di Katia Moro

Il selfie, esibizionismo e «forma d'arte per esprimere le proprie emozioni»
BARI - Ormai ne siamo invasi: da quando durante la Notte degli Oscar del marzo scorso la presentatrice Ellen Degeneres si è immortalata con i divi hollywoodiani postando le sue foto in tutto il mondo, la pratica di “fotografarsi da soli” è diventata una vera e propria mania.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I social network sono pieni zeppi di autoscatti di ragazzine alla ricerca di più “mi piace” possibili e gli smartphone si sono adeguati con app pensate ad hoc per questo genere di foto. Applicazioni che sbiancano i denti, appianano le rughe, eliminano i brufoli, che permettono di fotografarsi senza mani a tre metri di distanza. App per i selfie di coppia, per le donne in gravidanza, per il “dopo sesso” e per riprendersi il proprio “lato b” (il cosiddetto “belfie”).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Eppure il “selfie” può essere anche una forma d’arte. Lo dimostrano due fotografe baresi, Mariella Simone e Rosa Maria Miani, che hanno visto i propri autoscatti essere selezionati nella shortlist del concorso “MetroprintSelfie”. I loro selfie saranno infatti esposti nella Somerset House di Londra dall’1 al 18 maggio 2014 nel contesto del “2014 Sony World Photography Awards Exibition”. (Vedi foto galleria)

Convinta della valenza artistica del selfie è Francesca Loprieno, fotografa 29enne di Trani, insegnante in corsi di arte contemporanea e fotografia a Bari e a Roma e che ha in progetto proprio la realizzazione di workshop sul selfie. L’abbiamo contattata per scoprirne qualcosa in più.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Perchè il selfie?

Tutto è partito da quando ho iniziato a realizzare un progetto su me stessa: “About me”, una serie di autoscatti che mi rappresentavano attraverso le sensazioni che percepivo quando gli altri mi guardavano, cercando quindi di interpretare come gli altri mi vedevano e i giudizi che esprimevano. Utilizzavo volta per volta didascalie quali: “mi sento osservata” o “mi sento giudicata”. Il selfie quindi può essere un potente mezzo per esprimere meglio le proprie emozioni e non a caso viene anche utilizzato nell’arte-terapia come strumento per far riemergere l’emotività repressa e come mezzo di conoscenza della propria interiorità.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dunque al contrario di quanto sostiene l’American Psychiatric Association che definisce il selfie “un disturbo mentale dovuto ad una mancanza di autostima e lacune nella propria intimità”, si può ritenerlo anche una forma d’arte?


È chiaro che tutto dipende dalla consapevolezza anche culturale con cui viene realizzato e dall’utilizzo che se ne fa. C’è il puro esibizionismo e la necessità di documentare attimo per attimo la propria esistenza per condividerla sui social network, visto come un luogo in cui poter essere apprezzarti da folle di amici virtuali con l’illusione di una vita altra inesistente nella realtà. Ma ci può essere anche la coscienza di realizzare una forma d’arte che ci aiuti a conoscerci meglio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La differenza è molto sottile

Sì, per questo forse è meglio parlare di “autoscatto” e “selfie” come due cose distinte. Il primo è realizzato generalmente con una macchina fotografica in diversi momenti e con più prove che richiedono necessariamente poi una fase di scelta e riflessione. Il secondo invece è prodotto con un cellulare ed immediatamente condiviso sui social, escludendo dunque la fase della consapevolezza e della presa di coscienza del proprio autoritratto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Quando nasce l’autoritratto?

La sua nascita si fa risalire ai primi del XX secolo, quando la granduchessa tredicenne Anastasia Nikolaevna si fotografò posizionandosi davanti al suo specchio. Si è poi sviluppato come una vera e propria forma d’arte con grandi donne fotografe quali Francesca Woodman e Cristina Nuňez, artiste dal percorso biografico tormentato con personalità complesse e problematiche, che hanno usato l’autoscatto come forma terapeutica per le proprie inquietudini e criticità.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il selfie può anche essere strettamente legato al concetto di presa di consapevolezza dell’identità femminile?

Si certo e le due fotografe citate ne sono un esempio: divenute icone del femminismo e simbolo della capacità di scandagliare il rapporto tra anima e corpo tipicamente femminile, spogliando il proprio corpo dal suo ruolo di pura sovrastruttura e utilizzando la sua rappresentazione come specchio della propria interiorità e strumento di autoconoscenza. Col selfie dunque, al contrario di ciò a cui i social network ci stanno oramai abituando, la donna si può autorappresentare liberandosi dall’immagine mercificata di femmina-oggetto voluta dall’uomo, esprimendosi finalmente spontaneamente e liberamente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il video "Si Selfie chi può":



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