, che totalizzano la pur terribile scena.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 

 


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