di Valeria Quarto

Figlio molto vivace? Potrebbe essere un annoiato ''bambino prodigio''
BARI - «L'espressione "bambina prodigio" mi fa un po’ sorridere, quando ero piccola credevo solo di essere un po’ precoce». La 28enne adelfiese Maria Valentina, che ora lavora in una grossa banca d’investimento inglese, quando era ragazzina è stata riconosciuta come “prodigio” e per questo ha saltato un anno di scuola passando direttamente alla classe successiva. Ma chi sono i bambini prodigio, come fa un genitore a capire che suo figlio è un “genio” e la scuola e la società come gli aiuta a formarsi adeguatamente? Abbiamo posto queste domande a Vanda Vitone, psicoterapeuta che lavora tra l’altro presso il Consultorio familiare di Modugno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Cosa si intende per “bambino prodigio”?

E’ colui che in età inferiore ai 13 anni dimostra esiti del livello di un adulto esperto in un determinato ambito come la musica, l’arte, le lingue, la storia, la logica, la matematica. Il bambino prodigio riesce a raggiungere in poco tempo risultati che in genere richiedono anni di studio e pratica.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E un genitore come fa a capire che suo figlio è “diverso” dagli altri?

Attraverso l’osservazione diretta e confrontandolo con gli altri coetanei. A volte sono altre figure professionali come il pediatra, gli insegnanti o gli educatori a intuirlo. Anche se è solo uno psicoterapeuta, attraverso un colloquio e un test, che può accertare questa condizione.  

Bene, è una volta appurate queste qualità che avviene? Ci sono scuole ad hoc pensate per i piccoli geni?

Non mi risulta che in Italia ci siano vere e proprie scuole specializzate. E’ invece l’istituto che il bambino frequenta che agisce, creando programmi individualizzati o inserendo il “genio”  in classi superiori. Di fatto gli vengono fatti saltare degli anni scolastici per far sì che possa confrontarsi e studiare con ragazzi più grandi. Sono i suoi insegnanti che propongono alla scuola di fargli sostenere un esame, un test di intelligenza e della personalità, che viene preparato e somministrato dagli psicologi. Se la prova viene superata c’è l’avanzamento di classe.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Da invidiarli: fanno due anni in uno…

In realtà questo passaggio è molto delicato, perché il bambino si troverà a studiare con ragazzi di intelligenza pari alla sua, ma con esigenze emozionali diverse. Potrebbe avere problemi nel relazionarsi con i compagni più grandi e per questo va sempre monitorato e seguito da parenti, insegnanti ed eventualmente da psicologi esperti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Se invece la famiglia o gli insegnanti non capiscono di avere davanti un prodigio, che rischi ci sono?

Questi bambini spesso avvertono disagio, in quanto gli stimoli e l’ambiente che li circondano non sono alla loro altezza intellettiva. Questo produce in loro una noia infinita, che spinge loro a distrarsi con facilità e a diventare anche “molesti”. Un bambino di età di cinque anni che ha un’età mentale di dieci non troverà interesse nelle attività proposte dal suo insegnante e quindi mostrerà il suo malessere con comportamenti apparentemente inappropriati o “troppo vivaci”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A conti fatti lei ritiene che la società offra adeguati supporti per lo sviluppo degli “enfants prodiges”?

No, purtroppo i mezzi per provvedere alla più corretta crescita di questi bambini sono molto limitati. Però i genitori possono ovviare ai limiti delle istituzioni scolastiche offrendo al proprio figlio continui stimoli e possibilità di conoscenza e crescita. 


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