di Salvatore Schirone

"Nor Arax": in un libro la storia dell'antico villaggio armeno di Bari
Porto di Bari, 1924: una nave della Compagnia Puglia proveniente dal Pireo sta per attraccare. Sul molo ad attenderle c’è il poeta armeno Hrand Nazariantz, profugo nel capoluogo pugliese dal 1913.  Sbarcano i primi 80 suoi connazionali in fuga da Smirne in fiamme, dopo la conquista della città da parte dei turchi. Altri 40 arriveranno sei mesi dopo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Si conclude così felicemente a Bari la dolorosa epopea per 120 armeni superstiti del primo genocidio della storia moderna, perpetrato dalla follia omicida del partito dei Giovani turchi nel 1915, nell’Anatolia che conterà alla fine un milione e mezzo di vittime innocenti tra uomini, donne e bambini.


L’abbraccio accogliente di Nazariantz, tra le lacrime di gioia, è quello di un’intera città che, come si ripeterà trent’tanni dopo con per i profughi greci del villlagio Trieste, grazie all’impegno di illustri politici, industriali e uomini di buona volontà, darà vita nel 1926 a Nor Arax, il villaggio degli esuli armeni. A fissare finalmente nella tanto fragile memoria collettiva barese questa straordinaria storia di solidarietà e ospitalità della città, abbiamo ora il volume “Nor Arax. Storia del villaggio armeno di Bari”, scritto da Emilia Ashkhen De Tommasi.

Frutto di un lungo lavoro di ricerca iniziato nel 1991, confluito successivamente in una tesi di laurea presentata alla Ca’ Foscari di Venezia, il libro, aggiornato per alcuni dati biografici e bibliografici, raccoglie la preziosa testimonianza diretta dei protagonisti e dei fondatori di Nor Arax. Emilia Ashkhen De Tommasi, infatti, è la nipote diretta di Diran, uno di quei profughi approdati a Bari, che nel nuovo villaggio sposerà la giovane Ashkhen, di cui Emilia porta orgogliosa il secondo nome.


Dalla viva voce dei nonni, dei genitori e dei parenti, l’autrice ha raccolto il drammatico racconto delle vicende del suo popolo e l’odissea che ha portato la sua famiglia in Italia. La narrazione struggente e a tratti malinconica, sapientemente intessuta da un’ampia selezione di documenti inediti, fanno di questo volumetto di poco più di 100 pagine, un’accurata ricostruzione storica della diaspora armena.

Il terzo capitolo, specificamente dedicato alla burrascosa realizzazione di Nor Arax, è incastonato tra i primi due capitoli sulla storia degli armeni e delle sue varie diaspore e i successivi altri tre che descrivono la grande influenza che i pochi abitanti del villaggio ebbero sulla vita economica e sociale italiana. Gli armeni infatti si distinsero per la prestigiosa attività di produzione di tappeti, venduti in tutto il mondo e per la testimonianza artistica e culturale promossa tra gli altri dal poeta Nazariantz.

Arricchito con fotografie d’epoca, il volume è anche impreziosito da un’introduzione curata dal vescovo cattolico armeno di Istambul, Boghos Lévon Zékiyan,  arcieparca di Costantinopoli e da una affettuosa e grata postfazione di Rupen Timurian, decano di Nor Arax, nonché zio dell’autrice.


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